La recente vicenda di Pomigliano, contraddistinta dal ricatto e dall’arroganza padronale, non ha visto produrre il plebiscito sperato da Confindustria e Governo. I lavoratori di Pomigliano hanno sostanzialmente segnato una possibilità di alternativa all’ideologia dominante che contrappone, nella globalizzazione capitalista, lavoro e diritti, dando prova di autonomia e dignità. Tanto più in un contesto dove non solo l’intimidazione è stata veicolata da informazione, governo, impresa e Banca d’Italia, ma dove, nel migliore dei casi, il silenzio assordante delle opposizioni parlamentari ha svolto un ruolo, di fatto, collaborazionista. Nei fatti il tentativo di fase delle classi dominanti non è solo quello di scaricare la crisi sui lavoratori attraverso le manovre economiche del governo, ma è anche quello di utilizzare la crisi per un attacco più generale al lavoro e alla Costituzione. In questo senso Pomigliano avrebbe dovuto rappresentare l’esempio, l’inizio della fine della tutela del lavoro, garantita dalla costituzione repubblicana, ottenuto attraverso il consenso dei lavoratori. Ma non è andata così. Così come sono pienamente riusciti lo sciopero generale e le manifestazioni indette dalla Cgil contro la manovra del governo. Un altro fatto di importanza rilevante, vista la partecipazione e la mobilitazione di tante e tanti lavoratori contro una manovra finanziaria ingiusta e iniqua prodotta da un governo antipopolare che taglia risorse agli Enti, allo stato sociale, alla mobilità, alla sanità, alla scuola, restando saldamente amico degli speculatori. Questi risultati non sarebbero stati possibili senza il decisivo impegno della Cgil, della Fiom, del sindacalismo di base. Questi risultati non sarebbero stati possibili senza il nostro impegno. Risultati che ci parlano delle condizioni reali del mondo del lavoro, che, sempre più, avanza una richiesta di lotta politica contro l’arroganza padronale e di cambiamento rispetto alle politiche del governo. Consideriamo questo l’elemento politico fondamentale da cui partire. Siamo, infatti, solo all’inizio del rilancio delle mobilitazioni sociali contro il governo e contro confindustria. Un rilancio che ha la necessità storica di essere inserito in un terreno comune e collettivo di lavoro politico delle forze della sinistra per contribuire a determinare, anche a partire dall’Umbria, le condizioni politiche e sociali per la caduta del governo. Per questo pensiamo che la nostra regione possa svolgere, da subito, un ruolo forte di laboratorio politico per costruire insieme alle forze sociali un grande movimento di lotta che veda l’unità d’azione delle forze di sinistra per non disperdere la ripresa del conflitto sociale e per costruire insieme mobilitazioni su tutti i territori della nostra regione. Questo ci chiedono le lavoratrici e i lavoratori. Luciano Della Vecchia Segreteria regionale Prc Umbria Responsabile Politiche del Lavoro Condividi