Il consiglio regionale ha approvato in tarda mattinata, a maggioranza, il disegno di legge della giunta sui servizi sociali. I voti favorevoli sono stati 16, quelli contrari 6. L'Udc si è astenuto.
Per il relatore di maggioranza, Enzo Ronca (Pd), il ddl (di 50 articoli), è una legge quadro che ''conferma criteri fondamentali, come quello del sistema di tipo universalistico e come quello della territorialità degli interventi, proponendo cinque aree di welfare ed operando con il criterio della sussidiarietà''.
Di segno nettamente opposto il giudizio del relatore di minoranza, Enrico Sebastiani, che, annunciando il voto contrario del Pdl sul disegno di legge, lo ha descritto come ''ispirato da un'impostazione troppo assistenzialistica e centralistica, che vuole solo mettere cerotti su ferite che riguardano persone e famiglie della nostra comunità”. Secondo Sebastiani, inoltre, il ddl ''non indica come reperire ulteriori risorse'' per il settore.
Su questo preciso punto, in un colloquio con i giornalisti mentre era in corso il dibattito in aula, l'assessore Damiano Stufara ha voluto sottolineare che ''dal Governo arrivano sempre meno risorse, dalla Regione sempre di più per il sociale: nel 2007 - ha spiegato Stufara ai cronisti - dallo Stato erano arrivati 15 milioni di euro, ed i fondi regionali erano stati pari a 6,4 milioni. Nel 2010, le risorse statali saranno di soli 6,5 milioni, quelle regionali di 10,6''.
Con il disegno di legge sui servizi sociali in discussione oggi in consiglio regionale ''si avvia – ha detto poi in aula lo stesso Stufara - la complessa opera di riforma del sistema sociale, in vista del nuovo piano di settore, ora in terza commissione. Il piano declinerà le politiche dei prossimi anni su questo versante''.
''In questi mesi - ha ricordato Stufara - c'è stato un ampio confronto su questa riforma, con amministrazioni comunali, terzo settore, sindacati, cooperazione sindacali e rappresentanze degli utenti. L'Umbria in passato ha anticipato processi nazionali, di riforma delle politiche sociali: con la legge 3 del 1997 ed il primo piano sociale regionale''. ''Ora - ha continuato l'assessore - c'è la necessità di valorizzare i punti di forza di questo percorso, che sono, tra l'altro, la collaborazione tra i comuni ed il rilevante ruolo del terzo settore. Le priorità degli interventi sono state individuate prima di tutto nel fatto che il sistema precedente, comunque positivo sul fronte della collaborazione tra comuni, non si poteva riproporre perché non corrispondeva alla programmazione associata e quindi più efficiente. Inoltre nella piccola Umbria c'è un alto tasso di disuguaglianza a livello dei diversi territori, insieme ad un non adeguato livello di integrazione tra politiche diverse''.
''La scelta dell'Umbria - ha sottolineato Stufara - è per un welfare comunitario ed universalistico, valorizzando la rete dei soggetti interessati e con al centro la persona e la famiglia. Uno dei punti di forza è anche la domiciliarità degli interventi. Per questo si è perseguita una migliore definizione degli assetti istituzionali per la gestione associata degli interventi, al di là della grande frammentazione che caratterizza l'Umbria. Certo, la funzione primaria è in capo ai comuni, ma il livello gestionale degli interventi è necessariamente associato, per migliorare l'efficacia degli interventi. Per questo la zona sociale s'incardina all'interno degli ambiti territoriali integrati. Su questo c'è anche il consenso dell'Anci regionale''.
Innovazioni il ddl - ha spiegato ancora Stufara - le contiene sui terreni della gestione dei servizi (con l'accreditamento anche di soggetti non pubblici), della valorizzazione degli aspetti qualitativi di chi si propone per offrire servizi, a partire dalle cooperative sociali di tipo B. ''Sotto il profilo finanziario - ha concluso Stufara - si è consolidato un trend preciso a livello nazionale, criticato da tutte le Regioni: il Governo ha demolito il fondo nazionale per il sociale, facendo ridurre del 70 per cento in tre anni le risorse statali per l'Umbria. E' una volontà politica esplicita, quella di attuare un modello in cui la mano pubblica non abbia un ruolo decisivo ma si diano solo delle mance a chi ha bisogno. L'Umbria ha scelto quindi di contare molto di più sulle proprie forze, destinando al fondo sociale 10 milioni e 600 mila euro''.
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