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Angela Mauro (Liberazione 16 giugno 2010) Il campo di battaglia è più affollato che mai. A Montecitorio c'è chi guarda al mese e mezzo che ci separa dalla pausa estiva come test importantissimo della tenuta del governo. Di possibili collassi dell'esecutivo Berlusconi si parla da più di un anno, dall'inizio degli scandali sulle escort, ma stavolta il "redde rationem" viene invocato da più parti nella maggioranza. Per questo, ddl intercettazioni e dl manovra economica sono ormai terreni minati. Il Cavaliere lo sa e dunque torna all'estrema ratio, quella ventilata mesi fa nei momenti di massimo scontro. Se la maggioranza non approverà entro l'estate il disegno di legge sulle intercettazioni, si torna al voto, è il ragionamento del premier che respinge al mittente la scelta di Gianfranco Fini di dare la priorità all'esame della Finanziaria. Manovra che, fanno notare i finiani, è un decreto, pertanto ha una scadenza di 60 giorni, va esaminata più presto. La rivista online della fondazione vicina al presidente della Camera, Farefuturo, si permette dell'ironia, segno che siamo proprio agli schiaffi in faccia. Voto anticipato? «Ma mi faccia il piacere!», scrive il direttore Filippo Rossi al premier. La risposta è alla Totò, serve per dire: se il governo cade, chi glielo spiega a Bossi che deve dire addio al federalismo? E poi, aggiunge Rossi, «sarebbe difficile spiegare al paese il perché di una crisi politica nel bel mezzo di un'altra crisi economica e sociale. Sarebbe difficile spiegare agli italiani, caduto il governo e indette magari nuove elezioni, perché tanta fretta su una norma che, oltretutto, a detta di molti osservatori, avrebbe messo non pochi bastoni fra le ruote alla lotta alla criminalità». Già, perché tanta fretta sulle intercettazioni? Perché il premier teme un nuovo stillicidio di accuse sui giornali in relazione alle inchieste sulla cricca appalti. Per questo, ha necessità di fare presto con l'approvazione della legge, possibilmente senza modifiche rispetto al testo uscito dal Senato, appunto per fare prima. E non vuole assolutamente rischiare che eventuali incidenti nell'esame della manovra economica facciano saltare il banco (del governo) e dunque anche il ddl sulle intercettazioni. C'è da dire che, al di là del nuovo scontro pubblico con Fini (determinato a non forzare i tempi del dibattito alla Camera), segnali di dialogo tra i due cofondatori del Pdl ce ne sono. Per evitare una disastrosa rottura. Così, anche se questa viene evocata dai più (Quagliariello: «Chi cambia idea sulle intercettazioni, fa un altro partito»), il capogruppo del Pdl Fabrizio Cicchitto avverte i parlamentari con una lettera: «Tenetevi pronti, la Camera potrebbe rimanere aperta anche la prima settimana di agosto». C'è odor di mediazione, ma lo scontro resta alto. Contro il ddl intercettazioni interviene anche l'Osce: «L'Italia cambi o ritiri il ddl». E il Pd rincara: «Rischiamo l'isolamento europeo». Il finiano Carmelo Briguglio fa notare che «sarebbe meglio tenere il cantiere aperto» per rivedere il testo uscito dal Senato, in quanto «non sappiamo cosa ne pensa il Colle». Proprio tra i finiani si insinua il dubbio che «ci sia qualcuno nel Pdl che voglia intavolare un altro scontro istituzionale», osserva Bocchino. Intanto, l'iter del ddl in commissione alla Camera comincerà già domani, come deciso nella riunione dell'ufficio di presidenza ieri. Ma, si difende la presidente della commissione Giustizia, la finiana Giulia Bongiorno, «il fatto che l'esame inizi subito non vuole dire che sarà breve. Semplicemente avremo un giorno in più». Intanto, sulla manovra economica si scatenano le regioni, compresi i governatori di centrodestra Formigoni, Polverini e Cota che con gli altri di centrosinistra firmano un documento che boccia il decreto varato dal governo. «E' anti-costituzionale perché taglia i trasferimenti alle Regioni, ma non vengono revocate le funzioni, dovremmo cioè continuare a garantire servizi per i quali non ci verrebbero più corrisposti fondi», dice il presidente della Lombardia. «Vanifica la nostra lotta agli sprechi», critica la presidente del Lazio. E sono segnali per la maggioranza. Anche se stavolta potrebbero essere a favore del premier, che dall'inizio si è detto determinato a sostenere modifiche alla Finanziaria per diminuirne l'impatto e prendersi le rivincite con Tremonti. In serata infatti il sottosegretario Gianni Letta fa sapere che ci sarà un emendamento alla manovra per la sospensione delle tasse in Abruzzo, colpito dal terremoto. «Abbiamo fatto un lungo incontro al ministero dell'Economia per trovare una soluzione», dice Letta. E' una prima "toppa". Per le altre, ci sarà da faticare. Tremonti fa sapere che «questo è l'ultimo anno di finanziarie nazionali, dall'anno prossimo saranno concordate con l'Ue», che tra l'altro apprezza il suo decreto. Ma il ministro ha molto di più da dire. E lo fa nel vertice serale programmato con la maggioranza in Senato proprio per discutere degli emendamenti alla manovra. Condividi