di Alessandro Ambrosin (
www.dazebao.org)
ROMA - Sono strazianti le immagini e i filmati che ci arrivano dall'isola caraibica, colpita il 13 gennaio da una delle più violente scosse di terremoto verificatesi negli ultimi 200 anni. Magnitudo 7,3 della scala Richter, che equivalgono ad una potenza sussultoria e ondulatoria ben 30 volte maggiore al sisma che ha colpito L'Aquila il 6 aprile scorso.
Le informazioni che giungono da Haiti e dalla capitale, Port-au-Prince, rasa al suolo dal sisma, arrivano frammentate. Ci sono, infatti, difficoltà, a mettersi contatto con qualcuno dell'isola visto che la rete telefonica e i ponti radio sono fuori uso ed anche le comunicazioni satellitari presentano delle difficoltà. Ieri il ministro haitiano aveva azzardato l'ipotesi di 500mila persone rimaste uccise dal violento sisma, ma le perdite, secondo fonte locali, potrebbe essere addirittura molte di più.
Gli abitanti dell'isola Hispaniola, ancora in preda al panico, scavano tra le macerie alla ricerca dei parenti, amici e familiari, mentre gli aiuti internazionali stanno raggiungendo la capitale per contribuire ai soccorsi. Sono partiti dal Giappone, dagli Stati Uniti, e dai maggiori paesi europei come l'italia aerei carichi di medicinali, di attrezzature per montare le tende di soccorso, con al seguito molti sanitari e infermieri specializzati.
Adesso anche l'aeroporto della capitale sembra sia tornato operativo e questo può aiutare a velocizzare l'arrivo dei team medici. Gli Stati Uniti invieranno complessivamente 3.500 uomini, salperanno alla volta di Haiti la Carl Vinson, una portaerei, tre unità anfibie della Marina e una nave ospedale del Pentagono. A Port-au-Prince è atterrato il Falcon 900 del 31mo stormo dell'Aeronautica militare che ha portato ad Haiti un team composto da una dozzina di persone, tra Protezione civile, forze armate, Croce Rossa, Guardia di Finanza, che avranno il compito di effettuare una prima ricognizione sul terreno sotto il profilo della sicurezza e della logistica prima dell'arrivo degli aiuti inviati dall'Italia. Mentre questa sera partirà da Israele una missione di 220 persone, tra personale sanitario e tecnico per contribuire allo stato di emergenza. Squadre di vigili del fuoco e medici britannici specializzati in catastrofi stanno per giungere nella nazione caraibica. Insomma ognuno sta tentando con ogni mezzo di contribuire a questa tragedia epocale.
Intanto, per quanto riguarda gli italiani presenti nell'isola, 191 per l'esattezza secondo la Farnesina, solo un'ottantina sono stati rintracciati. Per questo il ministro degli Esteri, Franco Frattini, ha lanciato un appello, chiedendo a chiunque abbia informazioni di amici o parenti italiani presenti ad Haiti, di chiamare la sala operativa dell'Unità di crisi allo 06-36225.
Le polemiche
Gli scienziati e i sismologi affermano di aver preannunciato più volte che l'isola di Haiti sarebbe stata interessata a questi episodi sismici, poichè si trova nel bel mezzo delle due grandi faglie tettoniche. Indubbio che la battaglia contro il terremoto è una guerra persa in partenza, ma è anche vero che nelle zone cosiddette a rischio sismico si può in qualche modo prevenire il peggio, ad esempio con costruzioni in grado di garantire una maggiore resistenza. Ma quest'isola dalle molteplici problematiche a sfondo economico e sociale, dove la stragrande maggioranza degli haitiani vive con 2 dollari al giorno, non desta più di tanto interesse.
Ora giustamente la macchina dei soccorsi si è messa in moto, ma questo popolo, il quale nel 70% dei casi vive nella povertà assoluta non ha mai fatto scattare da parte dei paesi industrializzati un reale sostegno economico. Così a questa tremenda calamità naturale, si sommano i problemi sociali e culturali, il degrado ambientale con la massiccia deforestazione, gli standard delle costruzioni dove non esistono regolamenti edilizi, con tutte le problematiche prodotte dai governi instabili che si sono succeduti nel corso della storia.
Insomma Haiti è per eccellenza l'isola delle catastrofi naturali, come sottolineano gran parte degli scienziati come Richard Olson, professore alla Florida International University che dirige la riduzione del rischio emergenza nel progetto America o Dennis Mileti, Commissario per la sicurezza sismica della California. Negli ultimi 10 anni sono morte almeno 3 mila persone a causa delle tempeste tropicali e delle inondazioni alle quali l'isola caraibica è spesso soggetta. Senza parlare dei milioni di sfollati che hanno provocato. Insomma forse la tesi avanzata da Debarati Guha Sapir, direttore del centro dell'organizzazione mondiale della sanità per la ricerca epidemiologica dei disastri, e cioè che la vulnerabilità alle calamità naturali è direttamente proporzionali alla povertà, non è del tutto priva di fondamento, almeno in questo caso. Proprio perchè gli stati poveri non hanno le possibilità, le adeguate conoscenze e formazione e neppure i mezzi per far fronte a drammi come questo. Basta pensare che in tutta l'isola esistono solamente due stazioni dei Vigili del Fuoco che in teoria dovrebbero poter operare su una popolazione di oltre 9 milioni di abitanti.
A dire il vero le Nazioni Uniti e la Croce Rossa e altre agenzie umanitarie presenti nell'area avevano l'intenzione di divulgare dei manuali per la popolazione per aiutarla su come agire in casi estremi come questi, ma il contenuto dell'informativa non è mai arrivata agli isolani perchè non è stata tradotta dall'inglese al creolo, la lingua più parlata ad Haiti.
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