«Unità delle opposizioni per battere Berlusconi e non partecipazione al governo». Cesare Salvi, neo portavoce della Federazione della sinistra, ha le idee chiare sulla proposta politica da sostenere contro la destra. Altrimenti, sostiene, «con quello che diciamo della destra, se non concorriamo a sconfiggerla, ci prendono per matti». Berlusconi e Bossi «col sistema tedesco non avrebbero maggioranza», osserva Salvi. Lanciando un allarme: «Attenzione, che la sinistra in Italia rischia l'estinzione».
L'obiettivo della Federazione è quello di non limitarsi alla costituente dei soci fondatori, ma di realizzare un allargamento rivolto a tutta la sinistra, a cominciare dal congresso che si svolgerà entro la fine dell'anno. Quali sono a tuo avviso gli ostacoli da superare? E come pensi che si possa realizzare?
L'obiettivo della Federazione è appunto quello di unire le donne e gli uomini che hanno una visione del mondo comune. Io sono convinto che esista una realtà associativa e di singoli molto più ampia di quella che aderisce o vota per le forze che si propongono di realizzare la Federazione. Da questo punto di vista il congresso può propendere verso due estremi opposti. Il primo è che le forze promotrici (Prc, Pdci, Socialismo 2000, Lavoro/Solidarietà ndr ) si garantiscano a vicenda e il tema centrale diventi quello della formazione dei gruppi dirigenti. Ma questo avrebbe conseguenze devastanti rispetto all'obiettivo di realizzare un nuovo soggetto con basi di massa. Sul versante opposto, invece, il congresso può essere anche e soprattutto la prima, vera e grande apertura della Federazione. E, secondo me, bisogna impegnarci tutti per questo.
Quindi la Federazione come dovrebbe funzionare? Aggregando soggetti plurali, ciascuno dei quali mantiene liberamente la propria identità, unificati da un progetto e non per cooptazione?
L'obiettivo è quello. Federazione vuol dire appunto non sciogliere quel che esiste. Quando si intraprende questo tipo di strada, si sa sempre dove si comincia ma mai dove si finisce. Naturalmente è fondamentale che tutto questo non diventi burocratismo. Perché il valore aggiunto verrà solo dall'adesione di associazioni o di singoli che condividono il progetto. Io ho sostenuto le modalità congressuali per cui i tre quarti dei gruppi dirigenti e delle scelte politiche si definiranno sulla base del voto diretto degli iscritti alla Federazione, sia attraverso i soggetti partecipanti che direttamente. Perché dobbiamo sapere che c'è molta diffidenza rispetto a tutti i partiti, a cominciare dai nostri.
Specie le nuove generazioni domandano punti di riferimento e obiettivi comprensibili di cambiamento: come la separazione della politica dal denaro e i privilegi o la tutela dei beni comuni rispetto al saccheggio privato. Questa è una domanda di politica che non si esprime secondo i canoni tradizionali, che diffida delle fumisterie e delle liturgie. Come si può fornire una sponda pratica concreta a questo tipo di sollecitazione?
E' vero, per esempio, che il tema dell'acqua è molto sentito nelle giovani generazioni. E in modo molto consapevole. Su questo si realizza una consistente disponibilità di impegno. Se invece si chiede di far politica nei partiti, non si riesce a sollevare interesse. Si tratta di un aspetto delicatissimo, perché lo sbocco alternativo rischia di essere quello plebiscitario. Quindi l'unica strada è quella di aprirsi il più possibile. D'altronde il soggetto politico è l'unico strumento, finora almeno non ne sono stati inventati altri, che può ricomporre democrazia e partecipazione intorno a un progetto e ad una visione del mondo.
Veniamo a noi. Quanto a visioni del mondo, il punto di vista della Costituzione repubblicana è ormai sotto attacco da ogni parte, oltre che incompiuto. Secondo te contiene ancora una spinta e una capacità di descrivere la realtà che vogliamo realizzare?
La Costituzione è un testo di straordinaria attualità e modernità. E soprattutto bisogna riuscire a far cogliere il collegamento che c'è tra la terza parte della Carta e i suoi principî fondamentali: la disciplina dei rapporti economici, regolata dall'articolo 41 che Berlusconi attacca, è coerente con l'idea che la nostra sia una repubblica fondata sul lavoro come dice l'articolo 1, coi diritti della persona umana e i doveri inderogabili di solidarietà sociale stabiliti dall'articolo 2, con l'eguaglianza davanti alla legge e la rimozione degli ostacoli di ogni carattere imposta dall'articolo 3, e via dicendo. Tutto questo appartiene al passato? Io lo trovo di una straordinaria attualità. Proprio perché l'offensiva culturale, politica e a volte militare che comincia negli anni Settanta, ha incrinato quel compromesso in cui il capitale controllava praticamente i mezzi di produzione ma riconosceva di dover fare i conti con il mondo del lavoro per i diritti, il reddito e le politiche di pieno impiego. E oggi ne vediamo le conseguenze più estreme.
Il "caso Pomigliano" esploso è una di queste?
Senz'altro. Il ricatto della Fiat sui lavoratori di Pomigliano è scandaloso: licenziati se scioperano, vincolati a saltare la mensa se l'azienda lo chiede. Scandaloso è il sostegno a questo ricatto espresso dal sistema istituzionale e da tutte le forze politiche parlamentari, opposizione compresa. Certamente come dice Tremonti si tratterebbe di un cambio epocale. Ma un cambio contro la Costituzione, contro le leggi, contro le regole europee. Altro che economia sociale di mercato! Qui si vuole tornare all'Ottocento.
Una o un ventenne aveva 4 anni quando Berlusconi è diventato primo ministro. Per i giovani, che la crisi comincia negli anni Settanta è storia dei genitori. La politica di sinistra non rischia di diventare solo una contesa rivolta all'indietro?
Attenzione, però, che le Costituzioni vanno pensate per durare. La Costituzione americana, della fine del settecento, dura ancora, ed e è il bellissimo testo fondativo in cui si riconosce una nazione intera. E' vero che bisogna trovare il linguaggio giusto per dire che quanto accade non è nell'ordine naturale della cose, che è possibile un ordine diverso. Ed è possibile se uomini e donne lo decidono, se assumono il controllo della ricchezza e del lavoro umano.
La Federazione si propone come polo autonomo dal Pd. Allo stesso tempo ci sono cose, dal superamento del bipolarismo alla difesa della Costituzione, su cui costruire da subito e insieme una risposta a centrodestra?
Ho presentato il primo disegno di legge del centrosinistra sul proporzionale insieme a Massimo Villone nel 2001. E da allora sto cercando di far comprendere anche al Pd che la destra non ha la maggioranza numerica in Italia. C'è un'ideologia del bipolarismo e del bipartitismo impressionante. Adesso, mentre la destra è nel momento di maggior forza, se nelle ultime tornate si fosse votato con un sistema di tipo tedesco Berlusconi e Bossi non avrebbero maggioranza. Ci sarebbero i cinque partiti attuali (Lega, Pdl, Udc, Idv, Pd ndr ) più la sinistra, se questa si presentasse unita. Berlusconi e Bossi non governerebbero.
Ma quale sarebbe l'altra maggioranza per non far governare Berlusconi e Bossi?
Non confondiamo elezioni e governo. Il senso del ragionamento è che il maggioritario favorisce la destra e inoltre è un sistema che contrasta con la partecipazione diretta dei cittadini come si può esprimere attraverso le forze politiche, favorendo fenomeni di populismo e personalizzazione. Fatte queste premesse, e visto che comunque alle prossime elezioni si vota con il sistema attuale, io credo allora che si debbano seguire come riferimento due pilastri che formano anche una strettoia.
Quali pilastri e quale strettoia?
Primo: è fuori dal novero delle possibilità che la Federazione della sinistra non partecipi a una coalizione elettorale per battere Berlusconi e Bossi. Secondo: noi che proponiamo di unire tutte le forze di sinistra, di ricostruire una cultura critica e un radicamento del mondo del lavoro, non potremmo partecipare a un governo con le forze moderate. Quindi: alleanza elettorale sì, partecipazione al governo no. Poi mi rendo conto che questa è cosa più facile da dire che da fare, ma mi sembrano le premesse da cui partire. Non credo ci sia un elettore o un iscritto che ci dica di non concorrere alla sconfitta di Berlusconi. Se è vero, com'è vero, che ci sono le leggi bavaglio, l'attacco al lavoro, alla democrazia e alle libertà personali, allora questo governo va mandato via. E su questo non si discute. Siamo in grado di fare, non dico le nostre politiche, ma riforme coerenti col nostro punto di vista sul mondo? No.
Riguardo la richiesta di proporzionale, l'ombra più difficile da sgombrare è che c'è chi la sospetta solo funzionale alla riproduzione del ceto politico di una sinistra debole e di taluni interessi personali…
Intanto il proporzionale è per il futuro, mentre un ceto politico che si vuole salvaguardare può fare accordi e pastette. In secondo luogo, io parlo non a caso di sistema tedesco: metto l'asticella.
Cioè lo sbarramento?
Uno sbarramento ci dev'essere. Noi abbiamo contestato giustamente che, a gioco avviato, si siano cambiate legge elettorale e finanziamento pubblico con l'esplicito obiettivo di darci il colpo di grazia. Ma personalmente penso che una clausola di sbarramento abbia ragionevolezza istituzionale.
Tornando alla sinistra e i giovani, un ventenne perché mai oggi dovrebbe iscriversi alla Federazione?
In Italia si rischia l'estinzione della sinistra. Quando si leggono tante cose interessanti, in cui però si spacca il capello in otto, mi domando se siamo consapevoli del fatto che questo Paese, che ha avuto il più grande partito comunista occidentale, rischia di essere quello in cui più nessuna forza politica si richiami alla sinistra. Quindi siamo finiti se non riusciamo a costruire un rapporto con le giovani generazioni orientate su temi progressisti. Io sono per tenere la falce e martello, ma sento molta insofferenza. Invece bisogna imparare nuovamente a dire che le ingiustizie hanno una causa, che il mondo può cambiare, che l'economia può funzionare anche senza pochi che decidono, che si può difendere l'ambiente e le scelte individuali. E che per questo serve la politica. Che noi stessi dobbiamo cambiare per primi, ma ci vogliamo provare sul serio. E se non vuoi delegare qualcun altro, devi partecipare in prima persona.
In quest'ottica la Federazione è punto partenza, un approdo o una tappa?
E' il punto di equilibrio su cui oggi è ragionevole e giusto proseguire. Poi, il futuro è nelle nostre mani.
La versione integrale di questa intervista è pubblicata sul sito
www.liberazione.it
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