Fra annunci e smentite torna insistente il nome di Luisa Todini fra i papabili del Pdl al soglio di governatrice dell'Umbria. In verità per la "rossa umbra", come viene definita negli ambienti che contano romani, si era parlato anche di una candidatura nel Lazio, prima che prendesse decisamente quota quella della Polverini, alla quale la Todini, che è sua amica, ha definitivamente spianato la trada con il suo rifiuto. La stessa cosa dicasi per l'Umbria, poiché la Todini continua a dichararsi troppo impegnata dagli affari di famiglia per dedicare di nuovo il suo tempo alla politica. Eppure, nonostante i suoi dinieghi, resta di diritto nel novero dei nomi, che si contano sulle dita di una mano, dei personaggi del centro destra più accreditati per questo ruolo. Ma chi è Luisa Todini e perché gode di tanto credito? Proviamo a capirlo insieme. In primo luogo va ricordato che vanta dalla sua un record che la dice lunga sulle capacità di cui è dotata: nel 1994, all'età di soli 26 anni, venne eletta a sorpresa parlamentare europea di Forza Italia (lo è stata fino al compimento del mandato nel 1999, quando, di nuovo a sorpresa, decise di non ricandidarsi). Ma il record al quale abbiamo fatto riferimento sta nel fatto che è tuttora l'unico candidato umbro che ce l'ha fatta ad essere eletto in una circoscrizione, quella del Centro, dove dominano i giganti Lazio e Toscana e dove pochissimo spazio resta agli esponenti politici delle regioni minori, l'Umbria in particolare. Certo, in quella impresa venne fortemente sostenuta dai capitali che il padre, facoltoso imprenditore tuderte, gli aveva messo a disposizione per condurre una dispendiosa campagna elettorale a Roma, dove ha potuto racimolare i voti che, integrati con quelli guadagnati nella sua regione, gli sono stati sufficienti per essere eletta, ma tant'è, questo primato crediamo che difficilmente gli verrà tolto, restando la legge che attualmente regola in Italia il voto per il Parlamento europeo. In verità si dice anche che in quella circostanza si sia posata sul suo capo anche la mano paterna del "patron" Silvio Berlusconi, come si sa da sempre ammiratore della bellezza muliebre ed in questo senso si può tranquillamente sostenere che Luisa Todini abbia fatto un po' da apripista alle tante Miss che dopo di lei hanno trovato largo spazio nelle liste del Cavaliere di Arcore, anche se per la verità le va riconosciuto quel qualcosa in più che le altre non possiedono, ovvero una buona intelligenza politica che le ha fatto guadagnare anche l'amicizia di non pochi esponenti della parte avversa, tanto da coltivare ottimi rapporti con l'ex ministro della cultura del governo Prodi, Giovanna Melandri, e, come ha lasciato trapelare lei stessa, da aver ricevuto proposte di candidatura anche dal centro sinistra. Dote che ha accresciuto i suoi meriti agli occhi di Silvio Berlusconi, che è rimasto il suo primo amore, dal punto di vista politico beninteso, e che la vedrebbe volentieri rigettarsi nell'agone della politica, tanto da tentarla, dopo la sconfitta di Veltroni, con la possibilità di affidarle un dicastero di prestigio (all'epoca si era parlato di Infrastrutture o Ambiente). Dote che, unita ad un certo bernoccolo per gli affari che l'ha spinta a prendere in mano le redini dell'azienda di famiglia alla morte del padre, avvenute nel 2001, relegando il fratello in un ruolo decisamente minore, ne fanno un'apprezzata ospite anche delle trasmissioni televisive "cult" della sinistra, come "Ballarò" e "Annozero" nelle quali è frequentissimamente presente. Ma una sua dote è anche la tenacia, anche se, come si dice, non sempre il buco sulle ciambelle gli viene perfetto. Infatti, tornando agli affari si era proposta due obiettivi da realizzare nel giro di un anno e, sia pure con un po', di ritardo il primo lo ha da poco centrato: quello di trovare un partner con il quale generare un gruppo da almeno un miliardo. Per il secondo, quello di sbarcare in borsa, dovrà invece probabilmente attendere ancora un po', almeno il 2012, profezie Inca permettendo. Dal matrimonio d'affari celebrato fra le famiglie Todini e Salini è di fatto nato quello che possiamo tranquillamente chiamare il "terzo polo" italiano nel settore delle costruzioni, dopo Impregilo e Astaldi, che in borsa sono già quotate da tempo. Una "fusione" che ha creato un gruppo che vale già oggi 1,2 miliardi di fatturato, che può contare su un portafoglio di commesse per 8 miliardi sparse in giro per il mondo e su 17 mila dipendenti che operano in Africa, Medio Oriente, Asia Centrale e Sud America, oltre che in Europa e in Italia naturalmente. Ma non sono però tutte rose e fiori, perché, malgrado i brindisi gioiosi, non si sarebbe trattato di un matrimonio paritario, tra uguali, visto che, stando a ciò che si dice, con questa operazione la Todini, grazie anche alla buona disposizione delle banche creditrici, si sarebbe messa sì al riparo dai debiti che affliggevano la sua azienda (200 milioni su un fatturato di 500), salvandola da un possibile crac finanziario, ma di contro i nuovi soci (forti di 700 milioni di fatturato e di appena 60 milioni di debiti) avrebbero acquisito il pieno controllo dell'intero gruppo ed in particolare il 60% delle azioni della Todini medesima, prefigurando con ciò più i caratteri di una fusione per incorporazione che un accordo fifty fifty. E questo è l'unico cruccio che potrebbe spingerla ad un ritorno in politica: dopo la "vendita" di fatto della sua impresa potrebbe avere nuovamente del tempo libero da impiegare diversamente. Condividi