Il quotidiano ‘Il Manifesto’ di oggi ci dice che in Europa in soli tre mesi si sono perduti un milione di posti di lavoro e nell’ultimo anno sono saltati tutti quelli acquisiti negli ultimi dieci. La crisi ha creato un vero terremoto che ha cambiato il paradigma dello sviluppo economico e sociale. Sarebbe sbagliato ripercorrere le stesse politiche del passato. Siamo di fronte ad un vero terremoto. Questo presuppone aggredire le due questioni di fondo: la crisi sociale, con la diminuzione della occupazione e la crisi produttiva delle grandi aziende. Il Dap è strumento importante che condividiamo, ma occorre uno sforzo maggiore per affrontare le due questioni. Serve un nuovo piano del lavoro. I paesi che hanno investito di più sulla crisi - non l’Italia - hanno riscontrato che ai segnali positivi di ripresa economica non sono aumentati i posti di lavoro. Quindi non servono politiche di accompagnamento delle imprese, ma interventi pubblici e diretti sul fronte lavoro: un vero e proprio piano regionale che assicuri un redito sicuro a tutti. Lo dobbiamo pensare puntando ad una economia incentrata sulle fonti rinnovabili, piuttosto che su nuove centrali nucleari, calandolo nella dimensione più vasta dell’Italia mediana. Il reddito sociale che abbiamo proposto, non è un fatto rivoluzionario, lo hanno adottato molti paesi europei a partire dalla Francia. L’Italia invece è l’unico paese in Europa che non prevede alcun intervento strutturale per i disoccupati, per cui sono benvenute le scelte disposte dalla Giunta nei confronti delle categorie meno protette; ma dobbiamo convincerci che per uscire dagli effetti terremoto di una crisi che non ha uguali e che nella sua straordinarietà richiede di innalzare l’asticella dell’orizzonte politico puntando proprio ad un piano regionale del lavoro.
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