di Alessandro Bongarzone - dazebao.org
ROSARNO - Il paese della “rivolta nera”, la città calabrese - fino ad allora sconosciuta ai più - che tutto il mondo ha imparato a conoscere a gennaio scorso come “vergogna nazionale”, riparte da qui. Dallo slogan lanciato questa mattina dal sindacato confederale, che ha voluto celebrare qui la Festa del Lavoro, facendo scendere i suoi segretari generali in questo sperduto angolo del mezzogiorno d’Italia.
Rosarno, dunque, diventa oggi il simbolo emblematico di un “sud” che affonda stritolato nella morsa delle mafie, dei diritti negati, del lavoro che non c’è, dell’illegalità diffusa e dell’abbandono da parte dello Stato da cui CGIL, CISL e UIL hanno scelto di far ripartire una riscossa basata sulle parole d’ordine di sempre: “Legalità, Lavoro, Solidarietà”.
“Ricostruiamo il nostro futuro” c’era scritto su uno striscione di 15 metri in testa al corteo che, partito dalla fabbrica della ex Rognetta - dove gli immigrati vivevano in condizioni inumane e da dove è iniziata la rivolta di gennaio - ha raggiunto la piazza intitolata a Giuseppe Valarioti, il giovane segretario cittadino del PCI morto ammazzato nel 1980 (aveva 30 anni quel maledetto 11 giugno) in un agguato di stampo mafioso rimasto impunito.
E su come questo futuro debba essere ricostruito, i tre segretari generali non hanno dubbi e lo esprimono chiaramente - ciascuno secondo le proprie sensibilità - nei loro interventi davanti ad una piazza gremita da quasi 30 mila persone (la questura, come al solito fa la “tara” e parla di 8 mila presenze) tra cui si distinguono chiaramente, nonostante siano pochi, gli immigrati che, pur se trasferiti in centri di accoglienza di altre città, hanno deciso di manifestare insieme ai rosarnesi e al Sindacato confederale.
Epifani: “Prima di tutto la Legalità”
Le mafie “soffocano le libertà e i diritti: liberarsi dalle mafie significa liberare la dignità di chi lavora”. Parte da qui, Guglielmo Epifani, scandendo le parole, per sottolineare l’emergenza.
“Oggi siamo a Rosarno - ha detto il segretario della CGIL - per dare un segno di speranza che ce la possiamo fare. Noi non vogliamo lasciare solo nessuno. Rosarno non è un’altra Italia, è l’Italia; non è un’altra Europa, è l’Europa. La battaglia la vinciamo insieme e la si vince a Napoli e a Torino, a Rosarno e a Milano”.
Per il segretario della CGIL, dunque, lo sfruttamento e la negazione dei diritti del lavoro non sono circoscritti al sud “Rosarno è una - dice - ma in Italia ci sono tante Rosarno, non solo nel Mezzogiorno ma anche al nord” è qui, però, che la situazione assume toni drammatici perché - afferma - dove c'è mafia non può esserci sviluppo, occupazione ed investimenti”.
“Il governo la smetta di cancellare il Mezzogiorno dai propri interessi, scelte e politiche. Ci sono - ha detto - tante aziende che chiudono nel nord, al centro e nel sud ma quando chiude un’azienda al sud non è facile trovarne un’altra che riaprirà. Per questo - ha proseguito Epifani - chiediamo al governo di fare di più perchè questa è una crisi difficile che durerà”.
“Un piano straordinario per il lavoro”, è questo ciò che pretende dal governo il segretario della CGIL, perché “ se quella che si prospetta per i prossimi anni è una ripresa senza occupazione c’è bisogno di politiche che sostengano lo sviluppo e la ripresa”.
Epifani, infine, nel rivendicare che ai lavoratori immigrati sia consentito di restare in Italia finché percepiscono gli ammortizzatori sociali ha anche giudicato “privo di umanità mandare via dalle scuole e dagli asili bambini perchè i genitori non ce la fanno a pagare le rette”.
Un invito all’Unità
Nel prendere atto, infine, che “ancora una volta il sindacato italiano ritrova unità sui grandi temi: lavoro, diritti, precarietà e disoccupazione - Epifani, torna sulla questione dell’unità sindacale e affermando che “se ci si batte insieme siamo più forti” propone “ripartiamo, non fermiamoci a Rosarno”.
Bonanni: “il sindacato sulle questioni essenziali si unisce”
Un invito che, poco prima, aveva fatto proprio il segretario generale della CISL, Raffaele Bonanni constatando che “a differenza di ciò che accade nella politica, il sindacato sulle questioni essenziali si unisce seppure all’interno ci siano opinioni diverse”. Su quali siano queste questioni importanti, il segretario della CISL non ha dubbi: “Contro il lavoro nero - dice - ci vuole il “pugno di ferro” e propone, a tale proposito, “un’azione senza sosta”.
Secondo il numero uno di via Po, che chiede "di isolare i mercanti di braccia che vivono sul sangue degli immigrati, in Italia - afferma - ci sono ancora sacche di schiavitù e c’è da vergognarsi.
Sono cittadini del mondo - ha detto Bonanni - mal pagati, calpestati nella loro dignità, ma calpestando loro calpestiamo anche noi, non esistono confini tra le persone”.
Parlando più in generale della crisi economica, Bonanni ha chiesto “ai governi di governare la finanza o sarà la finanza che comanderà, come è successo negli ultimi venti anni. La precarietà e la disoccupazione - ha concluso - è anche causa del dominio della finanza sui governi e occorre ribaltare questa logica”.
Angeletti: "sul lavoro nero non possiamo girare la testa"
Il segretario generale della UIL, Luigi Angeletti, nel suo intervento ha incalzato il governo chiedendo di “cominciare a fare sul serio le riforme” che devono - secondo lui - riguardare il fisco e il costo eccessivo della politica per risolvere le “due anomalie - così le ha definite - proprie del nostro paese: l’elevata evasione fiscale ed il costo eccessivo della politica. Da lì - ha detto - bisogna cominciare a fare le riforme”.
Si tratta, secondo il segretario della UIL, di ricondurre a legalità due questioni ormai insostenibili esattamente come “il lavoro nero” che, secondo Angeletti, “si combatte uniti”.
“Il lavoro nero - ha affermato - è una questione che riguarda tutti noi. Per questo - ha aggiunto - non possiamo girare la testa dall’altro lato”. Per Angeletti, il problema del lavoro nero “non lo risolve solo lo Stato ma - altresì - bisogna mettersi insieme, imprenditori e politici armati di buona volontà che hanno capito che bisogna migliorare e cambiare”.
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