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CITTA' DI CASTELLO - “La storia degli artisti tifernati nel Dopoguerra è stata scritta: ora è necessario stamparla per farla conoscere adeguatamente”: è questo l’invito che Ivan Teobaldelli, ha formulato alla fine della presentazione dello studio di Luciano Vanni “Artisti tifernati nel Novecento”, iniziativa inserita nel ciclo “Letture tifernati” e nel programma di eventi collaterali de “L’arte è mobile”. “Si tratta di una prima sistemazione organica di un periodo ancora molto vicino a noi e forse per raccontarlo era necessario l’occhio di chi non appartiene alla stessa generazione dei protagonisti “ ha aggiunto Teobaldelli, citando uno dei presupposti della ricerca, la revisione cioè dell’assunto per cui “Città di Castello è Burri e Burri è Città di Castello. Vanni ritiene infatti il fermento, che va dagli Anni Trenta agli anni Novanta, a più voci e caratterizzato da personalità diverse dal carisma e dal genio di Alberto Burri. Quella che oggi presentiamo è il tentativo di una ricostruzione ed anche una sfida ad approfondire un periodo ancora costruibile sulle testimonianze orali, insomma un terreno ancora da dissodare”. Nel presentare la sua ricerca, Luciano Vanni si è avvalso delle testimonianze artistiche su cui ha definito la periodizzazione, che sottosta al testo. Secondo il giovane critico tutto è iniziato dall’opera che nel 1936 la famiglia Monti Torrioli commissiona ad Aldo Riguccini: si tratta di un affresco rappresentante La Tempesta sedata per la cappella familiare presso il Cimitero Monumentale di Città di Castello. “Si apre così un periodo caratterizzato da campagne decorative a fresco dei monumenti pubblici, mostre collettive ed esperienze produttive estese ai campi della ceramica, della stampa e dell'arredo” ha spiegato Vanni “Bruno Bartoccini arricchisce la città di sculture, Alvaro Sarteanesi dipinge chiese ed edifici pubblici, mentre Dante Baldelli promuove la produzione ceramica con proprie linee e collaborazioni di eccellenza. Sono i protagonisti, insieme a Riguccini e ad Alberto Burri, delle esposizioni artistiche in città alla fine degli anni Quaranta, promotori di un rinnovamento culturale locale a cui fa seguito una varietà di stili tra figurativo, astratto e naif. Nel 1966 Novello Bruscoli, Armando Perugini e Alfredo Baldelli inaugurano la Galleria Il Pozzo che diventa faro e punto di riferimento della vita culturale di Città di Castello, perché vi confluiscono le esperienze artistiche del territorio tifernate e umbro. Il ciclo storico tracciato può trovare il suo punto di arrivo nei progetti architettonici e urbanistici elaborati da Burri per la sua città tra gli anni Ottanta e Novanta”. “Che la Galleria Il pozzo sia stata eccezionalmente aperta nei giorni de L’arte è mobile” ha detto l’assessore alle Politiche culturali Rossella Cestini “conferma come quello spirito sia ancora vivo negli artisti e negli esponenti della cultura cittadina contemporanea”. Condividi