Esaurimento della capacità riformista del centrosinistra; incapacità del centrodestra di realizzare un’alternativa di governo; consapevolezza della crisi strutturale dell’Umbria; necessità di adeguare la macchina pubblica al federalismo. Sono questi i punti centrali del contributo al confronto politico sulle prossime elezioni regionali che il consigliere regionale Enrico Melasecche (Udc) affida ad una nota che pubblichiamo integralmente di seguito.
L’esponente dell’Udc sostiene che il suo partito pensa ad una regione “competitiva e solidale, ma dove il merito divenga codice guida dell’azione di governo”. Pone quindi l’accento sull’esigenza di un profondo cambiamento e parla della necessità di “nuove riforme da attuare, se necessario, anche attraverso nuove alleanze”. “La legislatura regionale è al termine – scrive Melasecche -. Le forze del centrosinistra in questo primo decennio del 2000 hanno governato l’Umbria garantendo amministrazioni stabili, ma spesso prive di capacità riformatrice, indispensabile oggi per navigare nel tempestoso oceano della competizione nazionale e globale. A livello comunale talvolta con
risultati decisamente negativi.
Ripetutamente, veti di carattere ideologico e diktat provenienti da alcune segreterie hanno imbrigliato l’esecutivo, impedendogli il guizzo di azioni forti volte a tenere il passo delle realtà più avanzate del Paese. Il centrodestra, da parte sua, è stato incapace di costruire un’alternativa di governo credibile, limitandosi al consueto panorama di lotte intestine finalizzate a garantire la mera sopravvivenza del proprio ceto politico. L’Umbria ha bisogno di qualcosa di profondamente diverso. Quale regione possiamo costruire per il secondo decennio del nuovo secolo? Come far uscire la nostra regione dalla marginalità in cui si trova e dalle prospettive preoccupanti anche per ragioni obiettive di peso demografico e politico?
Nell’attesa che le formazioni maggiori elaborino il programma di governo 2010-2020 –grave è il ritardo fin qui accumulato da entrambe – occorre anzitutto riconoscere che, in Umbria, la crisi esistente non è soltanto congiunturale, bensì strutturale: dopo la bolla della ricostruzione post-sismica, da anni il PIL è fermo. Gli osservatori più attenti parlano di un 2010-anno della disoccupazione in Umbria. Se questo è il quadro, una sola è la strada possibile: la strada di riforme fortemente innovative. Tanto più nel contesto federalista prossimo venturo, l’Umbria dovrà in primo luogo avere più coraggio e snellire la sua ridondante macchina burocratica, tagliare i suoi enti inutili, liberando risorse da investire su formazione e tecnologia così da mettere al centro i giovani –oggi costretti ad andarsene, specie se laureati. Giovani che potranno restare, se lo vorranno, laddove sono nati solo se ci sarà un esecutivo audace, che non abbia timore di sottrarre risorse allo spreco e all’arretratezza culturale di una sindrome assistenzialista che non c’è nemmeno in certe regioni del Mezzogiorno.
Questo significa un deciso cambiamento non solo nel merito, ma nel metodo della politica. Occorrono quindi nuove riforme da attuare, se necessario, anche attraverso nuove alleanze. Recuperare per l’occasione slogan antichi come l’’Umbria mediana’- per esprimere l’utilità di far squadra con territori regionali a noi contigui per tradizione e cultura, va bene, ma non ci salverà dalla deriva dell’impoverimento: nessuno si farà carico delle nostre debolezze e dei nostri problemi irrisolti. L’UDC vuole un’Umbria competitiva e solidale, ma dove il merito divenga codice guida dell’azione di governo. Dove le imprese trovino un’amministrazione rigorosa, ma leale e loro vicina. Dove l’esecutivo torni ad investire in opere pubbliche significative, sia di impulso alle Province, ai 92 Comuni, così da trasformarsi nel motore della ripresa produttiva: l’Umbria potrà allora presentarsi quale regione finalmente attrattiva e con un PIL in espansione, evitando la cosiddetta ‘fuga di cervelli’, recuperando i propri giovani, migliorando i servizi per gli anziani, declinando in modo moderno sviluppo e solidarietà.
Anche l’Università, che, unica nel Centro Nord, oggi sembra perdere iscritti, dovrà fare la sua parte, con più ricerca vera, più brevetti, più spin-off, aiutando a fare impresa, a creare ricchezza e lavoro, superando l’immagine imbalsamata di un’Accademia che vive sugli allori di 700 anni di storia. L’alternativa è l’aumento delle sacche di povertà, fenomeno sul quale hanno da tempo acceso un faro i nostri Vescovi, i cui richiami restano troppo spesso inascoltati. L’UDC dell’Umbria, dunque, non sarà più il partito della semplice testimonianza, ma inciderà concretamente sulle dinamiche di governo regionale, disponibile a collaborare con il candidato che, con più determinazione, vorrà intraprendere questo percorso di cambiamento. Assicuriamo agli umbri il nostro ruolo di forza centrista, moderata nel metodo, ma fortemente progressista nell’azione concreta, convinti che stia già maturando a livello nazionale la convinzione che le Istituzioni, come sostengono il presidente della Repubblica e quello della Camera, non necessitino mai di conducator, ma di riforme, di sobrietà, di lucidità”.
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