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PERUGIA - Come da tempo annunciato, domattina, venerdì 11 dicembre, dalle 8,30-9.00 a Perugia, è in programma un presidio nonviolento di fronte all' aula del tribunale (via XIV settembre,vicino galleria Kenedy) dove si terrà l'udienza in cui il giudice Massimo Ricciareli dovrà decidere se archiviare o meno il processo per omicidio volontario contro ignoti relativo alla morte avvenuta il 14 ottobre 2007, nel carcere di Capanne di Aldo Bianzino. Saranno presenti i familiari di Aldo, i radicali con la partecipazione della vicepresidente del Senato Emma Bonino, il comitato "verità per Aldo", i grillini e la sorella di Stefano Cucchi, Ilaria. All'iniziativa ha anche aderito il movimento "Perugia Civica" che al riguardo ha diramato la seguente nota: "Aldo Bianzino era stata condotto nel carcere di Capanne, dove è deceduto due giorni dopo il suo arresto, perché coltivava nel suo giardino alcune piante di cannabis indica, un’accusa questa che la dice lunga sull’inadeguatezza della nostra legislazione in tema di droghe sia al contrasto dei fenomeni criminali legati allo spaccio che alla riduzione del danno per i consumatori. A due anni dalla morte di Aldo Bianzino, potrebbe finalmente esserci la speranza di conoscere la verità. Ciò nonostante, è stata chiesta l’archiviazione del procedimento: che sarebbe però una severa sconfitta per il sistema giudiziario, che deve garantire ai cittadini il rispetto delle norme, a cominciare da quelle che regolano le restrizioni personali. Aldo Bianzino, infatti, era in stato di arresto, nel corso di un procedimento giudiziario: le responsabilità del suo trattamento ricadono perciò sull'intero sistema inquisitorio, all'interno del quale vanno indagate le diverse responsabilità individuali. Non farlo significherebbe coprire d'ombra intere categorie di operatori della giustizia, cui invece i cittadini debbono potersi rivolgere con piena fiducia e consapevolezza delle professionalità esistenti. Tanto più significativo ci pare questo passaggio, nel momento in cui le contraddizioni di un sistema penale che punisce i piccoli reati, affollando le carceri e rendendo impossibile il dettato costituzionale del fine rieducativo della pena, rendono anche difficile e penoso il lavoro di quanti sono impegnati in compiti di polizia giudiziaria e penitenziaria; nel frattempo, tutto l'impegno delle forze politiche di maggioranza e di buona parte di quelle di opposizione sembra orientato a dare garanzie agli inquisiti più potenti. Non dimentichiamo che in questo clima di insicurezza sono maturati altri casi simili a quello di Bianzino, come Cucchi, Lonzi, Aldrovandi. Condividi