di Matteo Giuli Il Pd presenta un'interrogazione parlamentare: 'L'Italia faccia chiarezza con il governo libico' ROMA - Il commissario ai diritti umani del Consiglio d'Europa, Thomas Hammarberg, ha inviato due missive il 2 luglio al Ministro degli Esteri, Franco Frattini, e al Ministro degli Interni, Roberto Maroni per chiedere al governo italiano di collaborare al fine di chiarire con urgenza la situazione con il governo della Libia, dove sono detenuti nel centro di detenzione di Braq, 80 chilometri da Seba 250 eritrei, catturati in mare mentre tentavano di raggiungere le coste italiane. Hammarberg denuncia una situazione drammatica per quanto concerne il trattamento disumano che la Libia riserva ai prigionieri. Prima catturati e poi maltrattati gli eritrei, secondo i rapporti ricevuti da Hammarberg, sarebbero stati deportati su tre camion container come punizione in seguito ad una rivolta scoppiata fra i detenuti che non hanno voluto dare le proprie generalità per paura di essere soggetti ad un rimpatrio forzato. Molti di questi avrebbero chiesto asilo politico. Tuttavia le notizie che arrivano dal paese di Gheddafi sono spesso frammentarie, visto che le autorità libiche hanno recentemente posto fine alle attività dell'Unhcr nel loro Paese, probabilmente per evitare scomode verità. Per questo il commissario europeo ha chiesto all'Italia di collaborare in maniera significativa, visto l'intesa raggiunta in tema di immigrazione in comune accordo dal Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi e dal generale libico. L'eurodeputata Patrizia Toia ha lanciato proprio oggi un appello per rompere il silenzio sulla sorte dei 250 eritrei proponendo ai deputati italiani di firmarlo, oggi a Strasburgo. La loro situazione non può lasciare indifferenti le istituzioni, nazionali ed europee - ha detto la Toia. - Abbiamo tutti il dovere di esprimere, nel rispetto dei rispettivi ruoli, indignazione e un fermo richiamo alla responsabilità di chi ha permesso che ciò accadesse." E poi l'esponente del gruppo della Sinistra democratica ha sottolineato la necessità di "chiedere alle autorità italiane di collaborare con il governo libico per scongiurare la morte dei cittadini eritrei che, se costretti a rientrare in patria, rischiano la vita. Questi cittadini sono a tutti gli effetti rifugiati anche secondo l'interpretazione italiana, peraltro restrittiva,della Convenzione di Ginevra del 1951". Dello stesso avviso anche le Acli, le Associazioni cristiane dei lavoratori italiani che hanno espresso una seria preoccupazione per la sorte dei rifugiati eritrei. "Le notizie giunte dalle agenzie internazionali secondo le quali, dopo i maltrattamenti subiti nei giorni scorsi, gli oltre duecento cittadini eritrei sarebbero in pericolo di vita, spingono le Acli - si legge in una nota - a chiedere un deciso intervento del governo italiano su quello libico". Per il presidente nazionale delle Acli, Andrea Olivero, "la situazione di assoluta precarietà alla quale questi uomini sono costretti, la impossibilità da parte degli organismi umanitari internazionali di accedere ai campi di detenzione libici e la conseguente impossibilità di verificare le condizioni di salute dei reclusi, impone un intervento straordinario che liberi i cittadini eritrei dal rischio di dramma umanitario". Nel frattempo il Gruppo del Pd alla Camera ha presentato un'interrogazione a risposta immediata per il question time di domani sul dramma dei 250 cittadini eritrei che si trovavano presso il centro di Misratah, sulla costa Tripolitania. Francesco Tempestini, capogruppo del Pd nella commissione Esteri, e primo firmatario dell'interrogazione insieme alla vicepresidente Rosa Calipari, Livia Turco e Sandro Gozi chiede che al governo di spiegare «quali iniziative urgenti intenda adottare per assicurare l'effettivo rispetto dei diritti garantiti dal Trattato con la Libia e per favorire quanto prima la ratifica da parte libica della Convenzione di Ginevra relativa allo status dei rifugiati e la riapertura dell'ufficio dell'UNHCR». Dal sito dazebao.org Condividi