C'è da augurarsi che Massimo D'Alema abbia il buon senso di non accettare l'incarico di presidente del Copasir, il Comitato parlamentare di controllo sui servizi segreti, posto lasciato libero da Francesco Rutelli che si è dimesso qualche giorno fa dopo aver abbendonato il Pd. L'augurio che facciamo all'ex presidente del Consiglio ed ex ministro degli esteri ha una duplice valenza. In primo luogo crediamo nella " professionalità" e non nei tuttofare, anche se la loro qualità politica è degna del massimo rispetto. Il discorso valeva già per Rutelli indicato dal Pd nel quadro delle "spartizioni " di incarichi all'interno del partito, in un bilanciamento fra ex Ds ed ex Margherita. Cosa c'entrava l'ex sindaco di Roma con il controllo sui servizi segreti, compito delicato e complesso, in particolare in un paese come il nostro dove tali servizi sono stati molto chiacchierati, al centro anche di trame torbide, oscure. La presidenza di Rutelli non sarà ricordata perchè non poteva esserlo, vista la totale incompetenza in materia di Rutelli. Analogo discorso vale per DAlema. Non solo. Proprio per non dare adito ad alcun sospetto, visto l'elogio degli inciuci da lui fatto e poi smentito dando la colpa al solito giornalista, Massimo dovrebbe dire che non c'è stata alcuna trattativa con Gianni Letta, indicato come suo sponsor. Siamo certi che la candidatura dell'ex presidente del Consiglio non sia la prima tappa dell'inciucio, ma proprio per evitare anche il minimo sospetto, sarebbe utile che la presidenza del Copasir venisse assegnata a chi, oltre a meriti e caratura politica, conosce bene di cosa si tratta. Per esempio un ex magistrato oggi parlamentare del Pd. Il dialogo che ora piace a Tremonti Non c'è che da scegliere. D'Alema intanto, come abbiamo detto, smentisce di essere un fautore di " inciuci" e rilancia la parola " dialogo" in sintonia con il ministro Tremonti che in una intervista al Corriere della Sera chiede all'opposizione l'apertura di una fase costituente per fare le riforme insieme. "Con la bicamerale o in altro modo - dice il ministro - ma il dialogo va aperto". Messa da parte la parola inciucio anche se un suo collaboratore, Matteo Orfini, finito nella segreteria di Bersani insiste nella sciocchezza del chiamare in causa Togliatti, le parole di Tremonti sono state un dolce stimolo per colui che guidò la Bicamerale in alleanza con Berlusconi e che poi fu buggerato dallo stesso, malgrado l'accordo della crostata consumata in casa Letta. E come è noto D'Alema se l'è legata al dito ed attende la rivincita con una possibile nuova bicamerale. Risponde positivamente e sfida il suo partito " a mettersi in gioco.
 "Il Paese - afferma - ha bisogno di riforme. Ha bisogno di riforme sociali, penso al tema degli ammortizzatori sociali e della protezione per chi non ha lavoro. Ha bisogno di riforme delle istituzioni, riduzione del numero dei parlamentari, un parlamento più forte, più agile. Ha bisogno di riforme in tanti campi". "La maggioranza non è in grado di farle - conclude - e l'opposizione ha il dovere di mettersi in gioco". Poi un richiamo al segretario del Pd che ci sta sempre bene. " Come ha detto Bersani - conclude D'Alema-non siamo disponibili a fare leggine a favore di Berlusconi ma siamo pronti a lanciare la sfida del dialogo e delle riforme. Questa è la politica di cui ha bisogno il paese". Ma se questi sono i problemi non si vede la necessità di patti, tavoli, bicamerali, o che ci si incontri da qualche parte per decidere di riaprire il dialogo.C'è il Parlamento dove portare proposte, provvedimenti di legge, aprire il confronto, trovare le soluzioni anche attravrerso compromessi, se necessari, che non intacchino in alcuin modo la Costituzione. Già il Parlamento. Ma non lo si fa funzionare. Il governo prepare le "sue " leggi, le porta alle Camere, pone la fiducia. Siamo arrivati alla numero ventinove e la partita è chiusa. Non solo tutto l'impegno del parlamento ora è volto ad approvare le leggi che mettano il capo del governo al sicuro dei processi in corso o futuri, se ve ne fossero in cantiere. E' il premier che concede il diritto di parola a chi dissente Allora quale dialogo? La risposta, chiara netta, viene proprio da Berlusconi dopo aver consumato una cena con Tremonti, Bossi e Calderoli. Parla via telefono con un gruppo di suoi fans che manifestano a Verona e rilancia la tesi dei " mandanti morali", anche se non pronuncia queste parole, ma il senso è chiaro quando afferma che se "di un presidente del Consiglio si dice che è un corruttore di minorenni, un corruttore di testimoni, uno che uccide la libertà di stampa, che è un mafioso o addirittura uno stragista, un tiranno, è chiaro che in qualche mente labile, e purtroppo ce ne sono in giro parecchie, possa sorgere il convincimento che essere tirannicidi e diventarlo vuol dire essere degli eroi nazionali e fare il bene della propria patria e dei propri concittadini e quindi acquisire un merito e una gloria importante". Ha rilanciato il messaggio che ci perseguiterà chissà per quanto tempo: " L'amore vince sempre sull'invidia e sull'odio". Poi, bontà sua, si è fatto addirittura garante del diritto di parola "da parte di persone che la pensano in modo diverso da noi, ma che hanno il diritto di dire tutto ciò che pensano, che noi dobbiamo difenderli per far sì che lo possano dire". L'impudenza davvero non ha limiti. Il diritto di parola è garantito dalla Costituzione. L'opposizione, a partire dal Pd, una condizione dovrebbe porre alla maggioranza e a Berlusconi. Non basta dire che non saranno votate leggi ad personam. Il capo del goverrno ha messo nel conto che l'opposizione non le voterà. Esige la compattezza dei suoi e procede con voti di fiducia. Per ridurre all'obbedienza Fini usa i suoi giornali con Vittorio Feltri che ha risposto al Valium inviatogli dal presidente della Camera con il regalo di un buon prosecco, " meglio dell'olio di ricino", ha scritto sul bigliettino per ricordare che è stato Berlusconoi a sdoganarlo. L'opposizione, D'Alema in testa, sempre per non dar adito a sospetti, dovtrebbe dire che darà battaglia in Parlamento, usando tutti i mezzi che i regolamenti consentono nel paese, promuovendo, partecipando alle iniziative contro le leggi ad personam. La condizione per un confronto in Parlamento dovrebbe essere molto semplice e concreta: i valori fondanti della Costituzione non si toccano, così come non si cambia la formula della democrazia parlamentare che ne è il cardine. Il fatto che il presidente del Senato, salutando i giornalisti, abbia parlato di unarta Costituzione formale che va adeguiata a quella materiale con tutto il potere a Berlusconi e abbia auspicato l'avvento di una " democrazia maggioritaria" la dice lunga e non consente all'oposizione non solo inciuci, ma neppure distrazioni di sorta. Condividi