Gianluca Rossi
Quella di ieri a Roma è stata una giornata importante per la chimica ed il territorio ternano. Il Ministero dello Sviluppo Economico ha ribadito ai rappresentanti della Lyondell Basell, purtroppo ancora fermi nelle loro posizioni relative alla chiusura del sito, la decisione di mantenere aperto permanentemente il Tavolo di discussione nazionale sulla vertenza ed ha richiesto la presentazione di soluzioni alternative fra 15 giorni.
Anche la questione “Terni Chimica”, esaminata in un’altra riunione, sembra incanalarsi verso una direzione risolutiva, con la multinazionale norvegese Yara costretta a valutare velocemente le offerte di Terni Research e Seteco ed una loro possibile coabitazione.
Ci sarà comunque bisogno della più larga unità di tutti i soggetti istituzionali e le forze vive della società regionale per salvaguardare i lavoratori, le loro famiglie e l’intera economia locale. Non possiamo permetterci di abbassare l’attenzione sulla vertenza, sul percorso imbastito e sulla qualità delle proposte in campo. E’ una questione prioritaria sia per Terni che per la “chimica nazionale”.
Non vi è dubbio che urge in primis definire una nuova stagione per le politiche industriali italiane (che però il governo di centrodestra stenta a mettere in campo) e poi una riflessione sull’opportunità di costruire una normativa regionale che regoli il rapporto tra multinazionali e territorio.
Allo stesso tempo però non possiamo non interrogarci in fretta sulla strumentazione in campo per irrobustire la struttura economica regionale. Le sfide che la globalizzazione impone non solo all’Umbria necessitno una solida armatura per essere combattute: ogni livello di governo può metterci del suo, consapevole ahimè dell’impossibilità di avventurarsi solitari in crociate così complesse.
Non si può e non si deve arrivare sempre al momento dell’emergenza, dove il rischio è quello di sacrificare sul (seppur sacrosanto) altare della contingenza e del “simbolico” la visione di insieme dello sviluppo di una comunità.
La capacità di progettare, di tenere la rotta del nostro sviluppo, di organizzare la governance territoriale secondo gli obiettivi da raggiungere anche in momenti di crisi dovranno innervare l’azione della prossima giunta regionale.
In particolare penso alla necessità di costruire interventi e misure in grado di fidelizzare le multinazionali esistenti, rendere attrattivo il nostro territorio per centri di ricerca e sviluppo innovativi, elaborare misure di formazione, accompagnamento e ammortizzatori per i lavoratori da riposizionare.
Sull’esempio della Regione Piemonte (prima ed unica in Italia) si potrebbe creare una legge regionale per sostenere e finanziare lo sviluppo e l’internazionalizzazione attraverso l’attrazione di investimenti diretti esteri nei settori ad esempio dell’ “economia verde” costruendo uno strumento di negoziazione esclusivo della Regione per assistere l’insediamento di imprese estere e provenienti da altre regioni italiane che garantisca certezza dei tempi d’insediamento e sostegno finanziario.
Avverto la forte necessità di un protagonismo delle idee delle nostre classi dirigenti politiche e delle forze sociali regionali.
Dobbiamo ragionare su come intercettare e guidare, senza esserne succubi, investimenti nei campi che riteniamo essere strategici, sia del tipo “greenfield” (creazione ex novo di attività produttive) che “brownfield” (processi di fusione aziendale o nell’acquisizione di strutture già esistenti); è necessario incentivare l’arrivo di fondi di private equity e di venture capitalists per finanziare l’avvio di nuove imprese high tech e la diversificazione di quelle pre-esistenti.
Agenzie regionali come Gepafin e Sviluppumbria, il Centro per la promozione della internazionalizzazione delle imprese umbre - Centro estero Umbria' e gli istituti bancari maggiormente radicati sul territorio costituiscono gli interlocutori privilegiati su cui puntare di un disegno ambizioso al servizio della nostra Regione.
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