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Giudichiamo molto positivo il voto che ha portato il comune di Perugia ad approvare un provvedimento che istituisce nel capoluogo umbro un registro per il cosiddetto testamento biologico. Il testamento biologico è un documento legale che permette di indicare in anticipo i trattamenti medici che ciascuno intende ricevere o rifiutare in caso di incapacità mentale, di incoscienza o di altre cause che impediscano di comunicare direttamente e in modo consapevole con il proprio medico. Crediamo che su un tema come quello del fine-vita, che interviene in maniera profonda nella sfera delle libertà individuali, il compito dello Stato, delle istituzioni e della legge dovrebbe essere quello di mettere ogni cittadino in condizione di scegliere in maniera consapevole e informata scevra da ogni condizionamento. Ma casi come quello di Welby, Nuvoli e Eluana Inglaro hanno evidenziato come riguardo a un tema così delicato ci siano ingerenze e condizionamenti che finiscono per stridere con l’inviolabilità personale sancita dall’art. 13 e con la norma che sancisce che nessuno possa essere obbligato a trattamenti sanitari (art. 32) della Costituzione. Negli Usa il testamento biologico con la denominazione di “Living will”, è stato introdotto per legge nel 1991. Nel nostro Paese le ingerenze vaticane, come testimoniano le richieste della CEI, cercano di imporre una morale di parte che afferma che l’idratazione e l’alimentazione forzata non debbano essere considerate come terapie mediche, quindi rifiutabili, ma come cure del malato e quindi esenti dalla direttiva anticipata di fine vita. E trovano un ascolto consistente nelle forze parlamentari. Bene ha fatto Perugia, dunque, come tanti municipi del nostro Paese, ha istituire il registro del testamento biologico. E il Pd, che a Perugia, è stato attivo promotore dell’iniziativa, dovrebbe farlo anche in parlamento. Come Rifondazione comunista ci batteremo perché anche la Regione Umbria, visto le competenze che le affida il titolo V della Costituzione in materia sanitaria, adotti un Registro provvisorio regionale delle dichiarazioni anticipate sui trattamenti sanitari e perché le Asl dell’Umbria possano dotarsi degli strumenti necessari per raccogliere le dichiarazioni tra i cittadini umbri. Condividi