Editoriale di Alessandro Cardulli Le provano tutte pur di mettere al sicuro Silvio Berlusconi dai processi Mills e Mediaset. I lavori del Parlamento sono, di fatto, bloccati da decreti annunciati e poi non presentati, tesi di disegni di legge poi cambiato dalla stessa maggioranza che gli ha presentati. Gianni Letta, il braccio pensante di un Berlusconi ormai senza freni, in preda ad una vera e propria ossessione, quella di doversi presentare in un aula di tribunale, sta facendo la spola fra Palazzo Grazioli e il Quirinale, incrociando il presidente della Camera Gianfranco Fini e quello del Senato, Schifani, più che disponibile ad andare all’ incontro ai desiderati del premier. La residenza del capo del governo è diventata il punto di incontro per mettere a punto le strategia per la “offensiva di gennaio”. L’avvocato Ghedini e il ministro Alfano ce la mettono tutta pur di aggirare regolamenti parlamentari, leggi, la Costituzione, non hanno alcun dubbio nell’opera di scassinamento della giustizia. Siamo ormai già altre le “ leggi ad personam”. Berlusconi parla infatti di leggi “ ad libertatem”. Non più solo la sicurezza che non dovrà rispondere delle sue azioni, ritenute criminose, nelle aule dei tribunali. Ma la garanzia che potrà godere, sempre e comunque di un potere assoluto, non sindacabile da alcuno, fuori dei controlli democratici. Gianni Letta fa la spola con il Quirinale Si tenta di tutto. Letta aveva portato al Presidente della Repubblica il testo di un decreto a lungo meditato da Ghedini e Alfano , un decreto che avrebbe bloccato i processi. L’urgenza che dovrebbe essere alla base della decretazione dove stava: nel fatto che a breve nelle aule del tribunale milanese Berlusconi si deve presentare. Ma il tentativo è andato a vuoto. Ricostruiamo in breve questa brutta storia. Il capo del governo, tornato all’attività, incontra Napolitano ma non fa cenno con lui dell’intenzione di far approvare dal consiglio dei ministri un decreto che trasforma in legge una sentenza della Corte Costituzionale, scritta da Giuseppe Frigo, che entra nella Consulta sponsorizzato da Ghedini. Il decreto consente di bloccare i casi Mills e Mediaset per tre mesi. La sentenza dice che se il pm ha contestato all'imputato una nuova accusa durante il dibattimento l’imputato stesso ha il diritto di chiedere il rito abbreviato. C’è bisogno di una sospensione e per pensare bene a come organizzare la difesa. La legge retroattiva, naturalmente, consente al premier di fare la campagna elettorale senza doversi difendere da pesanti accuse. La sospensione prevista era di novanta giorni, poi portata a quarantacinque, si dice su suggerimento del Qurinale o di Fini. Ma questa sospensione era troppo breve. Alla fine non se ne è fatto di nulla. Forse si è capito che Napolitano non avrebbe firmato un decreto in odore di incostituzionalità. Salta il decreto”blocca processi” Così il Consiglio dei ministri fa marcia indietro. Un imbarazzato Elio Vito, il ministro per i rapporti con l Parlamento spiega, riferiscono le agenzie di stampa, che nella “giornata di ieri ( leggi martedì ndr), effettivamente ci sono stati dei ragionamenti in tal senso, poi subito accantonati in quanto ''la sentenza della Corte costituzionale è immediatamente applicativa''. Stando alle indiscrezioni il ragionamento svolto dal premier Silvio Berlusconi, nel corso del consiglio dei ministri, sarebbe stato questo: il decreto legge non serve perchè i giudici sono già tenuti ad applicare la sentenza della Corte Costituzionale. Ma se così fosse perché tanto chiasso per nulla? Perché Gianni Letta ha fatto la spola con il Quirinale? Perché Berlusconi aveva tenuto all’oscuro Napolitano dell’esistenza del decreto? Dice la presidente dei senatori del Pd, Anna Finocchiaro : "Io penso che il governo alla fine non abbia presentato il decreto cosiddetto 'blocca processì perchè le esigenze per far valere la costituzionalità del testo non erano sufficienti a garantire il premier. Ovviamente io penso male, ma ogni tanto ci si prende a pensar male" L’idea del decreto comunque resta nei progetti di Ghedini e Alfano che si sono nuovamente visti con il capo del governo . Si è discusso della durata della sospensione dei processi in corso in primo grado . Dal fascicolo del pm emergono nuove circostanze che consentirebbero all'imputato, di ricorrere al rito abbreviato. Essenziale diventa il periodo di sospensione. Al Senato rallenta la marcia del “processo breve” Intanto al Senato il disegno di legge sul processo breve torna alla Commissione giustizia per esaminare le modifiche proposte dalla maggioranza con gli emendamenti introdotti al testo dal relatore Giuseppe Valentino. È stato sventato il tentativo di cambiare in corsa il testo senza alcuna discussione in Commissione. La maggioranza ha una fretta tremenda e Berlusconi non ammette incertezze, ritardi. Ma anche il pur docile Schifani non se l’è sentita di scavalcare la Commissione. Subito dopo il provvedimento ritornerà in Aula e dovrà essere approvato secondo il calendario stabilito dalla conferenza dei capigruppo entro mercoledì della prossima settimana. Condividi