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di Francesco Viviano - la Repubblica ROMA - Ottocentomila euro inviati da imprenditori campani, siciliani, calabresi e laziali e dirottati su "consiglio" di Flavio Carboni e Marcello Dell'Utri sulla banca Credito cooperativo del coordinatore del Pdl Denis Verdini. Sono il nuovo capitolo delle inchieste sugli appalti. Quei soldi, individuati dai carabinieri, sarebbero stati il "fondo nero" al quale avrebbero dovuto attingere esponenti politici come "ricompensa" per aver "oliato", in Sardegna o a Roma, le autorità o i funzionari dai quali dipendeva la concessione dei permessi per realizzare impianti eolici. La tesi è ovviamente contestata da Verdini. Gli 800 mila euro "erano l'aumento di capitale per introdurre altri soci nella società editrice del Giornale di Toscana", ha detto a suo tempo il coordinatore del Pdl, indagato dalla procura di Roma nell'inchiesta sul business dell'eolico. Ma quel nuovo "socio" altri non era che l'autista del faccendiere Flavio Carboni, anche lui indagato insieme al presidente della Regione Sardegna, Ugo Cappellacci, al costruttore Arcangelo Martino, al geometra ed ex "magistrato tributarista" Pasquale Lombardi, all'assessore sardo alle Finanze ed Urbanistica, Gabriele Sunis, al consigliere provinciale di Iglesias, Pinello Cossu e al direttore generale dell'Agenzia per l'ambiente, Ignazio Farris. E alla versione del "nuovo socio" non credono il procuratore aggiunto di Roma Giancarlo Capaldo, i suoi sostituti e i carabinieri che indagano da un paio d'anni su questo filone che coinvolge a vario titolo Dell'Utri, magistrati del Lazio e della Campania, vari politici. Verdini, quando il suo nome finì sui giornali come indagato e subito dopo che i carabinieri fecero una perquisizione nella sua banca a Firenze, aveva dichiarato che quei soldi non erano "fondi neri" ma capitali versati da nuovi soci per il "Giornale della Toscana", testata della quale il coordinatore del Pdl è azionista di maggioranza. A conferma di questa versione aveva sostenuto che esisteva anche una scrittura privata con il nome e cognome del nuovo socio. Ma quel socio, hanno scoperto gli investigatori, altro non è che l'autista di Carboni. Un "socio" che si è anche sobbarcato l'incombenza di fare arrivare alla banca di Verdini gli 800 mila euro per aumentare il presunto capitale della società editrice. Gli investigatori hanno anche accertato che l'autista di Carboni non aveva la disponibilità di migliaia e migliaia di euro da investire in una società editrice. Insomma Verdini, indagato per corruzione anche nell'inchiesta del G8 di Firenze e Perugia insieme ai componenti della "cricca", sarebbe stato tirato nella rete di faccendieri e imprenditori, rete lanciata dal "geometra" ed ex magistrato tributarista Pasquale Lombardi, che vantava amicizie di alto livello con magistrati di tutta Italia, invitati a convegni nei quali si trattavano accordi di vario tipo, dalle richieste di "aggiustare" alcuni processi fino al business dell'eolico. Una rete che è stata scoperta dai carabinieri che indagavano su un gruppo di camorristi e mafiosi che avevano costituito delle società per entrare nel grande business dell'eolico. Intercettando questi boss, i carabinieri hanno scoperto la "filiera": da Lombardi a Martino fino a Verdini e a Cappellacci e Dell'Utri. Agli atti dell'inchiesta c'è anche un rapporto dei carabinieri del Ros con un lungo elenco di società napoletane, ma anche romane e siciliane, che fanno riferimento al clan dei Casalesi. Sono citate anche le "famiglie" Lamarca e Azzorito, a loro volto "consociate" con imprese siciliane in odore di mafia, imprese del Lazio, di Livorno e del Nord Italia. Tutti imprenditori che, con l'aiuto di politici, avevano puntato ad investire nella produzione di energia eolica in Sardegna. Condividi