Editoriale di Alessandro Cardulli
Ci consigliano alcuni nostri lettori di usare la parola “ladroni” a proposito dei protagonisti di vicende che hanno un comune denominatore, la corruzione. C’è anche chi richiama i quaranta ladroni della bella favola araba. Nascondevano i tesori rubati dentro una grotta scavata nella roccia che si apriva e chiudeva con la formula magica, “apriti sesamo”.
Alì Baba, un poveraccio, aveva scoperto per caso, il segreto e si era portato a casa, racconta la novella, un bel po’ di soldini.
Poi il fratello cattivo l’aveva scoperto e costretto a raccontargli l’accaduto. Era andato davanti alla roccia, aveva recitato la formula magica, si era aperto un varco, era entrato facendo man bassa dei tesori. Ma non era riuscito ad uscire dalla grotta avendo dimenticato la formula magica. Quando i ladroni tornano, lo uccidono. Scoprono comunque che mancano monete d’oro, si informano su colui che hanno ucciso supponendo che avesse un complice, lo cercano per ucciderlo, ma alla fine sono i ladroni a rimetterci la pelle.
I ladroni nascondevano tesori nelle grotte
Nei tempi che viviamo, i ladroni non nascondono i tesori nelle grotte. Ci sono banche ospitali e paesi altrettanto benevoli che tengono in custodia i conti fasulli. Poi ci sono i governi che consentono ai soldi del malaffare di ripulirsi e tornare nel paese d’origine, il nostro. Come nella favola c’è anche chi ci rimette le pelle perché i ladroni fanno combutta con i criminali, mafia, camorra, ‘ndrangheta. Invece, al contrario di quanto avviene nella favola, quasi sempre non c’è il lieto fine. I ladroni non pagano e vivono felici e contenti. I ladroni, appunto, come dicono i nostri lettori sono ormai radicati dentro questa società del malaffare. Ne fanno parte integrante e la corruzione è quasi un diritto. Il potere consente loro tutto. Anche di rendersi ridicoli, come quel generale della Guardia di Finanza il quale, colto “con il sorcio in bocca”, racconta di aver avuto dei soldi in prestito dal capo della “cricca”. Ma li ha restituiti, può provarlo perché ha le ricevute. A cercare le ricevute non le trova, gliele hanno rubate i ladri. Pensate un po’ i ladri che rubano le ricevute di un prestito. Davvero viene da ridere se la cosa, la corruzione, non fosse ormai elevata a sistema di vita da parte di chi tutto può avendo nelle mani il potere.
Il berlusconismo fa ingrassare i corrotti
C’entra Berlusconi? Non è questo il problema. E’ il berlusconismo che ha in sé il germe della corruzione. Quando il capo del governo, da ormai tanti anni, pensa di non dover rispondere a nessuno, solo ad un immaginario popolo che delle sue gesta niente sa perché i media sono al suo servizio, giù per li rami, dice il poeta, i cortigiani prendono esempio. Pensano di godere di eterne immunità, come il capo tribù. Se è vero che la corruzione pervade ormai la nostra società, dai più alti ai più bassi livelli, non si può ignorare che esiste un rapporto stretto fra questo cancro e la crisi economica. Non sono altra cosa. La “cricca” degli appalti, tanto per citare un esempio, turba il mercato, è come l’asso pigliatutto, provoca crisi per tante altre imprese pulite. E’ un meccanismo infernale. Corruzione e crisi economica sono davvero una polveriera, possono provocare un’esplosione dagli esiti nefasti.
L’opposizione che si balocca
Ci domandiamo se sia mai possibile che l’opposizione invece di fare il suo mestiere si balocchi in proposte tipo governi di emergenza, governi tecnici, al grido tutti insieme, appassionatamente. Anche con Berlusconi? Risposta di alcuni esponenti del Pd: vedremo. Franceschini il capo dei parlamentari del Pd e numero uno della minoranza che fa la fronda a Bersani la mattina si alza e fa sua la proposta per un governo di emergenza. Ha il pudore di far capire che Berlusconi però deve farsi da parte. Saremmo curiosi di sapere se dell’emergenza fanno parte anche le leggi ad personam quelle che evitano al Cavaliere di presentarsi in tribunale. Forse, un po’ di serietà non sarebbe un gran male. Anzi.
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