PERUGIA - In occasione del seminario organizzato dalla Regione Umbria il giorno17/12/09 a Ospedalicchio di Bastia Umbra sul tema “Sviluppo Rurale in Umbria e nuove sfide”, l’ALPA – CGIL dell’Umbria ha richiamato l’attenzione su alcune questioni in particolare come alcune enunciazioni e volontà espresse anche dalle norme siano poi in contraddizione con quanto messo in atto. Il ruolo primario che da tempo l’agricoltura dovrebbe svolgere attraverso l’attuazione della PAC (Politica Agricola Comunitaria) è sempre stato inteso a soddisfare molteplici esigenze, gli aiuti infatti devono contribuire non solo a sostenere i redditi agricoli ma sempre più a mantenere pratiche agronomiche sicure sotto il profilo ambientale, dal momento che gli agricoltori dell’U.E. beneficiano di un sostegno al reddito per fornire tipi di beni di pubblica utilità che non possono essere garantiti esclusivamente dal mercato, come ad esempio la tutela dell’ambiente. Ci troviamo al contrario di fronte ad una finanziaria (2010) che scarica pesantemente i costi della crisi sull’agricoltura, (con buona pace degli impegni assunti da questo governo nei confronti dei produttori agricoli) in questa fase di difficoltà’ generale invece di sostenere un settore strategico per l’economia del paese e per l’occupazione, come il primario, si tagliano le risorse, proprio per le zone svantaggiate e di montagna riducendo la fiscalità degli oneri sociali. La chiusura delle attività agricole in queste aree rappresenta non solo un danno economico per il Paese, ma un ulteriore aggravio del problema dello spopolamento delle aree interne e della salvaguardia idrogeologica del territorio, oltre a costituire una grave perdita di biodiversità. Constatiamo poi l’esplicita volontà di emarginare una quota consistente di agricoltori con l’introduzione di “requisiti minimi” (Soglia dei 250 Euro e/o superficie di 1 ettaro) per il percepimento degli aiuti. A livello europeo il 46% dei beneficiari di pagamenti diretti PAC riceve importi inferiori ai 500 euro, Questa percentuale evidenzia come sia ampia, diffusa ed alta la presenza di piccoli agricoltori nel tessuto socio-economico della U.E. e come questa grande massa di produttori rappresenti una delle basi strutturali del modello agricolo europeo. In questi anni abbiamo tutti valutato l’importanza sociale, oltre che economica, dei piccoli produttori in termini di tutela delle tipicità, qualità, biodiversità, contenimento dei prezzi con la filiera corta e chilometri zero. L’aiuto economico, anche se di piccola entità, rappresenta per le microaziende una legittimazione sociale ed economica nel territorio di appartenenza. Il nostro giudizio critico al taglio degli aiuti non ha carattere nè corporativo nè assistenziale: esso sostiene un modello produttivo agricolo orientato alla pluralità delle pratiche agricole nel nostro Paese, alla difesa dei consumatori, dell’occupazione e delle economie locali. Gli effetti dei due parametri proposti, determinano per l’agricoltura italiana un’espulsione dalle 455 alle 600 mila aziende, con una ricaduta fortemente penalizzante per le regioni del Centro-Sud Italia e con un’ulteriore pesante riduzione delle attività agricole di presidio del territorio. In tale contesto il settore agricolo maggiormente colpito è quello dell’olivicoltura con un danno che andrebbe ad incidere negativamente su uno dei settori produttivi di eccellenza del nostro territorio (non dimentichiamo le normative vigenti anche in materia di tutela del patrimonio ambientale). L’ALPA propone all’Amministrazione regionale di mettere in atto una serie azioni e provvedimenti volti a sostenere con maggior forza anche le piccole aziende che attuano le buone pratiche agricole e nella loro attività sono contemporaneamente una garanzia per il presidio del territorio. Condividi