''Ad uccidere mia moglie Marisa Radicchia sono stati tre uomini incappucciati, tra di loro c'era anche mio figlio Simone'': lo ha detto stamani ai giudici della Corte d'assise d'appello di Perugia Alberto Pietrini, già condannato all'ergastolo per l'omicidio della donna, avvenuto a Casacastalda nel 2008. L'imputato, interrogato oggi in aula, ha sostenuto di aver riconosciuto il figlio Simone ''dagli occhi, dalla bocca e dalla voce''. Secondo la ricostruzione di Pietrini, accusato di aver assassinato la moglie con 17 coltellate, lui stesso sarebbe stato ferito ad una mano ''da uno degli uomini incappucciati'' con un ''ferro'', un oggetto contundente non meglio specificato, prima di svenire. ''Una volta che mi sono ripreso - ha concluso Pietrini, detenuto nel carcere di Milano e accompagnato a palazzo di giustizia in sedia a rotelle - ho visto la mia compagna a terra, il sangue. Poi ricordo di essermi svegliato in ospedale''. ''Quello di Alberto Pietrini è un comportamento ignobile. Abbiamo chiesto la trasmissione degli atti alla procura della Repubblica perché si proceda contro di lui per calunnia'': così l'avvocato Morena Bigini, che insieme al collega Valter Biscotti rappresenta come parte civile Venusia e Simone Pietrini, i figli dell'uomo già condannato all'ergastolo. Nel corso del suo interrogatorio che si è svolto oggi, Alberto Pietrini ha accusato del delitto il figlio Simone. Il giovane, mai indagato per l'assassinio della madre, è in viaggio in Australia. ''Non c'è stato alcun ravvedimento da parte dell'imputato'' ha aggiunto l'avvocato Bigini, che durante la sua arringa ha chiesto, come la procura generale, la conferma della condanna all'ergastolo. ''Alberto Pietrini - ha aggiunto il legale - ha detto cattiverie e nefandezze, in realtà voleva uccidere anche Simone ma non essendoci riuscito continua a vendicarsi tentando di infangarne l'immagine''. Condividi