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di Maria Melania Barone ROMA - Aveva affermato il portavoce del Governo egiziano, Magdy Rady , che il governo aveva preso immediatamente seri provvedimenti appena avvistata la macchia nera nel cuore del Mar Rosso, a Nord di Hurgada, ma secondo alcune indiscrezioni l'allarme è scattato troppo tardi. E' difficile mettere ordine tra le varie voci che indicano una notizia nascosta alle agenzie di stampa. Silenzio assoluto sulla vicenda, ma internet fa da megafono. L'ALLARME. Il portavoce del governo Magdy Rady, aveva detto che il governo è intervenuto subito per limitare i danni e il Ministro per il petrolio Sameh Fahmi aveva detto che 2000 operai erano attivi per contenere la marea che nel frattempo rischiava di essere estesa estesa a molte altre località turistiche dati i venti che in periodo estivo agitano il Mar Rosso. Bisognava fare presto, tuttavia secondo indiscrezioni la marea sarebbe stata avvistata il 19 Giugno, seppure in quantità limitata e l'allarme sarebbe scattato troppo tardi, cioè quando le coste a nord di Hungada sarebbero state suasi toccate dal petrolio. LA FONTE secondo molti sarebbe stata individuata nella piattaforma situata presso Geisum a 35 km dalla costa e gestita dalla Geisum Oil Compani, una compagnia gemellata alla statale Egyptian General Petoelium Corporation. Secondo molti il motivo del silenzio del Governo egiziano è dovuto, oltre al fatto che l'economia di questi posti dipende quasi esclusivamente al settore turistico, soprattutto al fatto che la responsabilità è dello stesso Governo egiziano. non a caso il primo ministro Ahmed Nazif che ha preferito non rilasciare alcuna dichiarazione. I DANNI. Non si conosce ancora l'entità dei danni e le fonti parlano di diversi chilometri di costa compromessa, presumibilmente dai 35 ai 160 km. Le voci sono discordanti, ma sulle coste arrivano in fin di vita, tartarughe, pesci, delfini morti ed altri animali di varia specie tutti agonizzanti. Attualmente il contenimento si è esteso ad EL GOUNA, una località turistica situata a 50 km più a Sud. I PRECEDENTI. L'Egitto ha uno straordinario primato per quanto concerne i disastri ambientali riconducibili ad imprese di stato: navi cariche di petrolio che riversano in mare il loro pericoloso contenuto, disastri sempre nascosti alla stampa per evitare di perdere quella grande fonte di ricchezza che è il turismo. Ma soprattutto la perdita del Maggio del 1996 proprio ad Hurgada in corrispondenza dell'oleodotto sottomarino della compagnia statale GAPCO. Si trattava di una perdita di proporzioni decisamente minori che non superavano il km di costa, ma che aveva fatto comunque molti danni e che aveva messo a rischio molte specie di animali e molluschi che proliferano in quella zona. Nel 2004 il governo britannico aveva messo in allarme i governi di tutto il mondo affermando che le piattaforme di petrolio e le navi che trasportano greggio sarebbero stato il bersaglio prediletto dei gruppi terroristici come Al Qaeda. Forse il governo londinese non si sbagliava se l'8 Agosto del 2009 una nave cisterna battente bandiera panamense improvvisamente si spezzò in due riversando proprio nel Mar Rosso vicino al porto di Suez 59 mila tonnellate di nafta. Il capitano all'epoca affermò: "la nave si è spezzata in due per una ragione sconosciuta". Tuttavia il Governo egiziano - così come quello americano - sembra essere stato colto impreparato da una situazione del genere come dimostrano i mezzi assolutamente inadeguati che vengono adoperati per contenere la macchia nera. 2000 operai che lavorano instancabilmente con reti, spugne affidandosi alla forza delle proprie braccia, navi usate per innescare incendi al largo. Dal sito dazebao.org Condividi