di Daniele Bovi
Più che una road map una via crucis. Seconda stazione, le primarie. Quello che doveva essere un semplice passaggio procedurale e burocratico si è trasformato in un lampo in una questione politica grossa come una casa alla quale il Pd umbro, riunito oggi al Capitini di Perugia per la seconda tappa della ormai famosissima road map, ha risposto in maniera burocratica e politica insieme.
Al primo punto dell’ordine del giorno infatti c’era l’approvazione del regolamento per le ipotetiche primarie da tenere, sempre ipoteticamente, il 24 gennaio. Il presidente dell’assemblea, il margherito Castellani, dà lettura veloce dell’articolato. Tutto fila liscio fino all’articolo 5, quello attinente alla convocazione delle primarie. Un articolo sul quale si innesca un’ora e mezzo di discussione a tratti densissima e a tratti surreale. Alla fine il regolamento viene approvato, ma senza sostanziali modifiche.
I fatti. Uno dei delegati propone all’assemblea di iniziare la raccolta delle firme per le candidature il 15 dicembre (e non il 20), cioè martedì, cioè quando ancora il Pd non avrà deciso se queste benedette primarie si terranno oppure no. In questo mare di periodi ipotetici e di condizionali prende la parola il capogruppo in Regione e bersaniano di ferro Gianluca Rossi. “Questa assemblea – scandisce – oggi deve assumere una decisione politica: bisogna indire o no queste primarie? Non possiamo prendere in giro i cittadini. Che facciamo, lunedì mattina stampiamo i moduli senza sapere se fare o no le primarie?”.
Compatti come un sol uomo rispondono a Rossi l’on. Verini e il consigliere Tomassoni. Così – dicono in sintesi i due – non va: accettare il ‘lodo’ Rossi significherebbe mettere la pietra tombale sulla road map e rimettere in discussione tutto. Ma proprio tutto. “Pure – sentenzia Verini – gli assetti del partito (leggi nomine e composizione di segreteria e direzione, ndr) decisi poco tempo fa”. “Non possiamo – dice Tomassoni – tornare ogni volta sulle decisioni prese”.
Più articolato il pensiero di Mauro Agostini, claudicante ma battagliero: “Apprezzo la schiettezza di Rossi, ma così facendo la road map non esisterebbe più, sarebbe carta straccia. Non è una semplice questione regolamentare ma è un patto politico. Capisco e rispetto i mal di pancia della maggioranza ma quando abbiamo votato l’ordine del giorno eravamo tutti lucidi. Si dica apertamente che non si vogliono le primarie”.
A questo ci pensa pochi minuti dopo Giampiero Bocci, quando sale sul pulpito per predicare pace, amore e un accordo politico: “Siamo bravi – dice – a complicarci la vita. Smettiamola di parlare come appartenenti a questa o quella mozione, non possiamo ogni volta ricominciare la discussione. Abbassiamo la tensione: io spero che le primarie si possano evitare”.
Il come lo spiega Fabrizio Bracco, il quale sostiene che il Pd di fronte a se ha solo un mese di tempo: un mese in cui le primarie possono essere “superate” solo con “spirito di unità e senso di responsabilità”. Il nodo, non sciolto, sta tutto qui: primarie sì, no, boh, forse. E se sì, di partito o di coalizione? Che fare con Maria Rita Lorenzetti? La confusione, a tre mesi e mezzo dalle elezioni, è ancora grande sotto il cielo democratico. E l’oggettiva ristrettezza dei tempi di questa road map non è altro che il risultato delle regole demenziali che hanno tenuto il partito impantanato in un logorante congresso lungo cinque mesi. Per sciogliere il nodo delle primarie ora non rimane che aspettare la prossima tappa della road map, prevista entro Natale, nella quale si vedrà se la Lorenzetti chiederà o no (il termine scade il 19) la deroga per un terzo mandato. In caso contrario ci saranno le primarie. Alle quali la presidente non potrà partecipare. Per lei la strada per un terzo mandato passa solamente da un voto positivo del 66% dell’assemblea.
Recent comments
12 years 14 weeks ago
12 years 14 weeks ago
12 years 14 weeks ago
12 years 14 weeks ago
12 years 14 weeks ago
12 years 14 weeks ago
12 years 14 weeks ago
12 years 14 weeks ago
12 years 14 weeks ago
12 years 14 weeks ago