L’URSS richiede la scarcerazione di Gramsci. Il rifiuto di Mussolini
Questo brano è tratto dal volume di N. P. Tukovskij “Sul fronte della diplomazia” pubblicato a Mosca nel 1973.
Nel testo lo scrittore rievoca la carriera diplomatica di Vladimir Petrovic Potiemkin, accademico dell’URSS, morto nel 1946, ambasciatore a Roma dal 1929 al 1934.
Il drammatico colloquio che Potiemkin ebbe con Mussolini prima di lasciare l’Italia, è stato pubblicato per la prima volta nel nostro Paese dal calendario del Popolo nell’ottobre del 1977.
Il 25 novembre del 1934 il Presidium del Comitato Esecutivo Centrale dell’URSS nominò Vladimir Petrovic Potiemkin ambasciatore plenipotenziario dell’Unione Sovietica in Francia. Il 15 dicembre egli fece visita al capo del governo fascista a Roma.
“Illustre ambasciatore”, disse Mussolini con voce triste, coprendosi gli occhi con la mano, “voi abbandonate l’Italia in favore della Francia. E l’abbandonate nel momento in cui le relazioni fra i nostri paesi non hanno raggiunto il loro vertice. Capisco, il vostro governo cerca nuove strade d’intesa con la Francia”. “Quest’intesa, signor Presidente, in nessun modo reca danno alle relazioni tra i nostri paesi”.
“Anche noi cerchiamo nuove strade, visto il peggioramento delle nostre relazioni con la Germania”. E prendendo un foglio di carta dal tavolo, Mussolini continuò: “Ieri ho esposto la mia idea. E oggi, dopo averci riflettuto ancora una volta, ho dato ordine ai direttori dei giornali di non attaccare l’Unione Sovietica e la Francia e di esprimere, con cautela ma chiaramente, i timori a proposito di una possibile aggressione all’Austria. Per considerazioni che vi sono chiare, non sarà menzionata la Germania. Negli articoli si parlerà anche della disponibilità dell’Italia a dare una garanzia, insieme alla Francia, per l’indipendenza dell’Austria”. “È con mio rammarico, signor Presidente, che devo farvi notare che le vostre raccomandazioni ai redattori non sono arrivate fino a loro, dal momento che sui giornali continua la pubblicazione di articoli contenenti invenzioni calunniose sul mio paese”.
“È strano, ma non preoccupatevi. Vi prometto di far cessare la pubblicazione di simili articoli”. Il capo del governo fece venire il conte Ciano e gli disse: “ Il signor ambasciatore ci lascia. Va a Parigi. Domani non deve apparire neppure un articolo contro l’Unione Sovietica. Avvertite tutti i redattori”. Il conte Ciano rispose che avrebbe eseguito questa disposizione. Poi, inchinatosi, tese la mano a Potiemkin, scoprendo un gemello di brillante al polsino, e uscì.
“Io ho fatto il possibile”, continuò Mussolini,”per creare condizioni favorevoli al vostro lavoro. Mai mi sono sottratto a un incontro con voi, ho sempre parlato con franchezza, né ho mai rifiutato qualcosa”.
“L’avete rifiutata”.
“Non ricordo. Quando? Che cosa?”
“Io di mia iniziativa vi ho sottoposto una richiesta sulla possibilità di liberare Gramsci dal carcere”.
“Ah….ecco a che proposito. Devo dire che quest’uccello è volato in gabbia per restarci molti anni”.
L’interessamento dell’URSS per salvare Gramsci
“Mi risulta che Gramsci è gravemente malato”.
“Se è vero, pregherò il procuratore di commutare la condanna in una detenzione in ospedale”.
“Noi potremmo scambiare Gramsci con una vostra spia, che è stata presa sul fatto”.
“Non si tratta di una spia”.
“Su vostra personale richiesta, noi abbiamo scarcerato un funzionario della vostra ambasciata, che conduceva un’attività, a dir poco, incompatibile con la sua posizione di diplomatico”.
“Non vorremmo stare a ricordare, signor ambasciatore, una così vecchia storia. Perché allora anch’io potrei ricordare una certa faccenda. Non erano forse le vostre navi, che espatriavano clandestinamente i comunisti da Napoli a Genova? Quei comunisti sfuggivano alla giustizia. Io avrei potuto protestare, avrei potuto esigere la loro restituzione”.
E accarezzando la sua amata gatta d’angora, che stava sul tavolo sotto la lampada, Mussolini aggiunse: “Avrei potuto esigere la loro restituzione ma non l’ho fatto”.
“È strano che voi, signor Presidente, parliate di questo. Evidentemente avete in mente la perquisizione operata sul “Jean Laurés”.
“Non vi sbagliate, signor ambasciatore”. “Permettete, ma noi abbiano a disposizione un atto, redatto da funzionari della vostra politica, nel quale è detto chiaramente che la perquisizione non ha dato alcun risultato”.
“Non hanno cercato”.
“Ma non è la prima volta che i vostri agenti eseguono una perquisizione a bordo delle vostre navi”.
“Signor ambasciatore, l’ispezione è stata fatta col benestare del capitano”.
“No. Vedo che voi, come può accadere, siete stato indotto in errore. Gli agenti di polizia, convocando il capitano, gli hanno presentato un ultimatum: egli avrebbe dovuto rilasciare un uomo che, secondo loro, si era introdotto sulla nave, o in caso contrario avrebbero iniziato la perquisizione. Il capitano, naturalmente, respinse l’ultimatum”. Gli agenti hanno cercato per più di tre ore il misterioso uomo guardando in quasi tutti gli angoli. E, come ci si doveva naturalmente aspettare, non hanno trovato nessuno”.
“Si , è vero, non l’hanno trovato. Ma allora in che modo dei comunisti italiani, che la polizia teneva sotto sorveglianza, sono improvvisamente saltati fuori a Mosca?”.
“Esistono tanti sistemi. Io potrei raccontarvi in che modo fuggivano dalla Russia, in Svizzera, in Italia, in Francia, i rivoluzionari russi perseguitati dalle autorità zariste”.
“A proposito signor ambasciatore, i poliziotti non hanno fatto attenzione alla tela catramata stesa negligentemente sul ponte. Se ne sono ricordati quando la nave era già in mare aperto. I vostri capitani, per quanto mi risulta, sono maestri nell’arte di nascondere fuggiaschi”.
“Sarebbe difficile che un nostro capitano si azzardasse a nascondere della gente sotto la tela catramata del ponte. Tuttavia, vogliate tornare alla questione che vi ho sottoposto. È strano che in Italia, dove nel passato sono vissuti tanti combattenti per l’indipendenza nazionale, languisca in carcere un suo eminente uomo politico, Antonio Gramsci, che come combattente per la libertà, come patriota, è conosciuto non solo in Italia. A Mosca egli si è incontrato con Lenin e ha rappresentato al Comintern il partito comunista del suo paese. Sua moglie è russa. In Unione Sovietica sono nati anche i suoi figli, Delio e Giuliano”.
“Gramsci è in gabbia e ci resterà molti anni”
“Sapete, signor ambasciatore, che cosa ha detto il procuratore del re, intervenendo al processo? Insistendo per ottenere una severa condanna ha chiesto che a Gramsci fosse tolta per vent’anni la possibilità di pensare. E la corte gli ha tolto questa possibilità”.
“Credo che nessun tribunale possa togliere la libertà di pensiero. Voi, signor presidente, sapete che in tutto il mondo si è sviluppata un’ampia campagna per la liberazione di Gramsci”.
“Lo so. Questo lo dobbiamo al Cremlino, e anche a voi, naturalmente, signor ambasciatore”.
“Di recente Romain Rolland ha elevato una sdegnata protesta. Si protesta pure in Italia. Dovete ben saperlo”.
“No!”, disse con risentimento Mussolini. “No! io sono impotente di fronte alla legge. È stato condannato perché pericoloso per le sue idee comuniste, estranee ai principi del fascismo e inconciliabili con essi”.
“Mi sembra”, continuò tranquillo Potiemkin, “che per voi Gramsci, come prigioniero politico che attira su di sé l’attenzione della pubblica opinione, rappresenti un pericolo maggiore di quello che rappresenterebbe se fosse in libertà”.
“Non è un prigioniero politico, ma un delinquente comune che preparava in segreto un complotto. Si, un complotto contro la monarchia”.
“Io seguo attentamente la stampa, ma non mi sono mai imbattuto in resoconti ufficiali nei quali si parlasse della partecipazione di Gramsci a un complotto, come avete detto voi, contro la monarchia”.
“Vi ho già detto che quest’uccello è finito in gabbia e ci resterà per molti anni. Il caso della giustizia è compiuto”.
Mussolini, percorrendo a passi rapidi la sala del gabinetto, si rivolse a Potiemnkin, e, dando a capire che l’udienza era finita chiese: “Quando partite?”.
“Due giorni dopo la presentazione delle mie credenziali di richiamo. Ma, prima della partenza,vorrei sapere se Gramsci è stato trasferito in ospedale”.
“Di questo vi informerò. A quanto mi risulta la signora Gramsci si trova da voi a Mosca”.
“Si, da noi, insieme ai suoi figli. Per due volte si è rivolta alle vostre autorità con la preghiera di permetterle un incontro col marito, ma ha ricevuto un rifiuto”.
“È possibile. Mi rincresce che ci si lasci in questo stato d’animo….”.
Di anno in anno, sempre più strettamente, l’Italia andava legando il suo destino a quello della Germania. Hitler aiutò il Duce nella conquista dell’Etiopia. Mussolini fu il complice criminale di Hitler nel “patto anti Comintern” diretto contro l’URSS e nell’intervento in Spagna. Nel marzo del 1938 l’ambasciatore tedesco a Roma informò Mussolini del piano di Hitler per l’occupazione dell’Austria. Quando l’esercito tedesco invase l’Austria, Hitler inviò a Mussolini un telegramma di ringraziamento: “Mussolini, io non dimenticherò mai questo”. La criminale alleanza dei due stati fascisti celava in se un terribile pericolo per l’indipendenza e la sopravvivenza dei popoli. L’ apocalittica carneficina di milioni e milioni di morti è il frutto della aberrante ideologia fascista e nazista, delle sue idee razziste, delle sue idee totalitarie e di sopraffazione dell’altro, nonché il tentativo di una parte della borghesia mondiale di ripristinare il proprio dominio capitalistico sul mondo.
Stefano Vinti
P.S: l’ambasciatore Vladimir Petrovic Potiemkin, oltre che diplomatico esperto ed affidabile, aveva la passione per l’antichità ed in particolare per la storia di Roma. Essere stato assegnato all’ambasciata dell’URSS in Italia fu per lui una vera festa. Era solito convocare un pomeriggio alla settimana, funzionari, impiegati, dipendenti e i loro famigliari per compiere un tour cittadino e far conoscere i principali monumenti o luoghi della storia di Roma. Un appuntamento a cui si presentava documentatissimo e che riscontrava l’entusiastica partecipazione dei compagni dell’ambasciata.
Non sapremo mai con certezza perché non lavoravano o per le nuove scoperte che proponeva Potiemkin.
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