Di Alfiero Grandi
Ci dobbiamo chiedere che paAbbiamo visto e documentato le ragioni economiche che portano alla scelta di energia da fonti rinnovabili sia per quanto riguarda la produzione, la ricerca, l’occupazione. La domanda che ora ci dobbiamo porre riguarda la tutela della salute e, al tempo stesso, dell’ambiente in cui viviamo. Due problemi strettamente correlati.
tto tra le generazioni è mai quello che lascia al futuro impianti industriali radioattivi, a cui tutti - anche i nuclearisti più convinti - si avvicinano con estrema prudenza, scorie che in alcuni casi restano radioattive per centinaia di migliaia di anni - pensiamo al problema mantenimento della memoria per un periodo incredibilmente lungo – sempre che tutto vada bene per il centinaio di anni di vita di questi impianti?
In realtà ai problemi posti dalla situazione naturale, con questa scelta nuclearista si forza ulteriormente provocando un aumento della radioattività di base e nelle aree più vicine provocando danni ulteriori come l’aumento delle leucemie nei bambini che il prof Bottaccioli ha il merito di avere portato a conoscenza anche in Italia.
Quando si sentono esponenti del Governo affermare con sicumera che il nucleare è sicuro, dimostrando di non avere condotto alcun approfondimento, applicando almeno il principio di precauzione vengono i brividi.
Il nucleare non è sicuro
Ci sono incidenti e chiunque si voglia informare può avere notizie, a volte anche gravi. Questo nucleare non è sicuro e non basta mettere numeri di serie alle centrali sempre più alti per dimostrarlo (sostanzialmente sono sempre quelle) se perfino le Agenzie di Francia, Inghilterra, Finlandia - paesi che hanno scelto il nucleare – hanno messo in discussione la sicurezza del prototipo EPR perché i programmi informatici per il funzionamento e la sicurezza sono interdipendenti. Anche il prototipo concorrente di centrale deve ancora dimostrare di essere in grado di rispondere ai requisiti di sicurezza. Non è solo lo spettro di Three miles Island o di Chernobyl ma dei problemi che un impianto nucleare pone all’ambiente e alla vita delle persone in conseguenza del suo stesso funzionamento, per così dire “normale”.
Basta l’autocertificazione per costruire centrali
Premesso che il primo atto, in un paese normale, avrebbe dovuto essere per lo meno la costituzione dell’Agenzia per la sicurezza, mentre il primo decreto attuativo riguarda la localizzazione dei siti, non dobbiamo sottovalutare che il Governo ha così concepito la procedura: le aziende che vogliono costruire centrali si autocandidano, evitando solo le poche aree escluse per ovvie ragioni come il forte rischio terremoti, iniziano poi una procedura attuativa che prevede perfino l’autocertificazione (salvo verifica a posteriori) e il Governo prevede una discussione con le Regioni che nel caso di non accordo semplicemente le sostituisce con un decreto del Governo. A quel punto il sito viene definito di interesse nazionale e quindi sottratto militarmente ad ogni possibilità di controllo delle popolazioni e degli enti locali fino all’entrata in funzione. Le prove generali della procedura sono state fatte in Campania sui rifiuti. Siamo di fronte anche in questo caso ad una procedura che rischia di essere impositiva e gravemente lesiva della democrazia
Salute e tutela dell’ambiente in questo schema non esistono, tanto meno sono in cima alle preoccupazioni. Per questo la legge 99/2009 deve essere abolita e con essa il suo primo decreto attuativo.
Alla Corte istanze di incostituzionalità
E’ in campo un’iniziativa referendaria dell’IdV che purtroppo è stata promossa in modo unilaterale. La questione non è solo di avere ignorato la proposta di discutere un’iniziativa comune ma soprattutto di avere sottovalutato pericolosamente che occorre convincere almeno la metà degli italiani ad andare a votare in una fase di partecipazione calante al voto e dopo 20 anni che i referendum non fanno il quorum.
Si potrebbe tentare di arrivare al quorum ma a condizione di condurre una grande campagna di mobilitazione, invocando la partecipazione di tutte le intelligenze, le competenze, le sensibilità di diversa natura. Non si vince una battaglia come questa con visioni ristrette. E’ auspicabile che nei prossimi mesi prevalga nell’IdV una visione larga ed unitaria della mobilitazione necessaria e contribuisca a recuperare l’errore di partenza. Ad esempio possono essere utili iniziative referendarie a livello regionale, anche nelle Regioni dove governa la destra.
Del resto il 22 giugno la Corte Costituzionale si pronuncerà sulle istanze di incostituzionalità avanzate dalle Regioni contro la legge 99/2009 sulla base del vigente titolo V.
Perché una legge di iniziativa popolare
Il nostro Comitato (SI alle energie rinnovabili NO al nucleare) ha deciso di promuovere una legge di iniziativa popolare che punta sul rilancio delle fonti rinnovabili e ovviamente sul no al nucleare.
La proposta è stata depositata in cassazione proprio questa mattina ed è il punto di convergenza di esponenti di associazioni ambientaliste, sindacali e di un ampio arco di sensibilità politiche. La proposta ha lo scopo di strappare alla rassegnazione e all’inevitabilità quanti pur consapevoli dei problemi che pone il nucleare oggi però pensano che occorre energia e quindi sono rassegnati a quello che sembra a loro un male inevitabile.
Al contrario non è inevitabile e lo affermiamo con una proposta che dimostra che è del nucleare, dei suoi rischi per la salute e l’ambiente che si può fare a meno.
E’ necessaria, ora, una campagna di mobilitazione che non è solo per fare arrivare con il sostegno dei cittadini questa proposta in Parlamento, ma soprattutto di creare le condizioni nell’opinione pubblica per fare scattare una reazione positiva, in cui accanto ad un no fermo e forte ci sia anche un si al risparmio energetico e alle energie prodotte da fonti rinnovabili.
Da Dazebao.org
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