di Alessandro Ambrosin (www.dazebao.org) ROMA - Non ci sono più parole per raccontare l'inferno che si è scatenato in seguito al terremoto del 12 gennaio scorso nell'isola di Haiti. Le notizie che giungono dagli inviati che si trovano sul posto lasciano intravedere quale disperazione, che va oltre il limite dell'immaginazione, regni ovunque. Morte e distruzione, come fosse passata una gigantesca mano che ha colpito ripetutamente l'isola schiacciando i suoi abitanti. E poi ci sono i feriti, c'è la fame, la sete e gli aiuti che con mille difficoltà tentano il tutto per tutto per lenire le sofferenze. Ma non è facile, perchè il popolo haitiano ha raggiunto il culmine dell'esasperazione. C'è chi ruba per un pezzo di pane, chi fa razzie e saccheggia tutto ciò che trova, chi come uno sciacallo si intrufola nelle case rase al suolo alla ricerca di qualcosa pensando di uscire dalla miseria nera. Insomma in questo clima indescrivibile si fa strada una guerra tra poveri in cui la disperazione ha preso inesorabillente il sopravvento e tutti i problemi di questo popolo, passati per anni nell'oblio della cinica indifferenza, ora si trasformano in una rabbia incontrollata che emerge mostrandoci il lato più violento di questi uomini e da queste donne abbandonati al loro destino. Un caso emblematico è quello di un uomo giustiziato dopo essere stato sorpreso a rubare tra i cadaveri. Spogliato e lasciato completamente nudo, prima è stato massacrato di botte e poi dato alle fiamme. Immagini di una violenza estrema che ci dovrebbero far riflettere sulla drammatica situazione che regna sulla sfortunata isola, ma anche sul perchè questo paese sia ridotto in queste condizioni. Nessuno ha ancora chiaro quale sia l'esatto bilancio delle vittime, L'Oms, L'Organizzazione Mondiale della Sanità, stima che il sisma avrebbe provocato tra le 40 e 50 mila vittime, che i feriti siano 250 mila e le persone rimaste senza tetto 2milioni e mezzo. Cifre sconvolgenti, ma ancora provvisorie. L'Onu, il cui segretario Ban Ki-Moon è partito alla volta di Port-au-Prince, pensa la cifra sia di addirittura di 200mila morti. Nel frattempo alcuni media, soprattutto quelli dei paesi stranieri sono più preoccupati a trasmettere le ultime notizie dei loro connazionali, come se una vittima di un altro paese, con tutto il rispetto, fosse più importante degli abitanti haitiani. Ma di fronte a questa immane tragedia i morti dovrebbero essere tutti uguali, ognuno con la sua storia personale, senza distinzioni di estrazione geografica, economica e sociale. E poi ci sono gli aiuti e la mobilitazione generale alla quale stanno partecipando i paesi più ricchi del mondo, che però non giustificano la situazione alla quale stiamo assistendo. Haiti, come noto, è il paese più povero del continente americano e gli Stati Uniti hanno stanziato già 100milioni dollari e inviato uomini e mezzi per far fronte all'emergenza. Un'iniziativa elogiata dall'opinione pubblica che di fatto vuol dimostrare la generosità incondizionata della Casa Bianca di fronte a questo dramma epocale. Eppure nessuno parla dello sfruttamento che proprio le aziende americane hanno sempre adottato nei confronti di questo popolo. Un esempio indicativo è quello della società della Disney, che dopo aver utilizzato per anni la manodopera haitiana a 27 centesimi di dollaro all'ora, di fronte alla richiesta dei lavoratori di avere un aumento a 50 centesimi, prima minacciarono di spostare la loro produzione in Cina e poi lo fecero veramente. L'ex presidente di Haiti, Jean Bertrand Aristide, che guidò Haiti dal dal 1994 al 1996 e dal 2001 al 2004 , aveva addirittura tentato di far raddoppiare il salario minimo a 2,50 dollari al giorno. Ma nella notte tra il 28 e il 29 febbraio del 2004 furono proprio i soldati americani assieme gruppi paramilitari di Haiti, già responsabili delle orribili atrocità commesse durante il colpo di stato del 1991, a sequestrarlo per poi esiliarlo nella Repubblica Centro Africana, dove si trova tutt'ora. Ma c'è da dire che l'appoggio a questo colpo di stato, fu sostenuto anche dalla Francia e dal Canada. D'altra parte la politica di Bertrand, che perseguiva una maggiore democrazia nel suo paese, non era affatto ben vista da alcuni paesi, tanto che la richiesta dell'Onu di aprire un'inchiesta internazionale fu bocciata proprio dalla Francia e dagli Stati Uniti. Eppure la situazione che si venne a creare dopo il colpo di stato fu disastrosa. Migliaia di persone furono assassinate e mutilate e le scuole e gli ospedali che l'ex presidente aveva fatto costruire andarono distrutti. Molti simpatizzanti e uomini del governo di Bertrand furono uccisi, arrestati e incarcerati senza nessuna accusa, e alcuni di loro sono fuggiti all'estero e vivono ancora in latitanza. All'epoca l'Onu decise anche di inviare un contingente di pace, ma dei circa 8mila militari previsti ne giunsero solo 2.500. Notizie che quasi nessuno riportò, proprio per non concentrare l'attenzione su quest'isola. Adesso le cose sono ben diverse. Il terremoto non ha portato solo distruzione e morte, ma ha scoperchiato verità scomode. Contraddizioni e responsabilità consumate nel silenzio assoluto da parte dei governi responsabili di aver alimentato le condizioni estreme di questo popolo, che ora si ergono a paladini della solidarietà umana. Condividi