L’assessore Roberto Ciccone aveva avvertito dell’inopportunità del momento, visti i disagi prodotti dalla crisi che sono stati aumentati ancora di più dalla raffica di aumenti tariffari decisi in altri livelli per quasi tutti i servizi pubblici (autostrade, treni, canone Rai, e via elencando), ma non è stato ascoltato e, visto che lui non era disposto a illustrare la pratica in Giunta (del resto non era stato lui ad istruirla), se non almeno dopo che sul merito fossero state in qualche maniera coinvolte anche le categorie sociali, magari per trovare soluzioni meglio “calibrate” rispetto alle esigenze di particolari fasce sociali, il compito, considerata anche l’urgenza di procedere, è passato direttamente al sindaco Boccali.
Ciccone non ha però appunti particolari da fare al primo cittadino poiché – ci tiene a chiarirlo – il boccone avvelenato che l’attuale giunta comunale si è trovata costretta a servire ai perugini in questo inizio di anno viene da lontano. Si tratterebbe, infatti, di un atto “dovuto” poiché fissato da un preciso e vincolante accordo sottoscritto con la Sipa nel 2005 che l’amministrazione comunale era obbligata ad onorare, altrimenti vi sarebbe stata costretta per via giudiziaria.
E l’assessore ricostruisce pazientemente con Umbrialeft la genesi, in verità un po’ complicata, della delibera con la quale si stabiliscono aumenti tariffari attorno al 35% per i parcheggi cittadini. Il tutto parte – ci spiega – con il Piano economico e finanziario (Pef) stipulato a suo tempo dal Comune con la Sipa che prevedeva l’applicazione di questi aumenti passati i primi 5 anni di gestione, cosa che si è verificata, appunto, con l’avvio dell’anno 2010.
Il Pef in questione, stipulato in previsione degli investimenti che la Sipa si apprestava a fare a Pian di Massiano (in particolare il grande parcheggio al servizio del capolinea del minimetrò), fissava questi aumenti tariffari alla misura del 30%, con la possibilità, però, di incrementarli, o diminuirli, se il loro ammontare avesse superato (come è poi avvenuto) o fosse stato invece inferiore a quanto previsto. Ecco, dunque, come si è arrivati al 35% attuale.
Quanto alle tariffe che vengono ora praticate per i parcheggi perugini, Ciccone sostiene che la nostra resta comunque fra le città italiane meno care al riguardo, invitando a non enfatizzare eventuali differenze a nostro sfavore, poiché va tenuto conto a questo riguardo della mole degli investimenti che in questi ultimi decenni sono stati fatti a Perugia e che non trovano riscontro da altre parti. E non si tratta solo del minimetrò e dei relativi parcheggi (del tutto gratuiti, osserva), ma anche della flotta bus dell’Apm che è stata interamente rinnovata con mezzi che funzionano a metano, così da ridurre gli effetti dell’inquinamento, come pure delle altre infrastrutture (scale mobili e ascensori) che hanno facilitato l’accesso al centro storico nel quale si può ormai arrivare facendo a meno dell’auto personale ed usufruendo di abbonamenti particolarmente favorevoli.
Certo che – sostiene ritornando sulla mancata partecipazione – da un confronto con le categorie sociali (associazioni dei commercianti e dei residenti, sindacati e quant’altro) si sarebbero certamente ottenuti suggerimenti atti a meglio calibrare gli effetti di questi aumenti in specie nei confronti di quegli utenti dei parcheggi cittadini che sono ancora costretti ad utilizzare l’auto per raggiungere i loro luoghi di lavoro, ma con un po’ di buona volontà questo dialogo può essere riannodato e lui si dichiara personalmente impegnato a procedere in questa direzione, dicendosi certo che anche il sindaco Boccali si renderà disponibile per questo confronto.
Ultima chiosa Ciccone l’ha voluta però riservare ai fans delle privatizzazioni, ritenendo che anche questa situazione sia da ascrivere a loro demerito. Altra cosa sarebbe stata – osserva – se la gestione dei parcheggi cittadini fosse rimasta nelle disponibilità del Comune, od anche di una società pubblica come l’Apm sulla quale il Comune può esercitare pienamente la sua influenza, anziché affidarla ad un’impresa privata come la Sipa che è ormai controllata da una grande multinazionale spagnola (la quota di proprietà comunale è ridotta al 20%). E le aziende private – conclude - non ci mettono niente a rivolgersi ad un Tribunale per chiedere il rispetto dei contratti stipulati con loro, con il rischio assai concreto per il Comune di doversi poi accollare anche le spese legali e le penali conseguenti.
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