Sì, ha ragione Pierluigi Bersani, il segretario del Pd, quando afferma che “il trucco c’è e si vede”. Il decreto-vergogna approvato dal Consiglio dei ministri, dicono trionfanti i cortigiani di Berlusconi, non cambia la legge elettorale quindi Napolitano non dovrebbe avere problemi a firmare.
Per quanto se ne sa, allo stato, leggendo le agenzie, pensiamo che il Capo dello Stato troverà molte difficoltà a definire “interpretativo” quel decreto, nel caso in cui , non ce lo auguriamo, per lui e per il paese, dovesse apporre la sua firma, come è avvenuto. Un fatto molto grave, riteniamo, un incomprensibile strappo in un tessuto sociale e politico reso sempre più fragile dagli attacchi portati da chi governa alle istituzioni democratiche. Certo è un decreto, perché c’è l’urgenza, non si può perdere altro tempo.
No al decreto, c’è il trucco e si vede
Allora dove sta il “trucco” di cui parla Bersani e che conferma ancora una volta il no al decreto “studiato” dagli uffici di Palazzo Chigi e mandato in onda da ministri che sempre più sono dediti al gioco delle tre carte come i “mariuoli” più smaliziati? Semplice. Lo dice lo stesso Maroni e, se lo dice lui che è il ministro che deve vigilare sul buon andamento delle elezioni c’è da crederci.
Lui, infatti, che sempre più ci richiama alla famosa volpe che doveva vigilare sulla incolumità delle galline; lui che era stato, fin al primo momento, uno che aveva alzato le barricate respingendo l’eventualità di qualsiasi decreto, dice: “Nessuna modifica alla legge elettorale. Abbiamo dato un'interpretazione per consentire al Tar di dare applicazione alla legge in modo corretto”.
Vediamo, in sintesi, i punti chiave del decreto: si prevede che nel valutare i termini di presentazione delle liste ci si basi anche sul fatto che con qualsiasi mezzo si possa dimostrare di essere stati presenti nel luogo di consegna nei termini stabiliti dalla legge. Il secondo punto parla di documentazione che può essere verificata anche in un secondo momento, per la parte che attiene ai timbri e alle vidimazioni. Il terzo punto prevede che possano ricorrere al Tar le liste non ammesse, mentre per le liste ammesse sulle quali è stato fatto ricorso ci si può rivolgere al Tar solo dopo il voto. I primi due punti consentono di aggirare le irregolarità per la lista Pdl nel Lazio e per quella Formigoni in Lombardia.
Dettata al Tar la falsa riga per le sentenze
Capito? Si è data una interpretazione, appunto, sgombrando il campo da quelli che la destra al governo ha chiamato “formalismi giuridici” e che sono invece le regole che tutti devono rispettare. Non essendoci più le regole, va bene tutto. Il Tar è “costretto”, si può dire, ad ammettere le liste di Formigoni e Polverini. Il governo ha di fatto dettato la falsa riga in base alla quale il Tar dovrà scrivere la sentenza. Nel Lazio, per esempio, la lista non è stata presentata? No, è un formalismo giuridico. Basta lasciarle in un pacco per terra, basta che chi le deve presentare sia stato avvistato nelle stanze della commissione elettorale e poi anche se va a mangiare un panino è tutto ok. Infondo cosa importa? Niente, ci pensa il Consiglio dei ministri.
Le elezioni del panino
Ci verrebbe da dire che queste saranno ricordate come le “elezioni del panino” se la cosa non fosse di una gravità eccezionale, segnando una fra le giornate più nere della nostra storia. Nere, come il lugubre colore del fascismo. “Procedure stravolte”, dice il senatore del Pd, Ignazio Marino, tanto che cambia profondamente il quadro della legge. Altro che interpretativo!
Il governo ha usato violenza a leggi come quelle elettorali che, dice Giustizia e Libertà, “in regime di democrazia sono le più sacre e intoccabili” per parlare poi di “un passo avanti verso un regime dell’arbitrio”. Vengono richiamate una legge che vieta al governo di prendere misure come quelle contenute nel decreto e la stessa Costituzione. Si tratta di una legge del 1988 sul potere normativo del governo. L’articolo 15 secondo comma, della legge n.400 del 23 agosto, stabilisce infatti che il governo non può provvedere nelle materie indicate nell’articolo 72, quarto comma della Costituzione (materia costituzionale e elettorale). Il comma citato recita: “La procedura normale di esame e di approvazione diretta da parte della Camera è sempre adottata per i disegni di legge in materia costituzionale ed elettorale e per quelli di delegazione legislativa, di autorizzazione a ratificare trattati internazionali, di approvazione di bilanci e consuntivi".
Di Pietro: scenderemo in piazza con tutta l’opposizione
Le reazioni del Pd e dell’Italia dei Valori sono state immediate, così come quelle di Sinistra Ecologia e Libertà, con dure dichiarazioni di Mussi, della Federazione della sinistra e dei Radicali italiani.
Bersani ha pronunciato un netto no al decreto avvertendo: “Il centrodestra non si azzardi a parlare di complotti e a scaricare il problema” e abbia “l'umiltà di riconoscere che questo pasticcio non gli deriva da incuria ma da loro divisioni”. Ribadisce così la necessità del rispetto delle regole: "C'è una parola in questo paese che bisogna affermare e ripristinare: si chiama regole". Dal comitato elettorale di Emma Bonino, si parla di “Una delle pagine più vergognose della storia del Paese dal punto di vista giuridico. Non ci sono parole. Non ci sono situazioni che possono autorizzare un governo a emettere norme palesemente illegali”.
Infine, per Antonio Di Pietro: “Non si tratta di interpretazione, ma di un palese abuso di potere che in uno Stato di diritto andrebbe bloccato con l'intervento delle forze armate al fine di fermare il dittatore. Noi ci appelleremo alla società civile e scenderemo in piazza con una grande manifestazione di protesta civile e democratica”.
Saturday
06/03/10
18:51