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Vogliamo ringraziare pubblicamente la Federazione della Stampa, l’Ordine dei Giornalisti, l’Unione dei Cronisti, l’Usigrai e tutti quei giornalisti che hanno deciso di scioperare per difendere il principio costituzionale della libertà di informazione e per contrastare il tentativo di imbavagliare la pubblica opinione. Questa straordinaria giornata di lotta e di silenzio è arrivata subito dopo una giornata nera per la democrazia italiana segnata dalle manganellate distribuite alla gente dell’Aquila che reclamava giustizia ed equità, e dall’assalto squadristico che si è consumato addirittura dentro l’aula della camera dei deputati ai danni di un deputato dell’opposizione, Giuseppe Barbato, che stava denunciando gli imbrogli racchiusi in un provvedimento predisposto dal governo. “Il governo dei manganelli”, ha titolato efficacemente il quotidiano “Il fatto”, dei manganelli, dei tagli e dei bavagli, aggiungiamo noi. Chi viene tagliato o imbavagliato dovrebbe tacere, altrimenti può scattare il manganello reale o quello mediatico che si incarica di oscurare e di espellere chiunque osi contrastare lo spirito dei tempi. La giornata di ieri, tuttavia, non è stata segnata solo dal manganello, ma anche dal clamoroso annuncio dato in coppia, come i fratelli De Rege, oppure se preferite Gianni e Pinotto, da Berlusconi e Tremonti che la legge finanziaria sarà varata con l’ennesimo voto di fiducia. Dove sta la novità, dal momento che questi signori vivono di fiducie a ripetizione? La novità sta nel fatto che hanno sentito il bisogno di annunciarla con giorni d’anticipo, addirittura l’hanno preannunciata anche per la camera dei deputati, dove la discussione non è neppure iniziata. Il messaggio è chiarissimo ed è rivolto, in primo luogo, alla maggioranza e ai finiani: state buoni, oppure vi buttiamo fuori. Si tratta, dunque, di un messaggio impastato di arroganza, ma anche di paura. Debbono chiedere la fiducia ed usare il manganello, virtuale e reale, perché sentono crescere la sfiducia nella loro maggioranza e tra gli italiani. Per chi ha fondato il proprio potere sul conflitto di interessi e sul populismo mediatico e autoritario è davvero terribile sentire e vedere che persino le genti di Abruzzo che avevano tentato di trasformare in comparse al servizio di un immenso spot, abbiano ormai perso la pazienza e reagiscano con la indignazione e con la rabbia di chi è stato ingannato, imbrogliato, defraudato di elementari diritti, e tra questi il diritto ad essere informati correttamente e a potersi esprimere liberamente. Per queste ragioni, e per mille altre, i giornalisti italiani, insieme a centinaia e centinaia di libere associazioni, hanno fatto bene, anzi benissimo a reagire con lo sciopero, ancora prima con la iniziativa di Piazza Navona e con decine di altre manifestazioni in Europa e in Italia. Un ringraziamento altrettanto caloroso lo meritano quei giornali, quei giornalisti e quelle associazioni che avrebbero preferito altre forme di lotta, ma che non hanno voluto incrinare un fronte comune che si sta battendo non per conquistare un posto al sole o in tv, ma per affossare un provvedimento devastante non solo per il diritto di cronaca, ma per la medesima sicurezza dello stato come ci hanno ricordato i nomi più prestigiosi della magistratura, della cultura, delle forze di sicurezza, in Italia e all’estero. Altro che battaglia corporativa! Mai come questa volta una iniziativa sindacale ha assunto la dignità di una grande giornata per la democrazia, per la difesa dell’interesse generale contro ogni interesse particolare, ed in particolare contro gli interessi di quelle cricche e di quelle logge che vorrebbero piegare la costituzione ai loro luridi interessi. La battaglia, tuttavia, non finirà con la giornata del silenzio, anzi sarà solo una delle tante tappe che segneranno il cammino di uno scontro che sarà lungo e difficile e che dovrà indurci a mettere insieme quanti nel cuore coltivano il ricordo dei Falcone e dei Borsellino, non certo quello del mafioso Mangano. Proprio per questo e raccogliendo anche gli appassionati appelli di chi avrebbe preferito altre forme di lotta (da Marco Travaglio a Valigia Blu, per citare solo chi ci è sempre stato vicino nelle lotte di questi anni), fondate più sulla luce che sul buio, sarà il caso di riconvocare tutte quelle associazioni e quei comitati che hanno aderito e promosso la recente manifestazione del primo luglio. Insieme, parola questa da riscoprire e valorizzare, dovremo decidere come portare in Europa la nostra denuncia, come coinvolgere le organizzazioni internazionali, come depositare un primo dossier alla corte di Strasburgo: come ritrovarci tutti davanti all’aula di Montecitorio se vorranno davvero tentare il colpo di mano alla fine di luglio. Insieme dovremo ribellarci al tentativo di mandare al macero, attraverso la finanziaria, decine e decine di testate e di emittenti di informazione e di colpire a morte l’industria della cultura e dello spettacolo. Dovremo farlo tentando di coinvolgere anche quella parte della destra e del giornalismo che, pur pensandola diversamente da noi su molti temi e su questioni essenziali, non intende accettare il bavaglio, si sente umiliata e offesa e sarebbe un grave errore non ascoltare e non recepire anche questo malessere che potrebbe risultare decisivo nell’unico obiettivo che dobbiamo continuare a porci: il ritiro e il definitivo affossamento di un progetto che non si propone di tutelare il diritto alla riservatezza, ma quello di imbavagliare la Costituzione per tutelare il diritto al malaffare e alla impunità dei soliti noti. Il successo della giornata del nove è la premessa per conseguire la vittoria finale. Un grazie, infine, a quanti hanno aderito alla campagna promossa da Lettera 22, da Reporter Senza Rete, da Valigia Blu, da Articolo 21 che hanno chiesto anche ai siti e ai blog di partecipare in modo attivo, per usare l’espressione utilizzata da Paolo Flores d’Arcais, alla giornata indetta dalla Federazione della Stampa. All’appello hanno risposto davvero in tante e in tanti. Ci piace citare l’adesione arrivata dai Comboniani e dai Padri Bianchi che operano nell’inferno di Nairobi, loro che vivono nella oscurità si sono ricordati d unire la loro voce a chi si batte per impedire il buio in Italia. Sarà il caso di ricordarsi di loro e di tutti gli oscurati e gli oscurandi anche e soprattutto dopo il 9 luglio, senza di loro e senza il loro sostegno la sconfitta etica ancor prima che politica, sarebbe certa. Condividi