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di Anna Maria Bruni Ci sono giorni in cui i nodi vengono al pettine. Ieri è stato uno di quelli. Dopo la conclusione delle assemblee congressuali che ha dato vincente la mozione 2 nella categoria delle tute blu della Cgil con quasi il 75% dei voti, la questione della battaglia per la democrazia, della Cgil e nella Cgil, diventa il nodo del congresso nazionale Fiom, e la scelta del successore di Rinaldini chiarirà se la Fiom, forte di un risultato in linea con la maggioranza della segreteria, intende portare la sua battaglia fino in fondo dentro la Cgil, o sceglierà di rientrare nei ranghi. Le ricadute che questa scelta avrà sul congresso nazionale Cgil sono cruciali, tanto più dopo che altre due categorie, la Funzione pubblica e la Fisac, rappresentate nella “Cgil che vogliamo” dai loro segretari Podda e Moccia, hanno scelto a maggioranza la mozione Epifani. E forse non è un caso che ieri ben tre dirigenti della segreteria Fiom abbiano parlato attraverso la carta stampata. Giorgio Cremaschi, segretario nazionale Fiom e leader della Rete28aprile, dalle pagine di “Liberazione”, chiarisce il tema del congresso, nel quale si candida a succedere a Rinaldini. “Penso che abbiamo avuto un mandato – dice Cremaschi, sulla base dei voti presi dalla mozione – non per sistemare un po’ di posti ma per fare una battaglia politica duratura dentro la Cgil. E’ la crisi stessa che lo impone”. Il segretario Fiom riconosce il complesso dei risultati dei congressi di base – tolti i voti in discussione, va da sé – ma insiste sul punto iniziale che ha mosso la scelta di proporre una mozione contrapposta. E lo fa forte della larga maggioranza che la mozione 2 ha riscosso in Fiom. E’ il riconoscimento di una coerenza fra le parole d’ordine e le battaglie messe in campo che fino ad oggi ha permesso di costruire una categoria unita e forte, capace di lottare fino in fondo per i propri diritti. “La Fiom – sostiene Cremaschi - deve farsi carico di essere l’architrave dell’area del dissenso in Cgil”, dal momento che all’interno c’è una maggioranza diversa da quella del sindacato confederale. “Questo – continua il leader sindacale – apre una dialettica nuova che non può più essere solo quella tra strutture, ma tra pratiche e linee sindacali”. E qui è il punto, che Fausto Durante, dalle pagine de “l’Unità”, vede invece in un’ottica opposta. Il sindacato delle tute blu, secondo il segretario nazionale che in Fiom rappresenta la minoranza, deve ritrovare “una collocazione in linea con la Cgil”, perché non “è tollerabile una Fiom in netta opposizione”. E’ così che i due segretari mettono sul piatto il tema del prossimo congresso nazionale Fiom, che si terrà dal 14 al 16 aprile. Per Fausto Durante, “come rientrare nella politica generale della Cgil”, per Giorgio Cremaschi, come diventare il ‘polo d’attrazione’ della battaglia di cui ha bisogno il paese. Coadiuvati, secondo il dirigente sindacale, dalla possibilità che la mozione due si costituisca in area programmatica all’interno della Cgil, spostando così l’asse della discussione dalle questioni di categoria alle pratiche e le linee sindacali. “Il punto è che la Fiom – prosegue Cremaschi – deve scegliere se continuare fino in fondo sulla base della posizione che si è affermata come maggioranza o accetta, anche senza dirlo, di rientrare nei ranghi”. Una battaglia di cui si gioverebbe la stessa Cgil, e di cui il paese ha estremo bisogno, sostiene il numero due della Fiom, e di cui come segretario generale, si fa garante. Quella stessa battaglia che Durante è pronto a liquidare insieme a chi la rappresenta: “ali estreme”, che vanno “isolate”, chiarendo così definitivamente quale, secondo la linea ‘Epifani’, debba essere il profilo del sindacato che esce dal congresso. Quello della Cgil, e prima ancora, quello della Fiom. Ed è dalle colonne del “manifesto” che parla invece il segretario generale Rinaldini. Dopo aver candidato Maurizio Landini, altro segretario nazionale e responsabile dell’ufficio politico, alla sua successione dalle pagine del Corriere della Sera di lunedì scorso, ieri, all’interno di un’intervista incentrata sullo sciopero del 12, fa un solo accenno al congresso Cgil, per dire che la democratizzazione del sindacato confederale è un tema che deve essere affrontato dal congresso, stante il risultato delle votazioni. Una formula che Rinaldini sta ripetendo da tempo, che rimanda a una fatidica discussione finale su un tema cruciale, che la Fiom ha affrontato con ben altra pratica sindacale. Insomma, comincia a suonare come la politica dei due tempi che, affiancata dal suo silenzio sulla candidatura di Cremaschi, è il segnale che non si sta traducendo nella necessità di estendere e mantenere aperta all’interno della Cgil una battaglia per la democrazia. E si sta avvicinando il passaggio definitivo. Nel quale o la Cgil assorbirà definitivamente l’idea, cara al governo e che sta segnando questo passaggio storico, di una ‘democrazia’ praticata a colpi di maggioranza, o sfonderà definitivamente la strada più dura e complessa della dialettica interna. Della prima soluzione abbiamo già molti riscontri. Ultimo il capitolato lavoro col quale si aggira l’articolo 18, che la Cgil è costretta a mettere in primo piano nello sciopero di venerdì prossimo, dopo aver taciuto quando era il momento di scendere in piazza. Ancora non basta? Condividi