FIRENZE - A tre mesi dai primi arresti, ''il sodalizio'' e la solidarieta' fra gli indagati sono ancora intatti, quindi, ''in considerazione dei legami profondi con soggetti di livello istituzionale elevato'' permangono i pericoli di recidiva e inquinamento delle prove. Lo scrive il gip di Firenze, nel provvedimento con cui il 5 maggio ha respinto la richiesta di domiciliari presentata dai legali di Angelo Balducci, l'ex presidente del Consiglio superiore dei lavori pubblici in carcere per l'inchiesta sui Grandi eventi. Lo stesso giorno, il giudice ha respinto anche l'analoga richiesta di Fabio De Santis, l'ex provveditore alle opere pubbliche della Toscana.
Balducci e De Santis, in carcere dal 10 febbraio e raggiunti da nuova ordinanza di custodia cautelare il 4 marzo, il 15 giugno saranno processati a Firenze insieme all'imprenditore Francesco Maria De Vito Piscicelli e all'avvocato Guido Cerruti, tutti raggiunti da misure restrittive per l'inchiesta sull'appalto per la scuola marescialli dei carabinieri, filone fiorentino dell'indagine sui Grandi eventi.
Nel motivare il no ai domiciliari, il gip parla di un sistema ''ben oliato e potente'' che ''non si scardina certamente con la semplice esecuzione di un'ordinanza di custodia cautelare e con tre mesi di detenzione''. Periodo in cui, secondo il gip, tutti gli indagati hanno tenuto un atteggiamento ''di totale chiusura nei confronti delle ipotesi accusatorie''. E' questo uno dei sintomi evidenti del fatto che ''il loro sodalizio e la loro solidarieta' sono ancora intatte''.
Secondo il giudice, Balducci ha ''scarsa consapevolezza di quanto gli si contesta'' e si e' limitato ''a difese settoriali, non tenendo conto dell'inquietante contesto che emerge dagli oltre due anni di intercettazioni''. Il no ai domiciliari e' legato anche al coinvolgimento dei familiari: ''In questa vicenda - annota il gip - le mogli hanno un loro ruolo che, se non penalmente rilevante, e' alquanto importante essendo ben inserite nel sistema di cui conoscono i dettagli ed anzi se ne avvantaggiano in modo palese''.
Insomma, scrive il gip, la ''grave ipotesi di corruzione'' e la ''raggiunta prova'' della ''messa a disposizione di se stesso, della propria carica e dei propri poteri, a volte illimitati, in cambio di utilita' di vario genere o della promessa di utilita''' non ha bisogno ''della prova di singoli atti che possono anche essere formalmente ineccepibili, ma viziati dal vizio proprio dell'atto amministrativo dell'eccesso di potere. E spesso - continua il giudice - ci si dimentica del valore immediatamente precettivo dell'articolo 97 della Costituzione''.
Per il gip ''basta leggere le trascrizioni delle intercettazioni, contestualizzandole, come con fatica si e' cercato di fare da parte di investigatori e giudice, per rendersi conto di quanto poco reggano le tesi difensive. E cio' al di la' dell'interpretazione minimale che la difesa cerchera' di dare alla grave ipotesi di corruzione''.
''Se il gip e i magistrati ritengono che la prova sia evidente - ribatte uno dei difensori di Balducci, Gabriele Zanobini - non si capisce come possa essere inquinata. Ed e' difficile che Balducci, che si e' dimesso da ogni incarico, possa reiterare il reato, anche per la risonanza mediatica della vicenda. La sua permanenza in carcere, pertanto, e' da ritenersi assolutamente ingiustificata''.
Le misure cautelari, conclude pero' il giudice, non possono essere tutelate dai domiciliari, ''men che meno in Roma'', dove ''gravitano i centri di interesse e i rapporti degli indagati''.
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