La nuova manovra finanziaria infligge alla povera scuola pubblica (e non solo alla scuola, purtroppo) l’ennesima sforbiciata.
Il prossimo anno scolastico 26 mila docenti e 15 mila Ata perderanno il posto di lavoro; quelli che manterranno il posto subiranno una diminuzione di stipendio pari 1500-1800 euro e il blocco degli scatti di anzianità per tre anni; i precari, infine, saranno espulsi in massa dalla scuola, dal luogo che fino a ieri rappresentava una promessa di futuro.
L’azione del governo in questa fase appare estremamente chiara e altrettanto illegittima.
Illegittima perché nessuno dei provvedimenti adottati dall’esecutivo ha ancora un’efficacia legislativa; né il regolamento di riordino, né il regolamento delle classi di concorso, né le indicazioni nazionali per i licei, né le linee guida per i tecnici e i professionali, né tantomeno il decreto sugli organici.
Chiara perché la prassi del governo Berlusconi non risponde a una politica improntata alla mera decurtazione di fondi e al contenimento dei costi, ma a una vera e propria strategia di “soffocamento” della scuola pubblica. I tagli, in questo senso, sono lo strumento ideale, in quanto concepiti come indispensabile misura anti-crisi, per trasformare profondamente la funzione costituzionale della scuola pubblica, per dare avvio alla privatizzazione dei saperi, per frantumare l’identità culturale del nostro paese, per avvilire il pregio della conoscenza, per limitare sempre più gli spazi comuni di democrazia e di libertà.
Ma sull’altro fronte qualcosa si muove. I sindacati del settore, pur in modo non proprio coordinato, stanno organizzando la protesta con manifestazioni, scioperi e occupazioni degli Uffici scolastici provinciali e regionali. Il Coordinamento degli insegnanti e dei precari, i Cobas e i Cub hanno proclamato lo sciopero degli scrutini, che in Umbria sembra avere una buona base di partecipazione; la Cgil manifesterà in piazza a Roma il 12 giugno e il 25 chiamerà allo sciopero nazionale il pubblico impiego. Anche Cisl-Scuola, Uil-Scuola e Snals manifesteranno il loro dissenso il 15 giugno.
All’appello dovranno presto rispondere i molti insegnanti non propriamente sensibili alla protesta, gli studenti e i genitori. Perché queste politiche toccano diritti costituzionali fondamentali. Se per un attimo tutti riuscissimo a intravedere lo stato in cui verseranno l’informazione, la cultura, l’università, la scuola pubblica e la democrazia un domani non molto lontano, la lotta sarebbe diversa e, forse, lo sforzo meno vano.
Giovedì
17/06/10
08:58