Nei giorni scorsi si è compiuto un organico e articolato disegno di riforma del welfare umbro che si compone di strumenti legislativi ed atti di programmazione. Cito su tutti la L.R. 9/2008 istitutiva del fondo regionale sulla non autosufficienza, la L.R. 26/2009 che riforma e disciplina il sistema integrato di servizi e interventi sociali e, da ultimo, sebbene solo temporalmente, il nuovo piano sociale regionale 2010/2012, approvato pochi giorni fa dall'assemblea legislativa umbra.
Quest'opera riformatrice rappresentava una delle principali priorità programmatiche del governo umbro in questa legislatura che volge al termine. Priorità che è stata ulteriormente rafforzata dal micidiale combinarsi degli effetti drammatici che la crisi economica internazionale sta producendo sui cittadini e sui lavoratori, e dei pesantissimi tagli alla spesa sociale disposti dal governo Berlusconi.
Il percorso che ci ha portato a elaborare e condividere queste riforme è stato caratterizzato da un inusitato ed estremamente positivo livello di confronto e di effettiva partecipazione, che ha avuto i momenti più alti nelle due edizioni del Forum regionale sul welfare, che nel 2007 e nel 2009 si sono svolte vedendo la partecipazione di diverse centinaia di operatori, amministratori e cittadini.
Dopo circa un decennio dalla riforma nazionale sull'assistenza sociale (L. 328/2000), peraltro anticipata dalla legge regionale del 1997 e dal primo piano sociale regionale, risultava indispensabile ricollocare le nostre politiche e l'organizzazione dei nostri sistemi locali di welfare alla luce di bisogni inediti che la società contemporanea con grande rapidità ha fatto emergere. Ciò è stato fatto perseguendo molteplici obiettivi: consolidare gli aspetti positivi sperimentati in questi anni affrontando, nel contempo, le criticità emerse; innovare tanto la regolazione del sistema dell'offerta di servizi, interventi e prestazioni, che il coinvolgimento delle articolazioni sociali alle diverse fasi (analisi sociale, programmazione, progettazione, erogazione e valutazione); potenziare le politiche da realizzare in forma integrata per le persone e le famiglie.
I tratti essenziali della nuova legge regionale e del secondo piano sociale regionale si caratterizzano per una forte innovatività. Per brevità cito solo alcuni di essi, che rappresentano i pilastri della riforma.
Sul piano degli assetti istituzionali e organizzativi la scelta è quella di spingere al massimo sul connubio fra programmazione e gestione associata su dimensioni territoriali ottimali (zone sociali), senza introdurre sovrastrutture istituzionali, anzi utilizzando il processo di riforma endoregionale per rendere i sistemi di welfare più efficienti, liberando così risorse dalle strutture burocratiche per rivolgerle ai servizi, e valorizzando il ruolo essenziale degli operatori del sociale, anche attraverso misure per superare la precarietà che in questo comparto si annida, tanto nei comuni che nella cooperazione sociale. Tutto ciò renderà più agevole rispondere alla necessità di politiche integrate, a partire da quelle socio-sanitarie.
Le tre questioni centrali sono però l'universalizzazione del sistema, una declinazione innovativa del concetto di sussidiarietà e di partecipazione, le nuove politiche per rispondere ai bisogni inediti di una società in repentina trasformazione.
Tanto con la legge che con il piano l'Umbria rilancia il tema dei livelli essenziali di assistenza sociale (LIVEAS), previsti da un decennio dalla legislazione statale, e mai definiti e finanziati dai governi che si sono succeduti. L'Umbria, al pari delle altre regioni italiane, ritiene inqualificabile l'atteggiamento dell'attuale governo, che ha semplicemente derubricato la vicenda dall'agenda politica. Per questo, unitamente alla necessità di rendere esigibile sull'intero territorio diritti fondamentali, abbiamo voluto introdurre dei LIVEAS a livello regionale, come misura di equità e giustizia, che con ancora maggiore forza richiede all'esecutivo centrale di affrontare questa esigenza.
Sul tema della sussidiarietà l'esperienza dell'Umbria ci ha portato a valorizzare, in un contesto di regolazione pubblica, il ruolo delle articolazioni del terzo settore, anche dichiarando solennemente che la definizione da anni in voga di privato sociale è decisamente inadeguato. Per questa ragione, a fronte del fatto che associazioni, volontariato e cooperative sociali perseguono senza alcun dubbio interessi generali, pur non appartenendo alla sfera della statualità, abbiamo introdotto il concetto di
pubblico non statale. Coerentemente da questo abbiamo fatto discendere una disciplina degli affidamenti e dell'erogazione di servizi e prestazioni che si compone del divieto di utilizzare il massimo ribasso negli appalti, della coprogettazione mediante accordi procedimentali, dei patti di sussidiarietà e partecipazione, del sistema di accreditamento istituzionale per accrescere ulteriormente la qualità dei servizi, del costante coinvolgimento degli utenti nella valutazione dei servizi erogati.
Le nuove politiche sociali umbre tentano anche di rispondere a bisogni nuovi o poco presidiati in precedenza: dalle politiche di invecchiamento attivo per valorizzare il ruolo degli anziani come risorsa per l'intera comunità, alle politiche di convivenza urbana intese anche come risposta alla deriva securitaria in corso, dal contrasto alla violenza di genere, al rilancio delle politiche di sulle dipendenze da sostanze stupefacenti (nell'ultimo biennio un rinnovato impegno della Regione ha permesso di dimezzare il numero di decessi per overdose puntando sull'integrazione e sulla riduzione del danno), dalla nuove politiche sociali abitative alle politiche di inserimento lavorativo dei soggetti svantaggiati che si tradurranno anche in una valorizzazione delle cooperative sociali di tipo B. Senza dimenticare tanto le azioni per l'integrazione dei migranti che le politiche per disabili e anziani non autosufficienti, incentrate sulla domiciliarità e sulla personalizzazione dell'intervento, che nel prossimo triennio potranno contare sul fondo regionale dedicato e su una dotazione economica di circa 115 milioni di euro.
Il tema delle risorse a disposizione dei sistemi di welfare è ovviamente strategico. Al di là di qualsiasi valutazione di ordine politico, basta osservare asetticamente alcuni numeri per capire chi intende farsi carico delle difficoltà crescenti della popolazione e chi, invece, oltre alla becera propaganda, ha in mente un'idea tardo ottocentesca di stato sociale caritatevole, che per nulla incide nei processi sociali. Prendendo a riferimento l'ultimo triennio, la dotazione per l'Umbria del Fondo nazionale delle politiche sociali passa dai 15,3 milioni di euro del 2007 ai 6,5 per l'anno in corso (- 60 % !); quella del fondo sociale regionale, alimentato esclusivamente dal nostro bilancio, passa dai 7,4 milioni di euro del 2007 agli 11 per il 2010. Se si aggiungono le ulteriori risorse aggiuntive di provenienza regionale (fondo non autosufficienza e misure anticrisi per persone e famiglie) la crescita della spesa sociale umbra in questi ultimi anni si attesta sul 104 % !
Ci accingiamo, infine, a varare una ulteriore misura straordinaria di contrasto agli effetti della crisi, attraverso un'azione di sistema per contrastare il rischio di impoverimento delle famiglie umbre, con una dotazione di partenza, per il solo 2010, di ulteriori 4 milioni di euro.
La conclusione di questa azione riformatrice, da valutare unitamente alla crescita della spesa sociale da parte della Regione, rappresenta un momento di grande rilevanza politica, che segnerà il futuro dell'Umbria consentendole di esprimere una più intensa capacità di farsi carico delle situazioni di bisogno e di promuovere il benessere attraverso comunità più coese e solidali. Con queste scelte l'Umbria torna ad essere un originale e positivo punto di riferimento nel Paese per le politiche di inclusione sociale. Anche per questo ospiteremo con piacere a Terni, dal 5 al 7 febbraio, la quarta edizione di Strada Facendo, appuntamento nazionale sulle politiche sociali, organizzato da Libera, Gruppo Abele e CNCA, con la collaborazione della Regione Umbria e della città. Il risultato del lavoro dei tre giorni sarà sintetizzato nella "Carta di Terni per un nuovo welfare", che rilancerà idee, modelli e strategie per un Paese con più uguaglianza e rispetto delle differenze.
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