PERUGIA - Il 2 marzo del 2003 Bruno Fortunato, sovrintendente della polizia ferroviaria, rimase gravemente ferito nel conflitto a fuoco che porto' alla cattura di Nadia Desdemona Lioce e alla morte di Mario Galesi, i vertici delle nuove Br, con quest'ultimo che uccise l'altro poliziotto Emanuele Petri. Ieri sera, Fortunato si e' suicidato nella sua casa di Anzio sparandosi un colpo alla testa con la sua pistola d'ordinanza che, come prassi, aveva tenuto dopo essere andato in pensione per le conseguenze della sparatoria di sette anni fa (nel corso della quale fu proprio lui a uccidere Galesi). Perche' lo abbia fatto non e' stato ancora chiaro. Sembra infatti che Fortunato, 52 anni, originario di Portici, nel napoletano, non abbia lasciato biglietti per spiegare il suicidio. Chi lo conosceva ha comunque sottolineato che dal giorno della sparatoria non era stato piu' lo stesso. ''E' una cosa che non mi aspettavo'' ha detto Alma Petri, la vedova di Emanuele, visibilmente scossa. ''Un ottimo servitore dello Stato, una persona che ha fatto il suo dovere fino in fondo a rischio della vita'' le parole dell'avvocato Antonio Bonacci che ha rappresentato l'agente come parte civile. Il 2 marzo del 2003, sul treno Roma-Firenze, nel tratto fra Terontola e Arezzo, Fortunato avverti' quello che defini' poi lui stesso un ''pizzico all'addome''. Era il colpo di pistola sparato da Galesi che gli perforo' il fegato e un polmone. L'agente riusci' pero' a reagire uccidendo il brigatista che aveva gia' colpito mortalmente Petri. Per Fortunato non era pero' ancora finita. La Lioce gli punto' infatti contro la pistola sottratta a Giovanni di Fronzo, il terzo agente impegnato con la pattuglia che individuando i due Br sul treno diede di fatto l'avvio alla fase decisiva delle indagini per smantellare l'organizzazione eversiva (un'operazione per la quale i tre hanno ricevuto la medaglia d'oro al valor civile). La brigatista cerco' di fare fuoco verso di lui, non riuscendoci solo per la sicura che bloccava l'arma. Fortunato rimase in ospedale per 30 giorni, sette dei quali in rianimazione. Quindi mesi di cure e la dispensa dal servizio dopo un anno di malattia. A raccogliere la sua eredita' professionale i figli che si arruolarono in polizia come quello di Petri. ''Il mio rammarico piu' grande? - aveva detto tempo fa Fortunato testimoniando in uno dei processi alle Br - Non avere sparato, non avere ucciso Nadia Desdemona Lioce che mi puntava contro la pistola e non e' riuscita ad ammazzarmi solo perche' aveva la sicura''. Nelle sue parole aveva pero' trovato spazio anche il rammarico, come nel maggio del 2006: ''Qualche sera fa ho ascoltato un' intervista ai parenti di Aldo Moro, i quali hanno detto che nessuno si e' piu' ricordato di loro, e neppure gli amici si sono fatti piu' vivi. Accade anche a me, nonostante io abbia incontrato le Brigate rosse molto piu' recentemente''. Perche' oggi Fortunato si sia ucciso rimane pero' un mistero. Condividi