Siamo dinanzi ad una nuova fase di interventi sulle regole della democrazia che dimostra la volontà del Governo Berlusconi di cancellare i limiti al potere e gli equilibri istituzionali, la separazione dei poteri ed il
rispetto delle minoranze che caratterizzano le democrazie costituzionali. Silvio Berlusconi, dopo la dichiarazione di incostituzionalità del “lodo Alfano”, è preoccupato anzitutto per indagini sui rapporti stato-mafia
che potrebbero arrivare ad una richiesta di rinvio a giudizio: dinanzi a questa eventualità minaccia la richiesta di elezioni invocando nell’investitura popolare una legittimazione all’esercizio del potere fuori dalle regole previste dalla Costituzione.
Ancora una volta, in modo ingannevole e demagogico, il principio di sovranità popolare dell’art. 1 della Costituzione sarebbe interpretato come fonte di una sovranità assoluta, stravolgendo così l’intero impianto costituzionale.
Alla minaccia dei processi in corso Berlsuconi risponde intanto con il disegno di legge sul “processo breve”1
che contiene norme devastanti per l’amministrazione della giustizia penale. Se diverrà legge, farà estinguere
parte consistente dei procedimenti penali secondo un meccanismo iniquo e discriminatorio cucito addosso alla
sua posizione processuale.
Si introdurrebbe un termine perentorio di due anni in ciascun grado per la durata dei processi penali, cosa in
sé criticabile, ma indecente per essere norma retroattiva e isolata:
- isolata: dimostra che la priorità del Governo Berlusconi non è il funzionamento della giustizia, ma un
intervento che serve ad un solo imputato e che, anziché velocizzare i processi con modifiche del rito,
o informatizzarli, aumentare i magistrati e i cancellieri che ci lavorano, o le aule giudiziarie, semplicemente dice che se la giustizia è lenta, si rinunci a rendere giustizia!
E non c’è alcun coordinamento fra questa “estinzione” dei processi e l’istituto della prescrizione (per cui alcuni fortunati imputati godranno di entrambe le garanzie);
- retroattiva: dovrebbero durare non più di due anni per grado anche i processi già in corso (art. 3 del
ddl2), molti di questi saranno virtualmente già estinti appena sarà approvata e pubblicata la legge
perché durano da più di due anni; questo vuol dire che la norma non è un invito ai soggetti del processo (giudice, p.m., avvocati, parte civile, imputato) a svolgere gli atti e le incombenze nel più breve tempo possibile, ma semplicemente una sanzione a carico di chi ha interesse ad ottenere una sentenza, quindi un premio proprio a chi ha interesse contrario, a farlo durare tanto, o a non farlo mai giungere all’esito naturale della decisione (di assoluzione, condanna, o altro).
L’assurdità è tanto evidente da rendere inaccettabile una legge di questo tipo, senza bisogno di aggiungere
altro.
Ma vediamo brevemente altri aspetti:
1. il ddl è nella sostanza inemendabile, non ha senso cercare un dialogo sulla retroattività in quanto chi
lo ha proposto non avrebbe interesse ad un “processo breve” solo per i processi futuri, visto che i due
processi a carico di Berlusconi che si vogliono porre nel nulla sono appunto processi pendenti (e già
ben oltre i due anni di durata, ça va sans dire); gli emendamenti che saranno presentati per far fronte
alle critiche interne ed esterne al governo riguardano infatti altri aspetti (l’elenco dei reati esclusi, la
durata di due anni, l’applicazione ai recidivi, ecc.);
2. è incostituzionale perché crea una disparità di trattamento irrazionale e ingiusta (violazione dell’art. 3
Cost.) fra chi (parte offesa, imputato, parte civile) incorre in un processo breve (utile) e chi in uno
lungo (inutile) per cause estranee alla sua volontà;
3. è incostituzionale anche perché discrimina senza una ragione valida, svincolata dalla complessità (e quindi durata) dei processi, tra reati diversi, attribuendo agli uni la possibilità di durare più di due anni,
agli altri no; quindi il richiamo all’art. 111 Cost. (durata ragionevole del processo) è privo di valore e
non dà certo copertura costituzionale all’intervento;
4. non “beneficiano” del processo breve i recidivi, o chi sia stato già condannato a pena detentiva: gli
incensurati hanno diritto al processo breve, gli altri possono attendere; saranno estinti processi per
reati anche gravi quali: abuso d’ufficio, corruzione semplice e in atti giudiziari, rivelazione di segreti
d’ufficio, truffa semplice o aggravata, frodi comunitarie, frodi fiscali, falsi in bilancio, bancarotta
preferenziale, reati societari vari, intercettazioni illecite, reati informatici, ricettazione, vendita di
prodotti con marchi contraffatti; vendita di prodotti in violazione del diritto d’autore, sfruttamento della
prostituzione, violenza privata, falsificazione di documenti pubblici, calunnia e falsa testimonianza,
lesioni personali, omicidio colposo per colpa medica, maltrattamenti in famiglia, aborto clandestino
(elenco dell’A.N.M.);
5. in nessun paese d’Europa si trova una durata massima dei processi, tranne che in Gran Bretagna
dove, come negli USA, si preclude l’esercizio dei poteri dell’accusa oltre un termine conteggiato fra la
notizia di reato e l’esercizio dell’azione penale, ma non dall’azione penale alla sentenza come si vuol
fare in Italia.
L’amministrazione della giustizia è funzione essenziale della democrazia: essa presiede alla tutela dei diritti di
tutti, all’accertamento della verità processuale, all’interpretazione delle leggi e alla loro applicazione, nel rispetto anzitutto della Costituzione (e del diritto di difesa, della presunzione di non colpevolezza,
dell’uguaglianza di tutti di fronte alla legge, dell’imparzialità e indipendenza del magistrato).
Il continuo attacco alla magistratura e agli organi costituzionali di garanzia svela ormai da anni il profilo di un potere esecutivo che non sopporta limiti e intende ridurre il Parlamento, la Corte Costituzionale e la
Presidenza della Repubblica a ruolo di organismi espressione della stessa maggioranza elettorale che
sostiene il Governo; e vuol rendere il Pubblico Ministero espressione diretta del potere esecutivo, privo di
autonomia nell’esercizio dell’azione penale e nell’acquisizione di notizie di reato.
La giustizia civile soffre ritardi nelle riforme, eccessiva litigiosità, pluralità di riti e mancanza di efficaci meccanismi alternativi di soluzione delle controversie.
La giustizia penale è inefficiente soprattutto perché
ingolfata da fattispecie di reato introdotte per motivi demagogici; corrotta da continue modifiche introdotte da
leggi ad personam o comunque inique (riduzione dei termini di prescrizione, falso in bilancio reso di difficile perseguimento, sostanziale condono dei reati fiscali). E condivide, con la giustizia civile, le carenze di investimenti in strutture e personale, di magistratura e ausiliario.
Una seria riforma del processo penale dovrebbe affrontare però due questioni solo apparentemente esterne ad esso:
- prima del processo l’individuazione di cosa è penalmente perseguibile e può richiedere un processo
penale; e sono decenni che si aspetta una riforma del codice penale che cancelli le fattispecie di reato
cui non corrispondono beni degni di tutela penale. Invece gli interventi legislativi che hanno maggiormente impegnato i tribunali ed affollato le carceri vanno in direzione opposta e si debbono alle guide politiche del centrodestra: le leggi sull’immigrazione e sul consumo di droga;
- dopo il processo, in caso di condanna a pena detentiva, c’è la fase dell’esecuzione della pena e l’attuale condizione delle carceri, con 66.000 detenuti
in 42.000 posti regolamentari, richiede un intervento che, nel rispetto dei trattati internazionali e della Costituzione, garantisca condizioni di vita umane e funzionali alla rieducazione del detenuto ed al suo reinserimento nella società.
Firenze, 20 novembre 2009
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