La prima cosa da salvare di questo calcio è la passione. Un elemento che però potrebbe anche essere la cura di questo calcio “malato” di troppa tv e non solo. Di questo e di tanto altro hanno parlato mercoledì pomeriggio Paolo Sollier (che ha anche presentato il suo ultimo libro, “Spogliatoio”), Remo Gasperini, Marcelo Zé Maria, il ds del Perugia Sandro Marcaccio, il difensore dei Grifoni Nicola Pagani, Walter Novellino, Alvaro Arcipreti, Gianpiero Molinari e Stefano Vinti durante la tavola rotonda organizzata da Umbrialeft dal titolo “Di questo calcio cosa salviamo?”. Il dibattito, moderato dal giornalista Mario Mariano, andrà in onda la prossima settimana su Umbria Tv durante la trasmissione "Punti di Vista".
LA PASSIONE DA SALVARE
Dopo lo splendido video a firma di Giuseppe Punzi, oltre dieci minuti che hanno abbracciato gli anni gloriosi della storia del Grifo, il ds Marcaccio con la schiettezza solita la mette giù più o meno così: “Secondo me – dice – il calcio attuale è in coma: spero solamente che non sia irreversibile”. Qualcosa di funzionante però nel corpaccione del football c’è rimasto ed è “il cuore: finché ci saranno tifosi in curva saremo vivi”. Certo le televisioni, con il calcio spalmato dalla colazione alla cena, hanno le loro colpe. Una volta però avviato il meccanismo come si sopravvive senza il rubinetto aperto delle tv? Secondo Marcaccio sopravvivere si può, l’importante è avere i piedi ben piantati a terra: “Ogni società – dice – deve spendere secondo le sue possibilità e avere nello staff gente preparata: solo in questo caso i risultati arrivano. Rispetto a quegli anni lì – dice Marcaccio – tutte le categorie del calcio sono peggiorate, dai tifosi ai presidenti. Per esempio non esistono più i tifosi presidenti. Anzi, ce ne sono alcuni che sono pericolosi per sé stessi e per le squadre che dirigono”.
Il cuore di tutto però rimane il tifo e la curva, che secondo Pagani rappresenta “il termometro delle nostre soddisfazioni: noi siamo solo gli attori, i protagonisti veri sono i tifosi. Noi possiamo solo entrare in casa loro e cercare di tenere viva la passione”.
Da salvare poi, secondo Sollier, c’è proprio il gioco, il gesto tecnico in sé e l’arcipelago costituito dal calcio minore, ossia “quelle centinaia di migliaia di persone che poi costituiscono il bacino del ‘grande’ calcio”.
UN PROBLEMA DI CULTURA SPORTIVA
Su questo punto sorgono tutta una serie di problemi, il primo dei quali è quello culturale e educativo al quale Sollier tiene in particolar modo. “Dirigenti e istruttori – dice Sollier – devono dare il messaggio giusto: vincere a tutti i costi, che è quello che la nostra società ci ripete tutti i giorni, non basta”. Il calcio dilettantistico poi “non può avere – spiega Sollier – atteggiamenti professionistici. Come è possibile pagare certe cifre in certe categorie? Il calcio dilettantistico di oggi è sovradimensionato, con squadre che vivono sopra le loro possibilità. Non vanno fatte follie: se poi allenatori, dirigenti e giocatori sono bravi allora i risultati arriveranno”. Il risultato a tutti i costi però non va cercato secondo Sollier. Questo calcio dovrebbe ripartire dal basso secondo l’ex Grifone. Un esempio perfetto è quello rappresentato dal Perugia dei miracoli: “Quei risultati – conclude Sollier – sono stati possibili perché si è costruita una squadra dal basso e con i piedi per terra”. Il problema però, come torna a ripetere Sollier, è culturale. Sfornare regole o regoline a ripetizione serve a poco: “Qui – dice – occorrono anni di pratiche diverse”.
Una di queste pratiche sarebbe quella, come dice Novellino, di tornare a puntare sui settori giovanili, su dirigenti e allenatori “che sappiano educare” e su un aiuto alle squadre più “povere” versato dagli organi dirigenti del calcio. “C’è infatti – sottolinea Vinti – una gestione della politica calcistica che non funziona, di politiche mai arrivate a compimento. Il problema vero è la gestione della Federazione, del Coni e della Lega. Sul lato tecnico e tattico invece il modello Repace rappresenta la fine del calcio dilettantistico, che diventa semplice estensione di quello professionistico”.
INFORMAZIONE E DINTORNI
Sul piatto poi c’è anche la questione dell’informazione. Con il dilagare del calcio a tutte le ore e delle trasmissioni di commento più o meno faziose e più o meno attendibili sul piano della professionalità. Uno come Alvaro Arcipreti ad esempio se la prende con l’eccessiva attenzione data dalle tv locali a campionati come quello dell’Eccellenza: “Ad esso – dice Arcipreti – è stato dato un risalto simile a quella della Serie A”. Per Vinti invece “la polemica è il sale essenziale di questo sport”. Il tema informazione poi fa mettere subito mano alla pistola al ds Marcaccio, uno che ha il dente avvelenato con una parte della stampa. Il match con Gasperini quindi (presidente dell’Unione stampa sportiva) si accende alla svelta: “Tu – dice Gasperini a Marcaccio – devi saper accettare le critiche”. “Va bene – risponde Marcaccio – ma se qualcuno mi dice che sono un’incompetente quel giornalista deve poi accettare che io gli risponda che per me è lui un incompetente. La critica deve essere libera da tutte e due le parti”.
Tutti, è stato poi detto alla fine, dovrebbero fare un passo indietro e lasciar andare il “calcio dei miliardari” verso il suo destino “cercando di recuperare – dice Remo Gasperini – quello più vicino ai paesi e alla gente”. E’ quello che chiede anche Luciano Ghirga, L’Avvocato per eccellenza nonché ex presidente del Perugia: “Stiamo tutti vicino a questi giocatori. E’ vero che per riacquistare dignità bisogna riagganciare il prima possibile almeno la B, ma non è detto che queste categorie superiori ci spettino di diritto. Facciamo tutti un bagno di umiltà senza però dimenticare che il calcio non è solo passione. E’ cosa più complessa di un gioco: è settori giovanili, è bilanci, è entrate, è modalità di pagamenti”.
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