Rossano Gattucci
La scelta del nucleare non è solo un rischio ambientale e sanitario, ma rappresenta anche una soluzione anacronistica che sfrutta una fonte non rinnovabile, in esaurimento e che costa davvero troppo.
Innanzitutto è da condannare il disprezzo della scelta degli italiani che nel referendum del 1987 si sono schierati a larghissima maggioranza contro la via nucleare. E’ perciò singolare che questo governo a vocazione populista, che si riempie quotidianamente la bocca della volontà popolare, voglia tradire proprio una scelta del popolo. La questione diventa più pesante considerando la possibile, se non certa, militarizzazione dei siti individuati per l’allocazione di tali strutture; fatto che impedirebbe ogni azione di amministrazioni e cittadini!
E’ chiaro il tentativo dell’industria energetica di sfruttare la crisi climatica per spingere verso scelte nuclearistiche a bassa emissione di CO2, tacendo la grande quantità di rischi associata a tale tecnologia e sorvolando sull’eredità radioattiva che verrebbe lasciata alle generazioni successive.
In primo luogo, tali impianti avrebbero un costo due o tre volte superiore a quello dichiarato: per esempio l’Epr (reattore europeo ad acqua pressurizzata) che si sta costruendo Olkiluoto in Finlandia, modello di riferimento per l’Italia, ha già di molto superato le previsioni di spesa, tanto da far dire al presidente di Areva (società francese di costruzione) che renderà conto del costo dell’impianto soltanto a lavoro ultimato. Greenpeace denuncia che da una previsione di 3,5 miliardi di euro si arriverà certamente a oltre 7. Da questi dati si può già presagire che l’elettricità dal nucleare avrà costi altrettanto alti: secondo stime attendibilissime un kilowatt da nucleare costerebbe 14 centesimi contro gli attuali 6-7. Per cui, considerando le varie fonti energetiche, il costo del nucleare supera di gran lunga ogni altra forma di produzione di energia.
Tecnologia a costi altissimi in tempi troppo lunghi per le urgenze palesate dal nostro pianeta: progettare e attivare un reattore nucleare richiede più di 15 anni, il periodo di funzionamento è valutato intorno ai 60 anni, altri 20 anni sono necessari per far diminuire la radioattività. A questo punto inizia lo smantellamento. Incalcolabili i costi per la gestione delle scorie: in Gran Bretagna la bonifica dei siti ha prodotto un buco di bilancio di 83 miliardi di sterline e prevede un tempo di realizzazione di 135 anni. In Germania sono stati destinati alla gestione del nucleare oltre 165 miliardi di euro, come se i cittadini avessero pagato per dieci volte la costruzione delle 17 centrali attive.
Fondamentale rimane il processamento delle scorie, materiale radioattivo pericolosissimo per la salute delle persone e per l’ambiente, sia nel presente che, potenzialmente, per altre centinaia di anni. Per il loro trattamento non si è ancora trovata una vera e propria soluzione.
Tutto questo denaro verrebbe sottratto agli investimenti in altre fonti di energia, alla ricerca e all’occupazione. Basti pensare che un serio impegno nello sfruttamento delle fonti realmente rinnovabili creerebbe oltre 100.000 posti di lavoro qualificato e stabile contro i circa 20.000 previsti nell’opzione nucleare.
Mantenere l’Italia libera dal nucleare è un obiettivo centrale nell’azione del PRC; le fonti rinnovabili già oggi tecnicamente disponibili sarebbero in grado, se adeguatamente utilizzate, di produrre una quantità di energia sei volte superiore al fabbisogno mondiale: parliamo di energia pulita e sicura!
(to be continued…)
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