Il provvedimento relativo allo scudo fiscale contenuto nella legge finanziaria ha suscitato aspre reazioni. In primo luogo se ne è giustamente criticato il fondamento etico-politico. Si è detto: alcuni contribuenti, in particolare lavoratori dipendenti e pensionati, hanno pagato sino all'ultimo centesimo le imposte sui redditi da lavoro ottenuti in Italia, mentre quei contribuenti che hanno trasferito o incassato all'estero redditi d'impresa e da capitale se la caveranno con un misero 5% e godranno di una serie di pericolosi benefici aggiuntivi (anonimato, protezione giudiziaria anche penale, ecc.) che si estenderanno a tutti i possessori di patrimoni detenuti all'estero anche se non derivanti da pure operazioni di evasione fiscale. Sono infatti scudati anche i patrimoni malavitosi. Che fine fa, di fronte a tutto questo, ogni minimo principio di equità e di parità di trattamento fiscale?
In secondo luogo si dubita dell'efficacia del provvedimento in ordine al suo effettivo potere di incentivare il rientro dei capitali protetti dallo scudo.
Solo quelli depositati nei paradisi fiscali hanno l'obbligo del rientro in patria, gli altri no. E anche ritornati in Italia non è affatto detto che tali capitali rimangano in patria, e che qui rifinanzino piccole e medie imprese colpite dalla crisi. Il piccolo imprenditore che tiene all'estero i soldi sottratti al fisco (quindi, soldi non suoi) non necessariamente li metterà "in azienda" dopo averli anonimamente ripuliti e scudati. Come già accaduto in passato, egli potrà riportarseli all'estero senza alcun patema o usarli in patria per finanziare il consumo di beni durevoli, generalmente importati (ad esempio, un bel Suv regalatogli da tutti noi per le prossime festività!), o di immobili.
In terzo luogo si osserva che esiste - eufemisticamente parlando - una correlazione a segno positivo tra condoni, scudi, amnistie ed evasione fiscale: più condonate e più evaderanno in attesa di ulteriori condoni. Purtroppo occorre aggiungere che mano a mano che passa il tempo il gioco deve necessariamente farsi più duro. Per ottenere l'effetto desiderato i condoni devono farsi sempre più appetitosi per gli evasori giacché questi si sono abituati al rialzo continuo della posta. Se ai condoni si aggiungono misure di depotenziamento della lotta all'evasione, quali quelle relative agli studi di settore, si compone una sinergica sinfonia celebrativa dell'evasione fiscale quale costume personale e politico di vita.
Non dovrebbe essercene bisogno, ma dico esplicitamente di condividere le considerazioni fatte da varie parti sullo scudo fiscale e da me sinteticamente riferite nei paragrafi che precedono. Ne aggiungo altre. La prima: guardiamo un momento alla ripartizione del gettito atteso, peraltro una tantum. Agevolazioni agricoltura (proroga) 100; libri di testo scuola obbligo 103; partecipazione Stato a banche o fondi internazionali 130; scuole private 130; proroga 5 per mille 400; sostegno autotrasporto 400; riduzione tagli università 400; fondo riserva Mef 689; missioni internazionali 750; altri interventi finalizzati a misure di particolare valenza sociale e di riequilibrio socio-economico (stabilizzazione Lsu, aiuti agli enti locali danneggiati dal terremoto, funzionalità del sistema giustizia) 571. Totale 3.673 milioni di euro. Le spese ad impatto sociale redistributivo sono minime e quelle per il finanziamento dell'istruzione e della ricerca lo sono ancor meno. In buona parte, il condono finanzia le attività militari estere e le riserve Mef. Speriamo che qualcosa resti per i rinnovi contrattuali pubblici.
Appare in questo modo più chiaro che la motivazione contingente del condono/amnistia/scudo è quella di pura cassa. Il calo delle entrate derivanti da imposte dirette, indirette e contributive verificatosi nel primo semestre 2009 (dati Istat, Conto Economico Trimestrale delle Amministrazioni Pubbliche) è andato oltre le previsioni governative e tale andamento ha spinto il Governo a cercare entrate una tantum per finanziare spese tendenzialmente una tantum; il tutto per oltre un terzo dell'intera manovra finanziaria 2010 e in attesa di quanto potrà ancora essere introdotto a fine anno nel consueto Decreto Mille Proroghe.
Avendo l'acqua alla gola, lo Stato liberale in crisi fiscale paga pegno e chiede aiuto ai propri nemici, gli evasori, così come i vecchi monarchi assoluti facevano con i propri nemici di allora, i banchieri, accelerando in tal modo il proprio declino. Al modello liberal-borghese di Stato fondato sul principio No taxation without representation sembra tendenzialmente sostituirsi un modello di Stato fondato sul principio Representation without taxation , in cui un pezzo di ceto politico propone ai propri elettori di rappresentarli senza tassarli, se non in modi occasionali e concertati. L'idea di base è che quote sempre minori di prodotto sociale debbano essere gestite attraverso lo Stato e che se ciò non può farsi in modo esplicito tanto vale farlo in modo surrettizio, incentivando l'evasione fiscale che trasforma un flusso pubblico di risorse (gettito-spesa) in uno stock di ricchezza privata.
Una seconda considerazione riguarda la borghesia produttiva italiana di fronte allo sfascio della finanza pubblica e all'assenza di ogni politica industriale. Che fine ha fatto la sua cultura e la sua capacità di analizzare la crisi? Possibile che tutti vogliano il Suv per Natale con il bonus dello scudo? Che vengano richiesti incentivi alla produzione e ai finanziamenti creditizi è logico ed anche accettabile. Ma non ci si può limitare a questo o all'invocazione implicita di qualche commessa pubblica. Lo sviluppo richiede in questo momento il rafforzamento di strutture necessariamente pubbliche di supporto alla produzione e alla crescita (università, ricerca di base, trasporti, ecc.) e politiche fortemente redistributive per valori tali che non si può neppure pensare di approssimarli senza uno Stato forte anche fiscalmente e in grado di riaffermare il suo potere di esazione dei tributi e di erogazione della spesa.
E' veramente difficile da comprendere l'attuale sostanziale afasia culturale della borghesia produttiva italiana di fronte al modello di Stato, di fisco e di non-sviluppo che si sta consolidando in Italia e di cui lo scudo fiscale è degno epigono e, contemporaneamente, efficace anticipatore.
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