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''Volevo solo impaurirlo, non ucciderlo'': sono le poche parole che Giovanni Casini, 64 anni, ha detto alla polizia subito dopo essere stato arrestato per avere ucciso durante la notte scorsa in una casa famiglia di Foligno Vittorio Benedetti, sessantaduenne anche lui ospite della struttura, soffocandolo con una coperta. Entrambi sono risultati residenti in città e affetti da patologie psichiatriche. Casini ha anche riferito agli investigatori del commissariato - diretto da Bruno Antonini - di essere stato convinto che da qualche notte l'altro uomo lo colpiva alla testa durante il sonno. Circostanza che però non ha trovato conferma – secondo quanto si è appreso - nei primi accertamenti medici eseguiti. I due dormivano nella stessa stanza della casa famiglia (una struttura privata nella quale durante il giorno opera personale della Asl) insieme a un altro uomo e a una donna che non si sono accorti di nulla. Ieri sera il sessantaquattrenne - è stato riferito nel corso di una conferenza stampa al commissariato folignate - è rimasto sveglio dopo non avere preso le medicine che gli erano state prescritte. E' quindi salito a cavalcioni su Benedetti, coprendogli la testa con una coperta ''per spaventarlo''. Dopo qualche minuto, sembra una quindicina, Casini si è però accorto che l'altro uomo non respirava più ed era morto. Ha quindi preso una borsa e alcuni vestiti da un armadio e si è diretto verso il commissariato, chiamando nel frattempo il 113 al quale ha annunciato l'omicidio. E' stato subito raggiunto da una pattuglia che poi ha individuato il cadavere di Bendetti. Casini, che nel 2002 aveva danneggiato il proprio appartamento dandogli fuoco, è stato arrestato per omicidio aggravato dai futili motivi. ''Non rientra tra quelle gestite direttamente'' dall'Asl di Foligno ''caratterizzate da requisiti organizzativi ben precisi'' la casa famiglia nel centro della città dove è avvenuto l’omicidio. Lo ha sottolineato la stessa Azienda sanitaria. Riferendosi all'appartamento teatro del delitto, la Asl ha spiegato che si tratta di ''un appartamento in affitto in cui oltre all'affittuario, attraverso percorsi non sanitari, risiedevano altre tre persone seguite da molti anni dai servizi'' sanitari. ''Tali persone - ha spiegato ancora l'Azienda sanitaria - non sono né interdette, né inabilitate e la loro convivenza nell'appartamento è frutto di una volontà propria e nota ai rispettivi familiari. Nel corso di questi anni di convivenza non si sono mai verificati episodi di intolleranza né comportamenti inusuali, infatti, i due pazienti in questione hanno condiviso l'abitazione in una condizione di supporto vicendevole. Entrambi sono sempre stati seguiti dai nostri servizi come tutti gli altri pazienti che rientrano nel progetto di assistenza domiciliare. Infatti, secondo i protocolli, veniva somministrata loro la terapia farmacologica sempre monitorata, i pazienti venivano sottoposti - ha concluso la Asl - a controlli clinici periodici sullo stato di salute e usufruivano del supporto domiciliare''. Condividi