Claudia Bastianelli
Giovani Socialisti
Mi suscita particolare difficoltà parlare della festa dei lavoratori in vista del prossimo 1° maggio. Quest’anno, come ormai da alcuni anni a venire, in Italia è difficile capire in maniera definita cosa si intenda per festa dei lavoratori, e soprattutto a chi sia rivolta tale ricorrenza. Forse è banale, ma in un Paese dove ormai il precariato, soprattutto giovanile, è all’ordine del giorno, dove i cittadini hanno imparato a vivere a scadenza; in un Paese dove la cassa integrazione e gli ammortizzatori in deroga rappresentano l’ultimo cuscinetto della società; dove le donne hanno ancora enormi difficoltà dal punto di vista della parità di condizioni nel mondo del lavoro, sia dal punto di vista retributivo che di accettazione, mi chiedo: per chi è la festa del 1° maggio?
Forse per tutti quei dipendenti che non vogliono allontanarsi dal loro posto di lavoro nonostante siano in età pensionabile, perché lavorare è certamente più conveniente? Oppure è forse per tutte quelle aziende che, nonostante trattino chi lavora con o per loro come dipendenti, inquadrandoli però come liberi professionisti a partita iva, riescono ad evitare di assumersi responsabilità nei loro confronti?
Oppure, ancora, è per tutti quei manager e dirigenti che hanno retribuzioni raccapriccianti in rapporto alle loro reali responsabilità e che vivono con l’obiettivo di non insegnare in “mestiere” a nessun giovane, così non corrono il rischio che possa diventare più bravo di loro, riuscendo ad ottenerne il posto?
Un tempo i genitori facevano studiare i propri figli con la speranza di dar loro una vita migliore. Oggi se un giovane studia si dice che non abbia voglia di lavorare, e se poi, una volta laureato sogna di potersi occupare nel suo campo, si dice che i giovani non si accontentano di nulla e che sono tutti bamboccioni. Pare che nessuno in Italia ricordi quanto sia stato difficile riuscire a fare lo Statuto dei Lavoratori al fine di tutelare davvero i più deboli; qui tutto passa e tutto sembra essere diventato ovvio. Ovvio che il lavoratore abbia i suoi diritti, e quando poi vengono meno tutti tendono a sminuirne il valore.
Ovvio che un giovane sia precario, oppure che debba andare all’estero per fare qualcosa. Ovvio che una donna trovi difficoltà nell’essere assunta perché un giorno potrebbe giocare quel terribile scherzo all’azienda di diventare madre. Ovvio che la sicurezza nei luoghi di lavoro sia vista solo come una rottura di scatole e non come la tutela di una vita umana. Tutto ciò è molto triste e mi chiedo cosa ci sia davvero da festeggiare in questo 1° maggio, e soprattutto dunque: per chi è la festa dei lavoratori?
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