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Su il sipario e al teatro Brecht di San Sisto, il set scelto dal Pd umbro per l'assemblea regionale di ieri mattina, va in scena la piece relativa alle alleanze e alla formazione della lista e del listino. Paolo Baiardini e Maurizio Salari, i due membri della segreteria regionale dimessisi venerdì, passano la mattinata a prendere appunti. Il bombardamento sul quartier generale lo lasciano per l'ora di pranzo. Un quartier generale che per la verità non è sembrato particolarmente scosso da questa ennesima crepa apparsa sulla struttura democratica. Tanto che il segretario, nella sua già breve relazione introduttiva, liquida la questione con poche parole: "Ci dispiace ma andiamo avanti con il nostro progetto". E allora via con il progetto. Con la discesa in campo di Paola Binetti, la ex teodem del Pd a cui l'Udc ha offerto la candidatura alla presidenza della regione, molte castagne sono state tolte dal camino della coalizione: "La coalizione è quella solita - scandisce Bottini dal palco - e mercoledì terremo la prima riunione". Non che l'accordo con l'Udc non si sarebbe fatto, però "non abbiamo trovato punti di contatto". Fuori dal teatro Brecht c'è un Maurizio Rosi in grande spolvero che ad un capannello di persone illustra meglio il concetto: "Per esempio coi Comunisti italiani non ci si può governare. Non è che sono cattivi eh, per carità, è che hanno una visione antiquata". Insomma, i bambini non li mangiano più ma i cabbasisi, come dice Montalbano, li continuano a rompere comunque. Sui criteri per la composizione delle liste invece il segretario Bottini è abbastanza chiaro. Di nomi pubblicamente non se ne fanno ma nelle decine di capannelli ognuno dei papabili tenta di capire quante fiches ha da mettere sul piatto: "Radicamento territoriale ed equilibrio - dice Bottini - sono questioni da tenere in grande considerazione". E dopo aver dato il via libera a quelli che sono alla prima legislatura Bottini ammonisce che "bisogna evitare situazioni laceranti: prima di pensare all'interesse dei singoli bisogna pensare a quello del partito e della regione". Il sindaco di Perugia Boccali invece prima di scappare dall'assemblea ("vado a sposare la figlia di un dipendente comunale"), ricorda come non sarebbe un bello spettacolo quello "di una classe dirigente tutta intenta a riposizionarsi. Evitiamo ulteriori tensioni". C'è anche chi poi, come Margherita Banella, fa un appello con il cuore in mano a quella classe dirigente che distrattamente è in ascolto: "Cerchiamo di fare bene le cose: pensate a noi che andiamo nelle case a chiedere i voti". Della serie, vi prego non fateci vergognare. Ma ad essere indigesto a molti delegati è l'affaire listino: non la composizione di esso ma proprio il sistema in sé. "E' - dice per esempio il bastiolo Lunghi - la strada peggiore per garantire la rappresentatività". E dopo vari interventi contro il treno dei desideri che porta dritti in consiglio sale sul palco un delegato ternano che chiude la questione: "Il listino è il punto di mediazione che si è dovuto trovare con i piccoli partiti". Gianluca Rossi, il capogruppo che ha gestito il dossier legge elettorale nel corso dei mesi, annuisce soddisfatto. Ornella Bellini invece è agguerritissima: "Io nutro forti riserve sul modo con cui si stanno costruendo le liste. Evitiamo di fare liste deboli per inseguire i territori e le 'sensibilità'. Non riduciamo questo partito ad un elettoralificio". Condividi