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Continua ad aumentare, nella diocesi di Perugia-Città della Pieve (come nelle altre sette della regione) il numero delle domande presentate dalle famiglie in difficoltà per accedere all'aiuto economico del ''Fondo di solidarietà delle Chiese umbre''. La Commissione diocesana perugina del Fondo ha accolto 170 domande in poco meno di sette mesi (agosto 2009-marzo 2010). Prima che questo diventasse operativo, nel luglio scorso, la somma di denaro raccolta in tutta l'Umbria per alimentarlo ammontava ad oltre un milione e 320 mila euro (frutto della generosità di tante persone, istituzioni bancarie e politiche, realtà imprenditoriali e del mondo del lavoro). In tutta la regione, a fine febbraio - riferisce una nota della Caritas diocesana di Perugia - le domande di aiuto accolte dalle otto Commissioni diocesane sono state 432 per un totale di 915 mila euro impegnati, pari a più dei 2/3 della disponibilità iniziale. Oggi il Fondo sta per entrare in ''riserva'', in quanto i suoi beneficiari sono stati più del previsto, tantoché l'ipotizzata durata di due anni della sua operatività difficilmente potrà essere rispettata. A sostenere una nuova campagna di sensibilizzazione verso questa iniziativa delle Chiese umbre sono, innanzitutto, i vescovi che l'hanno promossa nella scorsa primavera, gli operatori delle Caritas, i componenti delle Commissioni diocesane del Fondo ed i parroci, ai quali giungono mensilmente (come prevede il regolamento) le somme di denaro da consegnare alle famiglie beneficiarie dell'aiuto economico. ''La mia grande meraviglia - ha affermato, fra gli altri, don Stefano Orsini, parroco di Magione - è stata quando ho ricevuto i primi due assegni per aiutare due famiglie. Ho visto la sollecitudine concreta della nostra Chiesa verso le persone in difficoltà. Far passare questo aiuto attraverso i parroci, ma ci permette di avere un contatto umano con le persone, non limitato all'elargizione di denaro''. ''Abbiamo sperimentato che questo tipo di aiuto è molto positivo - ha invece commentato il parroco di Ponte San Giovanni, don Paolo Giulietti - perché permette alle famiglie di avere un'entrata stabile per un anno anche se non cospicua, che consente di affrontare con una relativa sicurezza i momenti di emergenza. In alcuni casi questo contributo ha permesso al genitore di traghettare la propria famiglia da una fase di incertezza, causata dalla perdita del lavoro, ad una di relativa stabilità fino al momento in cui ha trovato un nuovo impiego''. Condividi