Dopo il tormento, di solito, arriva l’estasi. Il Pd umbro però prescinde anche dalle pratiche filosofiche e religiose e così, dopo mesi di discussione devastante si decide “allegramente” di andare il 7 febbraio a primarie di partito “aperte a iscritti e simpatizzanti”. Termine ultimo per iscriversi: sabato sera alle 20. La battaglia di Mauro Agostini insomma s’è rivelata vincente ma lascia sul piatto un partito stremato e una sfilza di interrogativi. Chi sfiderà il senatore? Il borsino mette in testa Catiuscia Marini. Domani però Area Democratica si riunisce: c'è da discutere se appoggiare o meno Mauro Agostini.
La proposta del segretario Bottini, approvata dopo tre ore di discussione da una larga maggioranza (18 i contrari e tre gli astenuti su 250 delegati), era già stata cucinata ieri pomeriggio durante la segreteria del partito arrivata dopo la riunione di coalizione delle 13 e quella della mozione Bersani delle 15. Roba da stendere un cavallo.
La decisione di ricorrere alle primarie è conseguenza della definitiva constatazione fatta da Bottini di fronte agli alleati: “Non ho un nome condiviso da portare in assemblea”. O meglio, un nome largamente condiviso c’era, ed era quello del segretario stesso che però s’è tirato fuori dai giochi. E qui partono interpretazioni di ogni tipo. Dal timore della guerra di successione per la segreteria, che per la verità Area democratica, come ha ribadito anche ieri, non avrebbe rivendicato, all’esegesi più maligna: dentro la Bersani comanda la Lorenzetti, e la Lorenzetti spinge forte sull’acceleratore per Catiuscia Marini.
Dalle tre ore di dibattito poi emerge un altro dilemma decisivo ben esposto dal bersaniano Rossi: il rapporto tra regole e politica. Gli ultimi giorni infatti hanno sublimato lo scontro tra coloro che volevano far prevalere una soluzione politica e coloro che invece si appellavano a codici e regolamenti: il problema è trovare la giusta dose delle due componenti. Il ragionamento più lucido e privo di retorica sull’opzione primarie lo ha fatto il segretario provinciale Stramaccioni: “Prima di andare più o meno allegramente alle primarie riflettiamoci bene: questa sarebbe una scelta fatta per necessità, che arriva dopo sei mesi di discussione e che testimonia l’impotenza di un gruppo dirigente. Vi rendete conto che avremmo un candidato a 10-15 giorni dalla chiusura delle liste?”. E dopo un’appassionata rivendicazione della legittimità democratica dell’assemblea (“votata e scelta da 75mila umbri”), arriva il rilancio della soluzione istituzionale: “Non possiamo affidarci solo alle norme, questa assemblea è legittimata a decidere. Un nome c’è, ed è quello del segretario Bottini”. La palla però, a parte che dal franceschiniano Baiardini, non verrà raccolta da nessuno.
E così va avanti l’assemblea dei rovesciamenti e dei cambi di fronte. Chi era ferocemente contrario alle primarie ora le vuole, fortissimamente le vuole. Uno di questi è l’assessore alla Sanità Rosi: “Riponiamo – dice ispirato - le scimitarre nelle federe”. Il lapsus però scatena l’ilarità generale: “Si vede che l’assessore dorme con la scimitarra sotto il cuscino”. “Basta – continua il pasdaran della presidente – con il candidato condiviso, non esiste. Potevamo candidare la Lorenzetti che ci avrebbe fatto vincere a mani basse. Ma ormai questa è una vecchia storia. Ora ci vogliono le primarie che non solo risolveranno i nostri problemi ma che saranno anche l’avvio della campagna elettorale”. Rosi, dunque, ripone la scimitarra nella federa. Prima però, prende a cuscinate la direzione nazionale: “Il vostro – fa rivolgendosi a Zoggia e Migliavacca – è stato un comportamento incredibile e senza senso: avete commesso errori grossolani”.
Agostini, nel frattempo, ascolta tutti gli interventi. Chiacchiera e spesso si alza consumando il corridoio centrale della sala in un su e giù continuo. E mentre Verini rivendica che “le regole non sono un optional” e che “lo statuto è elemento costitutivo del partito”, dalla platea si alza un uomo sui 40 anni che comincia ad inveire contro Verini. Per due o tre minuti è il finimondo: “Io e la mia famiglia di Gualdo – urla – abbiamo sempre votato la Lorenzetti. Vergognati, ipocrita. Tu e quell’altro, tornate a Roma. Ma che ne sapete voi dell’Umbria”. La cosa va avanti per un bel po’ fino a quando l’uomo, nel pieno dell’ira, viene accompagnato fuori dalla sala.
Mentre ci si avvia alla fine dell’assemblea è il turno di Catiuscia Marini che rivendica la bontà dell’opzione primarie: “Credo che se interpretate correttamente potranno rimetterci in sintonia con i nostri elettori: solo così avranno un valore”. No, insomma, a quel regolamento di conti che molti delegati ieri in sala chiamavano primarie. Fra gli interventi, ovviamente, non poteva mancare quello della grande esclusa, Maria Rita Lorenzetti: “Io sono per il rispetto delle regole, anche se lo statuto è stato rispettato solo contro di me e nessuno mi ha spiegato ancora perché non era opportuno che io mi presentassi per un terzo mandato". Pur ricordando di non essere una grande sostenitrice delle primarie, la governatrice ha però puntualizzato come "ci serve come l'ossigeno un percorso che ci faccia discutere e confrontare sui problemi dell'Umbria”. Il problema, però, è capire come questo sia possibile in pochissimi giorni.
La pietra tombale sulla discussione l’ha messa l’inviato di Bersani Maurizio Migliavacca: “Signori, due mesi fa avevate avviato il meccanismo delle primarie. Un meccanismo che si poteva bloccare a due condizioni: una condivisione di un metodo per la selezione oppure una larga maggioranza su un nome”. Inutile sottolineare come nessuna delle due ipotesi si sia verificata e che quindi “la conclusione dell’iter delle primarie è ora un atto necessario”. Fuori dal Capitini Umbrialeft bracca un raggiante Agostini: “No, no non commento. Però oggi per il Pd umbro è stata una giornata splendida”.
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