Mi pare assai chiaro che il recente articolo su Liberazione a firma di Ramon Mantovani e Giovanni Russo Spena contesti all'appello a firma di vari compagni, dislocati politicamente in modo differenziato, tra i quali il sottoscritto, di essere ambiguo e confuso nella sua ... «Senza chiarezza politica e programmatica l'unità è destinata a infrangersi» e a produrre solo «nuove divisioni», scrivono i due compagni; occorre una «radicalità della critica al sistema capitalistico finanziarizzato» che non può essere sacrificata «sull'altare di un'alleanza contro Berlusconi», occorre anche «una battaglia durissima contro il bipolarismo». Il loro articolo poi sottolinea come il nostro recente Cpn abbia deliberato che «col centro-sinistra si deve fare un accordo in difesa della Costituzione, di resistenza democratica al regime delle destre e di superamento del bipolarismo, ma non un accordo di governo» e invita a evitare, questo si capisce meno, «incomprensibili lotte correntizie». Io rispondo così. La chiarezza programmatica è un nostro problema in quanto partito e in quanto Federazione della Sinistra, ogni parte politica questo problema ovviamente se lo gestisce a modo suo e con i contenuti che la convincono, e se la condizione del dialogo e della cooperazione a sinistra è la condivisione da parte di tutti del programma di uno di loro non solo la cooperazione ma lo stesso dialogo non ci saranno mai. Affermare dunque, come fa il nostro appello, di ritenere oggi più che mai necessario il dialogo e la cooperazione a sinistra non significa illudersi della possibilità di una cooperazione "totale", obbligata a essere anche di governo, ecc. Il richiamo ai testi del Cpn è quindi fuori luogo: a meno di pretendere che essi ci impegnino a dialogare e a cooperare soltanto con chi sia d'accordo con noi più o meno su tutto. Ancora, il tono dell'articolo, dato il suo carattere ultimativo, rappresenta (certo involontariamente) una difficoltà frapposta a una costruttiva discussione: ma è proprio questo il modo di produrre precipitazioni correntizie. Parimenti sulle questioni, esplicite o sottese, che a me sembrano qui in ballo, io la vedo (molto schematicamente) così. Il passaggio in corso della crisi esplosa due anni fa a crisi dell'Unione Europea e dell'euro e la tipologia monetarista e dunque brutalmente antisociale della risposta a questo passaggio da parte dei vertici europei fondano anche un cambiamento radicale della nostra condizione politica: dal 1945 a due mesi fa essa è stata di abbastanza tranquilla "guerra di posizione", anche quando la lotta di classe divampava e i giovani erano in piazza, ora sta diventando di turbolenta e continuamente mossa "guerra di movimento". Già questo dovrebbe suggerirci di non considerare i deliberati del Cpn o di qualsiasi altra cosa come comandamenti in grado di spiegarci tutto quel che succede, tutto quel che c'è da fare e come vada fatto. Certo occorre una bussola: ma che sia capace di rispondere duttilmente ai continui mutamenti se non sconvolgimenti del quadro. Né basta, anche se è fondamentale, limitarsi a guardare agli aggravamenti terribili della situazione sociale e alle conseguenti mobilitazioni di classe. A conferma di questo cambiamento radicale giova sottolineare come lo scombinamento dei due grandi attuali schieramenti politici, in parte dovuto alla crisi, in parte a fattori preesistenti, sia giunto alle soglie della deflagrazione. Per quanto specificamente attiene al Pd si può infatti constatare come esso non sia più solo attraversato dallo scontro interno tra le opzioni molto differenziate in seno ai suoi livelli dirigenti e da periodiche manifestazioni di malcontento, come sono stati i "girotondi", ma dall'insubordinazione continua e dall'autonomizzazione di sue ampie forze periferiche e più o meno d'"area". Palesemente, inoltre, il Pd in questo momento non sa che pesci pigliare, volendo mantenere i suoi sistemi di relazione sul versante capitalistico e non avendo cultura di ricambio rispetto a quella liberista, parimenti essendo pressato da una parte larga delle sue stesse forze e dalla loro tendenza, più o meno inoltrata e più o meno chiara, di smarcamento a sinistra. Tutto questo quindi ci impone non già di porre pregiudiziali, bensì di fare ogni sforzo in direzione del confronto e della cooperazione, ovviamente portando a ciò nostre proposte; inoltre di farlo con la massima determinazione in direzione delle forze di sinistra, politiche e non, che liberiste non sono. Poi ovviamente si vedrà via via come butta, se ne discuterà e si deciderà come proseguire. Aggiungo che non riesco a vedere come, senza una tale linea di comportamento politico, si possa da parte nostra recuperare credibilità e influenza sociale. Nei tempi di crisi conta moltissimo la capacità a sinistra di "connessione sentimentale" alle vittime, di conseguenza la capacità di farsi pienamente e attivamente carico delle loro richieste di unità, magari ingenue ma in ultima analisi giuste; e se invece si dà l'impressione dell'autosufficienza e dell'arroccamento si è solo destinati a essere tagliati fuori non solo dalla politica ma dalla società. Condividi