A dispetto dei fatti sembrava intenzionato a resistere aggrappato al suo posto. «Non mi dimetterò come nel caso Biagi», dichiarava a tutti i media ricordando a tutti di avere definito «un rompicoglioni» il giuslavorista che insisteva per farsi dare una scorta. Ma alla fine ha ceduto: «Un ministro della Repubblica non può sospettare di abitare in una casa in parte pagata da altri. Questa è la motivazione principale, quella più forte che mi spinge a dimettermi, convinto di essere estraneo a questa vicenda». Claudio Scajola lascia con queste parole il suo posto di ministro dello Sviluppo Economico. Posto nel quale il premier Berlusconi lo aveva riciclato passata la tempesta intorno. Scajola si dimette non ammettendo colpe, ma per “amor patrio”, o meglio di governo. “Sospetta" che qualcuno possa a sua insaputa aver pagato per la sua casa. Un benefattore anonimo, forse, che intenerito dalla mancanza di una dimora decente del ministro (ora ex) ha deciso di versare a sua insaputa degli assegni per quella casa vista Colosseo pagata con un mutuo da Scajola 610.000 euro (per 180 mq). «Se dovessi acclarare - ha proseguito Scajola - che la mia abitazione di Roma fosse stata pagata da altri senza saperne io il motivo, il tornaconto e l'interesse, i miei legali avvieranno le azioni necessarie per l'annullamento del contratto di compravendita». Senza poltrona e senza casa, quindi. Commovente, anche se la sua storia non ha commosso neanche Il Giornale che, pur non affondando mai, non lo ha difeso a spada tratta. Un'altra questione a questo punto l'ha sollevata il portavoce nazionale della Federazione della Sinistra Paolo Ferrero: «Le dimissioni del ministro Scajola erano un'atto dovuto, quindi andavano date al più presto. Il problema è un altro: perchè non si dimette il capo della Protezione civile Guido Bertolaso? Forse perchè coperto dai veri poteri forti? Attendiamo risposte». E' probabile che si tratti di una lunga attesa.
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