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La crisi che attraversa l’Italia è prima di tutto “una crisi dei diritti, di una profondità e di una gravità senza precedenti”. Parte da quest’assunto l’analisi della Cgil dell’Umbria sintetizzata nella relazione introduttiva a cura della segreteria regionale con cui si è aperto oggi (18 marzo) l’undicesimo congresso della Cgil Umbria. Due giorni di dibattito e confronto al Jazz Hotel Giò di Perugia cui partecipano oltre 400 delegati e che verranno conclusi dalla segretaria confederale di Corso Italia Paola Agnello Modica. La Cgil regionale parte dai grandi temi: difesa della democrazia, vera uguaglianza, distribuzione più equa della ricchezza, pace, solidarietà. Valori che il sindacato vede in questo momento fortemente a repentaglio. “Dobbiamo essere consapevoli – si legge nella relazione - che siamo di fronte a un periodo della nostra storia, a un sentire collettivo diffuso che osteggiano un senso civico, rispettoso dei beni pubblici e della legalità”. Dunque non solo recessione economica, ma una crisi che potremmo definire “di civilità”. Resta tuttavia assolutamente preoccupante il quadro disegnato dai numeri sull’occupazione diffusi dalla Cgil: nel primo bimestre di quest’anno in Umbria si sono consumate oltre 870.000 ore di cassa integrazione ordinaria e oltre 950.000 di cassa straordinaria, con un incremento rispetto allo stesso periodo del 2009 del 103 per cento. I lavoratori coinvolti sono 11.400, e questo senza tenere in considerazione la cassa in deroga che, in una regione con una dimensione d’impresa molta ridotta, è estremamente diffusa. “Il nostro sistema manifatturiero, è destinato a seguire, più nella cattiva sorte che nella buona, quelli che sono gli andamenti dei grandi comparti nazionali”, spiega ancora il sindacato. “Basta vedere quello che sta avvenendo nella chimica a Terni e, in particolare, alla Basell. Non si tratta di qualcosa di diverso rispetto a quello che, purtroppo in negativo, accade nel paese in quel settore assolutamente strategico del manifatturiero avanzato”. Considerazioni analoghe possono essere fatte per l'automotive, il cartotecnico, l’edilizia e costruzioni, la ceramica, settori da sempre portanti dell’economia regionale. Anche la vicenda della Antonio Merloni, che mette a repentaglio oltre 3mila posti di lavoro, è emblematica per la Cgil, perché “oltre a un serio deficit di capacità imprenditoriale, mette a nudo la mancanza di una strategia nazionale d’innovazione adeguata alla nuova fase di competizione globale”. Basell, Merloni sono le rappresentazioni più conosciute della crisi, ma purtroppo il sindacato ricorda che “ce ne sono molte altre che non riescono ad avere la stessa visibilità pur essendo altrettanto gravi, sia nel settore privato sia in quello pubblico”. Per la Cgil, questo territorio sconta dei limiti importanti: tasso di lavoro precario, deficit di produttività, salari e pensioni più bassi di quelli del Centro Nord con un ulteriore aggravamento per le donne, frammentazione delle imprese, carenze infrastrutturali. Ma l’Umbria, regione di piccola dimensione, resta secondo la Cgil “segnata dalla condizione del paese”. Senza una sponda nazionale, quindi, “non è possibile - conclude il sindacato - che nascano eccellenze capaci fare sistema e che siano in grado di trainare complessivamente l’asse di sviluppo di una realtà regionale”. Condividi