Il libro curato da Stefano Vinti non a caso si intitola “Compagni di strada cercasi”. Compagni di strada è un'espressione antica della tradizione comunista, usata in genere per indicare quelle compagne e quei compagni che pur non militando attivamente nelle formazioni comuniste (e quindi non sottoposti alla rigida disciplina del centralismo democratico) ne condividevano, spesso in un rapporto contrastato e conflittuale, ideali e lotte. Nel libro questa espressione assume volutamente un significato che si potrebbe definire “programmatico”, come consapevolezza della non autosufficienza della sinistra, a partire da quella di tradizione comunista, e della necessità per la sinistra, per riconquistare un ruolo nella società italiana di incrociarsi, di incontrarsi con altre tradizioni e culture politiche. Nel libro tutta una parte è dedicata all'analisi dei risultati elettorali della sinistra umbra, incrociati con quelli nazionali, dalle regionali del 1990 alle europee e provinciali del 2009. Anche in questo caso il titolo del saggio “Come era rossa la mia valle” è assai eloquente. La sinistra umbra intesa in senso lato passa da oltre il 60 per cento dei consensi ottenuti dalla coppia PCI/PSI tra il 1953 ed il 1989 al 38 per cento dell'inizio degli anni Duemila, cumulando una perdita di oltre 140.000 voti, di cui ben 100.000 nel solo decennio 1990/2000. All'interno di questo quadro si colloca l'evoluzione della sinistra comunista, fino al 1990 rappresentata dal PCI (le elezioni regionali del 1990 sono le ultime che vedono sulla scheda elettorale in alto a sinistra il simbolo della falce e martello e la scritta P.C.I.) poi da due formazioni che se ne dichiarano diversamente eredi (PDS/DS e RC) alle quali, dal 1989 se ne aggiunge una terza, il PdCI. Anche in questo caso la discesa è precipitosa. Si parte dal 43,9per cento del 1987 per finire con il 35,8 per cento del 2001 (-40.000 voti). Si arriva così agli anni Duemila, che a sinistra sono caratterizzati dalla progressiva scomparsa dei DS come formazione politica autonoma, prima con la sperimentazione delle liste dell'Ulivo, poi con la nascita del Partito Democratico ed il conseguente scioglimento di ogni legame con la tradizione comunista. Di questa rottura con la tradizione comunista paiono, in un primo momento, trarne vantaggio le due formazioni che, in competizione tra di loro, orgogliosamente rivendicano l'eredità comunista. Rifondazione Comunista e Comunisti Italiani alle Europee 2004 ma, sopratutto, alle Regionali 2005 raggiungono in Umbria risultati di tutto rilievo, arrivando a sfiorare il 15 per cento dei consensi. Questi risultati fanno pensare alla possibilità di consolidare all'interno dell'Umbria una forza elettorale dichiaratamente comunista che, ancorché divisa in due formazioni, si attestasse tra il 14 ed il 15 per cento; un peso, per avere un elemento di paragone, pari a quello del vecchio PSI umbro. Questo sogno/speranza è di breve durata, già all'Europee 2006 le due formazioni precipitano all'11 per cento, riportandosi cioè sugli stessi valori della Rifondazione delle origini, che appunto (e quando i DS erano ancora DS e si dicevano eredi del PCI) oscillavano tra il 10 e l'11 per cento. Il dato del 2006 fa quindi supporre che quelle sterminate praterie, di cui si favoleggiava, che si sarebbero aperte a sinistra dei DS a seguito della loro scelta moderata, non erano poi così sterminate, o comunque (ipotesi più probabile) la proposta politica delle forze che ancora si dichiaravano comuniste e si candidavano a coprire quello spazio non era credibile, aveva in sé qualcosa che non funzionava. Si arriva così al disastro dell'Arcobaleno, un disastro per certi versi annunciato. Il risultato del 2008, anche in Umbria pesantissimo, è stato solo parzialmente un fulmine a ciel sereno, certo inaspettato nella sua durezza ed ampiezza, ma rappresenta l'epilogo di una proposta politica che da tempo faticava ad acquisire nuovi consensi, ad ampliare la sua capacità di coinvolgimento: una proposta politica in termini elettorali ormai da tempo inchiodata sullo stesso risultato, che, se in Umbria era di tutto rispetto, tra il 10 e l'11 per cento, a livello nazionale finiva per essere visto come marginale ed ininfluente. Da questo punto di vista l'Arcobaleno, esperienza troppo affrettatamente liquidata dalla maggioranza delle forze politiche che ne erano state parte, ha rappresentato una risposta sbagliata, per taluni versi e modalità sbagliatissima, ad una domanda reale di “innovazione della proposta politica nell'unità” . Oggi la domanda continua stare in campo per tutta la sinistra. Dopo il 2008 qualcosa si è mosso con le elezioni europee e provinciali del 2009, che qui in Umbria hanno visto la Federazione della Sinistra, il progetto di unità a sinistra che vede protagonisti Rifondazione, Comunisti Italiani e Socialismo 2000, attestarsi su percentuali tra il 6 e l'8%, ma ancora una volta non hanno permesso a livello nazionale di superare per le europee l'asticella del 4 per cento, ovvero la soglia, proditoriamente introdotta da PD e PDL, per poter avere una rappresentanza europea. Risultati analoghi hanno avuto le compagne ed i compagni di Sinistra e Libertà. Nelle regionali del mese scorso è andato in scena un copione non diverso, con le due formazioni della sinistra a sinistra del PD che addirittura arretrano rispetto al risultato delle europee, pur conseguendo in Umbria nel caso della Federazione un buon 6,9%, andando oltre il risultato delle europee, mentre SEL, orfana dei socialisti e di buona parte del voto “verde”, deve accontentarsi di un 3,4%. I due risultati sommati fanno, guarda caso, circa il 10 per cento. E siamo di nuovo lì, si torna a quella percentuale dopo anni di spaccature, divisioni. Non si fa un passo in avanti. Allora se è vero che innovazione ed unità sono le questioni che abbiamo di fronte perché non iniziare seriamente un percorso in questa direzione. Condividi