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L’illusione che le misure adottate domenica 9 maggio dal Consiglio Europeo potessero validamente fermare l’attacco speculativo ai paesi dell’euro più indebitati e fragili dell’Unione Europea e all’euro stesso è durata pochi giorni, anzi, guardando bene, la sola giornata del lunedì. Essa ha registrato un notevole balzo in su delle Borse: ma già martedì sono cominciati i realizzi da parte speculativa, cioè le sue vendite di titoli già acquistati a prezzi bassi, dunque le Borse hanno cominciato, pur cautamente, a flettere. Poi c’è stato il tonfo di questi giorni. La portata di quel balzo in su e di questo tonfo e l’omogeneità di questi fatti presso tutte le Borse intanto significano, perciò, che in movimento è la grande finanza, sono le grandi banche d’affari di Wall Street e Hongkong e il loro supporto londinese, non si tratta, se non marginalmente, di comportamenti di masse di risparmiatori e di operatori finanziari medio-piccoli. Inoltre che le prime vendite da parte speculativa abbiano riguardato soprattutto titoli bancari, quelle successive si siano invece estese alle altre tipologie di titoli, da quelli dell’economia reale a quelli statali, e il fatto che tra i titoli statali ci siano prevalentemente quelli di Spagna e Portogallo significa che la speculazione sta alzando il tiro alla grande, sta sondando il terreno, in breve sta guardando all’euro. Un’ulteriore conferma di quest’ipotesi viene dal fatto che l’euro continua non solo a rimanere molto basso in rapporto al dollaro ma che continua a calare. Infatti se la speculazione intendesse limitarsi a operare solo sui titoli di cui sopra l’euro avrebbe dovuto cominciare a riprendersi, come risposta alle misure del 9 maggio e per iniziativa della speculazione stessa: che avrebbe solo convenienza oggi ad acquistare euro, in modo da guadagnare da un suo successivo rialzo. D’altro canto, perché non guardare all’euro? 750 miliardi a disposizione di paesi dell’euro attaccati dalla speculazione, con i tempi che i vertici europei ci prendono a decidere qualsiasi cosa, anche quando l’abbiano già impostata, sono altrettanti quattrini per la speculazione, basta che si muova con i suoi tempi, che essendo essa una cosa seria sono incomparabilmente più veloci. L’attacco a Spagna e Portogallo, dopo quello alla Grecia, è perciò con larghissima probabilità un passaggio da non intendere come qualcosa che finirà lì dopo aver fatto congrui guadagni. Il risultato di un attacco a fondo sulla Spagna sarebbe, intanto, un ulteriore deprezzamento dell’euro. Inoltre, siccome i vertici europei accanto ai 750 miliardi l’altra cosa che hanno deciso è di colpire brutalmente i redditi da lavoro, ovvero di ridurre brutalmente la domanda sociale, di fatto essi hanno anche deciso una lunga depressione dell’economia europea. Di conseguenza il risultato dell’attacco alla Spagna sarebbe che deficit e indebitamento di ciascun paese dell’euro continuerebbero a crescere. Di conseguenza, ancora, alla depressione si unirebbe una certa quantità di inflazione, perciò ogni possibilità di politica economica orientata a uscire dalla depressione. Si tratterebbe così di una situazione perfetta dal lato della speculazione: infatti essa riuscirebbe a scatenarsi, con eccellenti possibilità, contro la totalità dei paesi dell’euro, Francia e magari Germania comprese. Perché non provarci? Ovviamente il fatto che l’Unione Europea non disponga di un proprio governo in senso proprio ma di parziali surrogati confusionari e che la sua banca centrale risponda anche per questo solo a se stessa sono un’importante ragione di questa situazione e di questi pericoli. Essi parimenti sono il risultato della mentalità micragnesca e della culturetta liberista dei vertici dell’Unione e delle forze politiche europee storicamente di governo nonché dell’ossessione monetarista tedesca. Davvero non è irrealistico pensare che euro e Unione Europea possano saltare per aria. Cioè non è irrealistico ipotizzare anche che se si giungesse a un attacco generale all’euro, per il tramite dell’attacco alla Spagna e magari ad altri paesi (l’Italia e la Francia stessa non sono così al sicuro come ci dicono governi, mass-media, FMI, ecc.), potrebbe partire a cominciare dalla Germania il si salvi chi può. Il governo di questo paese sarebbe facilmente indotto all’arroccamento, cioè al ritorno al marco. In alternativa esso potrebbe riuscire a imporre il fallimento di una serie di stati e la loro uscita dall’euro: ma sarebbe solo un modo più complicato di praticare la disintegrazione monetaria. L’Italia, ancora, messa sotto pressione potrebbe vivere una lacerazione grave tra un nord suggestionato a collegarsi alla Germania e un Mezzogiorno non in grado di reggere un tale collegamento e anzi volutamente tenuto fuori. Obama non è intervenuto nei giorni scorsi sui governi europei solo perché agissero rapidamente contro la speculazione, in quanto l’indebolimento dell’euro rende più difficili, in un momento delicato di ripresa degli Stati Uniti, le esportazioni di questo paese, più in generale perché quest’indebolimento tende a caotizzare gli scambi mondiali: l’establishment statunitense non può permettersi, per ovvie ragioni geostrategiche, il crollo, e neppure una crisi acutissima e di difficilissima soluzione, dell’Unione Europea. Già nel 1936 Keynes constatò che dalla Grende Depressione successiva alla crisi del 1929 non si riusciva a venire fuori perché le grandi banche d’affari, le cui attività speculative erano state il detonatore della crisi, una volta rimessesi in piedi, grazie all’ausilio finanziario degli stati, avevano ripreso alla grande con queste attività: e aveva proposto, accanto alla gestione statale, diretta o indiretta, dei grandi investimenti e a varie misure di produzione di domanda aggregata, l’“eutanasia del rentier”, l’impedimento cioè alla finanza capitalistica di praticare attività speculative e l’obbligo per essa di tornare a finanziare l’economia produttiva, e questo nche ricorrendo a misure di nazionalizzazione da parte dei governi. Una tale politica ovviamente risolverebbe gli attuali problemi europei. Ma forse basterebbe cominciare censendo e tassando le rendite finanziarie. Potrebbero bastare a fermare la speculazione, cioè, operazioni semplicemente di legittima difesa. Accadranno? Stando a quanto abbiamo visto in questi mesi da parte di vertici e governi europei c’è solo di che essere molto pessimisti. Condividi