Nel libro "Licenziare i padroni" Massimo Mucchetti scriveva che "nel decennio '90 lo stato italiano ha dato al gruppo Fiat un po' più di 10 miliardi di lire e ne ha ricavato più o meno 6500 di imposte. Nello stesso periodo, gli azionisti della Fiat hanno versato un po' meno di 4200 miliardi nelle casse sociali sotto forma di aumento di capitale e ne hanno ritirati quasi 5700 sotto forma di dividendi". Sono passati altri 10 anni e assistiamo alla Fiat che propone per lo stabilimento di Pomigliano un accordo che la Cgil definisce "a rischio incostituzionalità" per i tanti obbrobri che contiene e ad un ministro dell'Economia che definisce quella proposta "l'unica strada da intraprendere verso ma modernità". Abbiamo chiesto un parere su tutto questo a Luciano Gallino, sociologo del lavoro e docente di sociologia all'università di Torino. Professore, come valuta la proposta della Fiat? Crede che potrà essere una sorta di spartiacque per il futuro? Se questo accordo passa nella sua interezza sicuramente altre aziende seguiranno l'esempio della Fiat. D'altronde quel documento contiene varie deroghe ai contratti nazionali e permette di non consultare i sindacato nel caso di straordinari, oltre a varie altre possibilità di scavalcare le parti sociali che la Fiat si assicura. Senza dimenticare che si tratta di un pacchetto totale, per cui anche se singoli individui vengono meno ai comportamenti previsti viene meno tutto l'accordo. E' un'imposizione molto singolare e severa che fa fare un bell'arretramento alle relazioni industriali anche se molti decantano il contrario. Ha ragione la Cgil a paventare un rischio di incostituzionalità? Sicuramente c'è di mezzo una grossa fetta del diritto del lavoro, bisogna vedere cosa penseranno i giuristi del lavoro, in particolare i giuristi democratici perché altri lo considerano invece un passo in avanti. A mio avviso vari punti vanno a incidere profondamente sul diritto del lavoro, sulle leggi vigenti e sulla Costituzione. Il fatto stesso che si possa derogare dal contratto collettivo o che si possa attivare lo straordinario senza sentire il sindacato... Quindi la Fiom fa bene a non firmare? Da un punto di vista astratto credo che faccia bene, ma bisogna tenere conto dei rapporti di forza che sono sfavorevoli al sindacato e alla Fiom in particolare. Ci sono di mezzo migliaia di lavoratori che guardano preoccupati ai loro 1200- 1300 euro al mese. Però bisogna tener contro che la ristrutturazione dello stabilimento richiederà un anno e molti saranno in cassa integrazione straordinaria per tutto questo tempo e poi speriamo che vada tutto bene e che il settore non subisca una crisi generalizzata come potrebbe essere, visto l'eccesso di produzione. E poi c'è il ricatto occupazionale... Sì, la Fiat ha messo sul tavolo la carta della globalizzazione: nel mondo si produce secondo determinati standard e quindi li vuole far adattare. Si faceva anche negli anni scorsi, ma queste "medicine" - chiamiamole così - almeno si indoravano. Adesso non si indora più nulla: o lavori come i polacchi o non apriamo lo stabilimento. Lo fanno anche tante altre case automobilistiche: si lavoro alle catene di montaggio a ritmi infernali e poi il prodotto si finisce da un'altra parte. Sarebbe interessante sentire cosa raccontano i medici del lavoro: fare tre turni diversi e massacranti porta all'usura. Si torna indietro nel tempo... Gli autori francesi dicono che è un grosso balzo all'indietro, ma la globalizzazione, con le sue apertura indiscriminate su tutto, è di per sé un grosso balzo all'indietro. E come può reagire un sindacato, senza rischiare di perdere o la sua natura o il lavoro dei suoi rappresentati? Il sindacato ha delle grosse difficoltà: da un lato dovrebbe impedire questa erosione dei diritti, dall'altro è assediato dai lavoratori che dicono che così non si può andare avanti. Manca forse un terzo attore? Un Governo con una politica economica diversa? Sì, ma il nostro Governo lascia che queste cose vadano in porto. Non si può nemmeno dire che non esista una politica del governo è che a loro va bene così perché l'accordo della Fiat segue la scia che loro hanno iniziato sul mercato del lavoro, puntando alla massima individualizzazione dei rapporti. Si poteva affrontare in maniera diversa questa crisi? A questo punto ho molti dubbi. Si tratta di una situazione internazionale che coinvolge Francia, Germania, Belgio, per non parlare degli Usa. Distinguersi dagli altri ora è molto difficile. Guardi in Germania: in nome dell'esportazione a ogni costo hanno tenuto molto bassi i salari di milioni di lavoratori e hanno moltiplicato i mini jobs da 500 euro al mese. Sembra una corsa verso il baratro... La disoccupazione non è mai stata così alta e le previsioni dicono che questa crisi potrebbe durare per un altro decennio. Stiamo assistendo a uno degli stilemi del pensiero liberista. Ma la corsa verso il baratro può partorire forme nuove e ampie di resistenza. Certo, non basta la sola Fiom di Pomigliano... Condividi