1. La crisi che sta attraversando l'economia mondiale, amplificata dalla dimensione abnorme assunta dalla finanza, ha le sue radici profonde nell'economia reale, a partire da una situazione di bassi salari, risultato di un progressivo spostamento delle risorse dal lavoro alla rendita e al profitto, di precarizzazione del lavoro, di privatizzazione degli istituti dello stato sociale. Se si vuole evitare che la crisi lasci una pesante eredità di disoccupazione di massa ed un aumento esponenziale della povertà è necessario un cambio radicale delle politiche economiche, che, all'interno di un diverso modello di sviluppo, privilegino la produzione di beni fruibili collettivamente, difendano l'ambiente e abbiano al centro la valorizzazione del lavoro umano. 2. Di fronte all'incalzare della crisi, mentre tutti i governi dei paesi occidentali hanno mobilitato risorse per investimenti pubblici dell'ordine tra i 3 ed i 5 punti percentuali di PIL, l'azione del governo italiano di centro-destra si è caratterizzata, al di là dei proclami e degli inviti all'ottimismo, per un assoluto immobilismo, ,un'assenza di progetto per il paese. E' falsa la tesi secondo cui l'Italia è il paese che meglio di altri ha affrontato la crisi ed è ancora più falso parlare della crisi al passato, come fa il governo; che la crisi sia ancora in atto lo testimoniano le decine di aziende che chiudono, gli oltre 2 milioni di persone in cerca di lavoro, le decine di migliaia di lavoratori in cassa integrazione o in mobilità. 3. Per rispondere alla crisi, i cui effetti continueranno a farsi pesantemente sentire nei prossimi anni, si rende necessario l'avvio di un piano di interventi mirati per lavoratori, famiglie e piccole imprese, che preveda l'introduzione di un sistema universale di protezione sociale che interessi tutti i lavoratori con rapporto di lavoro dipendente e/o parasubordinato di qualsiasi natura e durata e di un salario sociale per tutti coloro che perdono un lavoro, una riduzione fiscale per i redditi medio bassi, il ripristino dei sistemi di controllo e di lotta all'evasione ed elusione fiscale, investimenti in ricerca ed innovazione. Le Regioni, che in forza della riforma del Titolo V della Costituzioni, sono titolari di ampi, ed in alcuni casi, esclusi poteri di intervento, possono e devono svolgere in questo contesto un ruolo determinante. 4. Nel corso di questi ultimi cinque anni, sotto l'incalzare della crisi, l'azione riformatrice della Regione Umbria in campo economico ha conosciuto una battuta d'arresto, lo stesso strumento del Patto per lo sviluppo, ha operato principalmente sul versante della concertazione e della costruzione di consenso, ma ha finito con il rimanere prigioniero di pratiche consociative senza riuscire ad esprimere e trasmettere alla società umbra e all’economia in particolare, quella spinta all’innovazione,, indispensabile per superare quei ritardi strutturali che da anni pesano sul sistema economico umbro e, nonostante gli sforzi compiuti, continuano a permanere, costituendo una non secondaria ipoteca per il futuro dell'Umbria. Si tratta nodi irrisolti del passato, conseguenza di un modello di sviluppo eccessivamente schiacciato sul ciclo delle costruzioni e caratterizzato da un insieme di piccole imprese manifatturiere, che stenta a sviluppare relazioni sistemiche, con produzioni prevalentemente orientate al mercato dei consumi, in molti casi in subfornitura, e con basso livello di internazionalizzazione e di investimenti in innovazione e ricerca. Ridare nuovo slancio all'azione riformatrice della Regione, in un quadro di avvio di una nuova stagione della programmazione regionale, combattere gli effetti sociali devastanti della crisi, avviare processi di innovazione e modernizzazione del sistema economico produttivo, impegnarsi in politiche che abbiano come obiettivo la redistribuzione del reddito, questi gli assi su cui incardinare l'azione del governo regionale nei prossimi cinque anni, tenendo presente che il cumularsi di effetti della crisi e provvedimenti del governo, come l'avvio del Federalismo fiscale, mettono in seria discussione la sostenibilità di un modello sociale e di welfare, quale quello costruito in Umbria, chiamato oggi, più di prima, a svolgere un ruolo centrale nell'attrezzare risposte per le fasce più colpite dalla crisi. 5. Prima di tutto il Lavoro. Prioritario deve essere l'impegno per sostenere l'occupazione, e a tale fine è necessario che la nuova Giunta regionale tra i suoi primi atti avvii le procedure per la realizzazione di un Piano regionale del Lavoro inteso come vero e proprio programma multisettoriale, che preveda una reimpostazione del complesso degli interventi regionali, finalizzandoli alla priorità occupazione. In concreto si tratta di operare in due direzioni: da un lato, razionalizzare e, ove possibile, amplificare gli impatti occupazionali derivanti da interventi di politica regionale già in corso o programmati, dall'altro, mettere a punto azioni aggiuntive, con caratteristiche esemplari, sia in termini di spesa che di assetti regolatori. Ciò implica uno stretto intreccio con le più generali politiche di sostegno alle attività produttive, al cui interno la finalità occupazione deve sempre più assumere una valenza strategica, ma anche una capacità di individuare domande nuove o già esistenti, intervenendo, in modo particolare, in quei settori a redditività differita, nei quali si può concentrare l'innovazione: settori capaci di rispondere a nuovi bisogni della popolazione, incrementando la domanda interna non solo quantitativamente ma anche, e sopratutto, qualitativamente, e, per questa via, costituendo opportunità di lavoro nuovo e qualificato, di buona occupazione. A tal fine andranno rivisti e ricontratti con l'Unione europea i piani operativi relativi ai Fondi Comunitari, tenendo presente che gli indirizzi generali di questi piani sono stati tutti impostati in periodi pre crisi. Sempre all'interno del Piano regionale per l'occupazione dovrà essere previsto l'attivazione di uno specifico fondo di rotazione per il finanziamento di interventi di trasmissione della proprietà delle imprese in crisi ai lavoratori dipendenti che decidano di proseguirne l’attività organizzandosi in cooperativa. Così come, utilizzando anche risorse europee, dovrà essere istituito un apposito fondo per il sostegno dei contratti di solidarietà e rifinanziata, con gli opportuni aggiustamenti, la legge regionale per l'imprenditoria giovanile. Per il finanziamento di nuovi interventi per il lavoro, vanno previsti 20 milioni di euro l'anno. 6. Sempre sul versante del contrasto alla disoccupazione e all'emarginazione sociale va immediatamente istituito, riprendendo la proposta di legge sulla quale il Consiglio regionale aveva già avviato la discussione, il reddito sociale, misura di carattere universalistico che preveda l'erogazione di un assegno pari a 7.000 euro l'anno o l'equivalente in servizi o riduzione di tributi e tariffe, a tutti coloro che hanno perso un lavoro, di qualsiasi natura esso sia, o siano in cerca di una prima occupazione, e che, comunque, nell'anno precedente non abbiamo percepito un reddito personale superiore agli 8.000 euro e non siano titolari di trattamenti pensionistici. Per tale finalità vanno stanziati a regime 10 milioni di euro l'anno. Inoltre al fine di difendere il potere d'acquisto dei redditi più bassi, riprendendo indicazioni contenute nella Finanziaria 2008, dovrà essere previsto un apposito intervento legislativo regionale per il riconoscimento ed il sostegno alla costituzione dei Gruppi di Acquisto Solidale (GAS) e la diffusione dei mercati di prodotti a km. zero. 8. Il superamento della precarizzazione dei rapporti di lavoro, introdotta con la legge 30 ed i decreti di attuazione che hanno codificato oltre 40 forme di contratti di lavoro, va perseguito chiedendo che la Regione dell'Umbria, assieme alle altre regioni dell'Italia mediana, si faccia promotrice di un disegno di legge, da far approvare dai rispettivi Consigli regionali, di superamento della L.30 che punti alla ricomposizione del mondo del lavoro che i processi di ristrutturazione hanno frammentato. 9. Per uscire in avanti dalla crisi ed avviare i necessari processi di innovazione e modernizzazione del sistema economico produttivo, un ruolo strategico assumono l'attivazione di politiche pubbliche che, privilegiando interventi di sistema, siano in grado di attuare un cambiamento del modello di specializzazione produttiva, in grado di agganciare i vettori produttivi e di servizi a più alto contenuto di conoscenza. Gli assi attorno a cui organizzare queste nuove politiche non possono che essere la ricerca e sviluppo, il sostegno all’internazionalizzazione, la formazione, il sostegno ai poli di eccellenza. Attorno a questi assi va ricostruita e ripensata la strumentazione regionale a supporto dello sviluppo (il cosiddetto sistema delle Agenzie), e razionalizzata e portata a sistema la presenza a livello regionale dei numerosi poli di alta formazione, riorganizzando il complessivo sistema scolastico, formativo ed universitario. 10. Un progressivo mutamento del modello di specializzazione produttiva implica una scelta radicale di politica energetica che escluda il nucleare e, nel dichiarare l'indisponibilità dell'Umbria ad insediamenti di centrali nucleari, punti decisamente su le fonti rinnovabili, privilegiando impianti di micro e mini produzione energetica. La scelta della green economy, può portare con sé la creazione dei green jobs in una quantità e rapidità di realizzazione tali non solo da riassorbire una parte non secondaria della disoccupazione conseguente alla attuale crisi, ma da costituire un elemento propulsivo di una politica di piena occupazione. Parimenti, si deve operare il trasferimento dei finanziamenti pubblici da grandi opere, spesso di carattere invasivo ed non sempre utili, come i programmi autostradali, a progetti di messa in sicurezza del sistema stradale, a quelli di manutenzione e riqualificazione idrogeologica del territorio e delle reti idriche, alla ristrutturazione e riqualificazione urbana, allo sviluppo delle reti ferroviarie locali a struttura metropolitana, offrendo un efficiente servizio di trasporti che consenta in tempi ed orari accettabili gli spostamenti casa/lavoro, di telecomunicazioni, e a quelle immateriali della conoscenza e della ricerca; alle politiche abitative sociali chiudendo il capitolo della speculazione edilizia e del consumo del territorio, bloccando l'ulteriore espansione di attività estrattive e puntando, in alternativa all'estrazione, al recupero degli inerti da demolizione. 11. All'interno di una scelta di salvaguardia ambientale una rilevanza specifica assume la questione dei rifiuti, mettendo in campo da un lato politiche incentivanti per la riduzione della produzione di rifiuti, dall'altro incrementando la raccolta differenziata, andando oltre l'obiettivo del 65%, attualmente indicato dal piano regionale dei rifiuti. Fermo restando l'assoluta contrarietà alla costruzione di impianti dedicati alla termovalorizzazione dei rifiuti, per la parte non riciclabile, la cui quantità deve essere ridotta nel tempo fino al suo azzeramento, è ipotizzabile un suo trattamento utilizzando tecnologie flessibili e a basso impatto ambientale, a partire da quelle al plasma. 12. L'altezza e complessità dei problemi che l'Umbria, al pari di altre realtà regionali, si trova oggi ad affrontare richiede l'attivazione di politiche comuni da parte di quelle Regioni, genericamente definite dell'Italia centrale o mediana, che presentano forti tratti comuni in termini di modello produttivo e sociale. Il governo regionale dell'Umbria si deve fare pertanto promotore di una politica comune delle Regioni dell'Italia mediana, quale strumento necessario per fare massa critica e resistere alla destrutturazione del modello sociale che vuole imporci il federalismo fiscale, ma anche per migliorare l’offerta dei servizi sociali, per definire un livello ottimale del sistema delle infrastrutture in grado di essere un valore aggiunto per il sistema produttivo. E' necessario che le Regioni del centro definiscano politiche comuni e sviluppino una programmazione economica e sociale che vada oltre i propri ambiti territoriali per abbracciare l’intera porzione dell’Italia mediana. In particolare centrale risulterà l'impegno per delineare politiche comuni per quanto riguarda l’offerta dei servizi sociali e la sanità, mettendo in rete le strutture sanitarie ed integrando conoscenze, ricerche e professionalità, e le infrastrutture materiali ed immateriali. 13. Se aria, acqua, ambiente costituiscono quei beni naturali dai quali dipende la sopravvivenza e la qualità della vita, è necessario che questi beni, intesi come diritti, vengano sottratti al mercato, affidandone la gestione alla mano pubblica: la ripubblicizzazione dell'intero servizio idrico deve rappresentare uno dei terreni prioritari di impegno del nuovo governo regionale, da attuarsi introducendo nello Statuto regionale, in un apposito articolo dedicato ai beni comuni, il principio dell'intangibilità ed inalienabilità dell'acqua, emanando un provvedimento di indirizzo che stabilisca la non rilevanza del servizio idrico, e stanziando risorse a favore degli enti locali per la riacquisizione della gestione dei servizi idrici, attraverso l'istituzione di un fondo di rotazione ad hoc con dotazione di 2 milioni di euro. 14. La sanità regionale, di cui va salvaguardata la funzione pubblica, deve avere al suo centro il cittadino, introducendo strumenti e sedi di controllo che permettano ai cittadini di controllare, verificare ed eventualmente sanzionare disfunzioni ed inefficienze. Problemi come quelli delle liste di attesa vanno risolti istituendo liste di attesa uniche, per interventi chirurgici come diagnostici, sia per le prestazioni ordinarie sia per quelle a pagamento. Vanno coerentemente portati avanti interventi per la deospedalizzazione e l’assistenza domiciliare integrata. Va data piena ed immediata attuazione alla legge sulla odontoiatria pubblica. Diritto alla salute vuol dire anche sicurezza, a partire dai luoghi di lavoro. I tristi primati detenuti dall'Umbria in materia di incidenti sul lavoro non sono più tollerabili. Più in generale il welfare state non deve essere concepito solo come uno strumento indispensabile per soddisfare i bisogni essenziali, divenuti diritti, delle popolazioni, ma anche come un potente agente economico. La sanità e l’istruzione pubblica, per citare gli ambiti più evidenti, producono beni immateriali ma reali, secondo una logica che deve restare sottratta al mercato, poiché non è finalizzata al profitto ma al soddisfacimento dei diritti delle persone, ma che costituisce un potente volano e moltiplicatore per l’economia nel suo complesso, compreso quella privata. Vanno perciò escluse forme di esternalizzazione. 15. Per la prima volta, nella storia dell’ultimo dopoguerra, i figli non miglioreranno la propria condizione rispetto a quella dei padri, anzi la vedranno regredire. Realizzare un nuovo patto tra generazioni rappresenta un terreno di sfida per la nuova stagione regionalista: un patto che si sostanzi nel destinare una parte dell’intervento pubblico a sostegno dei giovani, attraverso strumenti quali il prestito d’onore, garantendo agevolazioni per l’accesso alla casa per le giovani coppie, ma anche per lo sviluppo di specifiche politiche culturali indirizzate ai giovani. 16. L'avvio di una nuova stagione di programmazione regionale che abbia la capacità di riorientare il sistema economico e produttivo e di attuare quel necessario cambiamento nel modello di specializzazione produttiva, necessita di una riforma e riorganizzazione della macchina pubblica, che deve mantenere al suo interno tutte le funzioni strategiche. Va operata una semplificazione ulteriore degli enti intermedi, partendo dagli ATO, che per competenze, come quella dell'acqua, vanno riportati a scala regionale. 17. La difesa dei valori laici nella società e la difesa della laicità dello Stato e delle istituzioni sono fondamentali per la salvaguardia della libertà e della democrazia da ogni tipo di ingerenza religiosa che assuma connotati integralisti e intolleranti. Occorre una politica di allargamento e potenziamento dei diritti civili ad iniziare da il riconoscimento di ogni forma di convivenza. 18. Le risorse necessarie per una politica che permetta all’Umbria di riqualificare e potenziare il proprio apparato produttivo, sviluppare nuova e buona occupazione, permettere un’uscita in avanti dalla crisi vanno ricercate in una ulteriore e decisa razionalizzazione e riqualificazione della spesa, nonché introducendo una nuova stagione di fiscalità ambientale (ad es. acque minerali, cave, miniere, ecc.) o ricorrendo a specifiche tassazioni di scopo. Condividi