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La Corte Costituzionale con la sentenza 121 del 2010 ha posto una pesante ipoteca sul piano casa del Governo Berlusconi. Di fatto l’edilizia residenziale pubblica e sociale, che nel Piano casa di Berlusconi era relegata ad un ruolo subalterno ai programmi integrati dei privati e nei programmi dei fondi immobiliari con finanziamenti e agevolazioni pubbliche deve, secondo la Corte Costituzionale essere centrale e coprire l’intero piano, proprio per dare risposte concrete ai soggetti sociali indicati dall’articolo 11 della legge 133, sia essa di edilizia sociale convenzionata, a canone agevolato o sociale. La generica definizione “edilizia residenziale” deve, ora, essere letta alla luce della sentenza della Corte Costituzionale con la conseguenza che i fondi immobiliari devono essere destinati alla valorizzazione e all’incremento di offerta abitativa esclusivamente sociale. Quindi, secondo la sentenza non è possibile per lo Stato finanziare progetti che non siano dentro la finalità sociale dell’edilizia residenziale pubblica; sia dal punto di vista soggettivo, in quanto destinatari di tali interventi potrebbero essere soggetti non in possesso dei requisiti di legge per essere beneficiari di interventi. La Corte ha precisato che il Piano casa varato dal governo non può prevedere intereventi, né tanto meno finanziamenti, non coerenti con la finalità sociale poiché questa è l’unica finalità su cui lo Stato può indicare i principi generali in materia di gestione del territorio. Per i motivi sopra esposti Walter de Cesaris, segretario nazionale dell’Unione Inquilini e Vincenzo Simoni, Presidente dell’Unione Inquilini hanno inviato una formale diffida al Governo con la quale in ottemperanza alla sentenza della Corte Costituzionale modifichi il Dpcm 16 Luglio 2009 eliminando ogni riferimento al finanziamento di programmi integrati in cui siano presenti anche alloggi di edilizia residenziale non pubblica, e ritiri il bando per l’individuazione delle Sgr che dovranno gestire i fondi immobiliari. Condividi